di Maria Domanico  

 

In materia ambientale il principio chi «inquina paga» presuppone che sia stato cagionato un danno da riparare i cui costi devono gravare sul responsabile.

Lo hanno sostenuto i giudici della prima sezione del Tar per la Liguria, con sentenza n. 1346 dello scorso 5 settembre.

La domanda d’accertamento sottoposta al tribunale amministrativo muoveva dalla supposta responsabilità del Comune al fine di affermare l’obbligo di messa in sicurezza: misura che, per come è congegnata nell’ordinamento di settore, incombe direttamente ed in primo luogo sullo stesso soggetto ricorrente, quale attuale proprietario e detentore del sito.

Secondo i giudici amministrativi liguri, «il principio “chi inquina paga” persegue una finalità repressivo riparatoria (o più specificamente ripristinatoria) secondo la logica della internalizzazione delle esternalità negative. Ed è – va sottolineato – norma di chiusura: entra in gioco laddove le misure atte a prevenire i danni, che devono trovare prioritaria applicazione, non siano state efficaci, sì da non avere impedito alla fonte i fatti dannosi all’ambiente».

Hanno altresì affermato, i giudici genovesi, che, viceversa, la messa in sicurezza di un sito «è misura di correzione di (diffusione o propagazione dei) danni».

Rientra, infatti, nel genus delle precauzioni, insieme al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva. Pertanto, in ossequio con quanto affermato dal Tar stesso nella sentenza in commento, la responsabilità grava sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente, e, non avendo finalità sanzionatoria e/o risarcitoria, non presuppone affatto l’individuazione del(l’eventuale) responsabile.

Aggiungasi che l’azione proposta non è nemmeno suscettibile ex art. 32, comma 2, c.p.a., di diversa qualificazione e conversione in quelle d’accertamento e condanna al risarcimento di danni in forma specifica ex artt. 30, comma 2, c.p.a. e 2058 c.c. Si osserva, infine, che secondo un autorevole indirizzo dottrinario il criterio dell’interesse o vantaggio è irrilevante nei reati ambientali previsti dal Tua e ricompresi nell’art. 25-undecies, dlgs 231/01 che sono contravvenzioni per lo più di condotta e di pericolo astratto punite indifferentemente a titolo di dolo o di colpa.