di Gaetano Stella presidente Cadiprof  

 

Annunci, polemiche e mezze retromarce. È un collaudato canovaccio, quello che sta accompagnando i primi passi della manovra 2015, con la quale il governo, nell’ambito della spending review, ha chiesto ai ministeri tagli per 20 miliardi nei prossimi tre anni. E, come in un riflesso condizionato, l’attenzione si è rivolta immediatamente sulla sanità, con il consueto corollario di reazioni, anche veementi, da parte delle regioni che a luglio hanno siglato il patto per la salute con il ministro Lorenzin. Il quadro politico è ancora troppo fluido per capire dove andranno a incidere i tagli, tuttavia, le ipotesi che circolano in questi giorni puntano dritto alla dote del Fondo sanitario nazionale, ma dopo le barricate alzate dalle regioni si stanno sondando strade alternative per razionalizzare la spesa sanitaria. Aumento del ticket, applicazione dei costi standard e acquisti centralizzati sono le tre leve in mano a governo e regioni per incamerare dalla sanità pubblica una somma vicina ai 3 miliardi e, magari, ridurre gli sprechi e rendere la spesa sanitaria più efficiente. Ma siamo sempre nel campo delle ipotesi.

Qualunque sia la decisione del governo, resta fermo un punto: i tagli alla sanità avranno inevitabili ripercussioni anche sul sistema dei fondi sanitari integrativi. È evidente che una riduzione dei trasferimenti alle regioni che gestiscono la salute sul territorio potrebbe determinare un aumento dei ticket delle prestazioni sanitarie a carico dei cittadini; ancor più difficile invece valutare l’impatto sulla spesa e sui bilanci dei fondi integrativi, soprattutto quelli di matrice contrattuale.

La quasi totalità delle casse di assistenza sanitaria integrativa interviene a favore dei propri associati rimborsando in maniera variabile il ticket sanitario. Nell’ambito degli studi professionali, nel 2013 Cadiprof ha rimborsato oltre 3,7 milioni di euro per far fronte alle oltre 108 mila prestazioni effettuate attraverso il Servizio sanitario nazionale.

Alla luce dei dati elaborati dai servizi amministrativi di Cadiprof emerge che il rimborso medio del ticket per prestazioni è pari a 34,50 euro. È chiaro che un eventuale aumento del ticket potrebbe avere un impatto consistente sul bilancio della cassa e sull’equilibrio delle prestazioni sanitarie erogate ai dipendenti degli studi professionali.

Di fronte a questa prospettiva tutti i fondi sanitari integrativi dovranno rivedere attentamente i loro modelli gestionali e il peso delle prestazioni erogate sui loro bilanci e, allo stato attuale, non si può escludere l’ipotesi di trovare soluzioni alternative ai ticket.

A rafforzare questa tesi, interviene poi un’ulteriore misura allo studio di alcune regioni: l’introduzione di una franchigia che graverebbe direttamente sulle tasche dei cittadini.

In questo caso, i costi delle prestazioni sanitarie presso le strutture pubbliche sarebbero equiparabili a quelli delle strutture private.

L’introduzione di una eventuale franchigia avrebbe immediate conseguenze anche sui fondi sanitari integrativi, che potrebbero rimodulare i loro criteri di rimborso e allinearli a quelli previsti per le prestazioni erogate da strutture private.

Fin qui, siamo sempre nel campo delle ipotesi. Quel che è certo è che la sanità pubblica deve ricercare un nuovo modello di integrazione tra pubblico e privato, e in questo percorso i fondi di assistenza sanitaria integrativa devono interpretare un ruolo da protagonisti a sostegno della sanità pubblica, senza perdere la loro autonomia gestionale.