di Andrea Di Biase
Il Fondo Monetario Internazionale promuove l’impegno del governo Renzi ad agire in tempi stretti per riformare il mercato del lavoro, ma nella sezione del Word Economic Outlook dedicata all’Italia, l’Fmi, oltre a rivedere al ribasso le stime sul pil del 2014 (-0,1% contro la previsione di una crescita dello 0,3% fornita in aprile), esprime il proprio scetticismo sulla revisione della spesa pubblica.
Secondo il Fondo monetario, la spendig review rimane uno «strumento importante», ma le analisi suggeriscono che «ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni». Nel suo rapporto l’Fmi sottolinea come «la spesa pubblica italiana per le pensioni è la più alta dell’Eurozona, rappresentando il 30% del totale della spesa complessiva». Gli economisti dell’istituto presieduto da Christine Lagarde ritengono che in Italia ci siano spazi per migliorare anche la spesa sanitaria, che «mostra inefficienze nei costi, soprattutto al Sud». Se l’Fmi, così come fatto recentemente da Ocse e Confindustria, ha rivisto le proprie previsioni sull’economia italiana per il 2014, la stima per il 2015 è stata invece confermata. Secondo il Fondo il prossimo anno il pil italiano dovrebbe crescere dell’1,1%, mentre per il 2016 l’Fmi si aspetta un’espansione dell’1,3%. Ma, come sottolineato dal capo della missione annuale del Fondo Monetario Internazionale in Italia Kenneth Kang, le stime di crescita potrebbero essere nuovamente riviste al ribasso nel World Economic Outlook di ottobre. I rischi per la ripresa dell’economia italiana comprendono tensioni geopolitiche e la possibilità di stagnazione e bassa inflazione. Per quanto riguarda gli altri indicatori macroeconomici e di finanza pubblica, secondo l’Fmi, il debito pubblico quest’anno toccherà un picco pari al 136% del pil, mentre dovrebbe cominciare a scendere negli anni successivi. Il deficit di bilancio, invece, si attesterà intorno al 3% del prodotto interno lordo evidenziando che il passaggio della delega fiscale servirà a stabilire un quadro di semplificazione e miglioramento del sistema di tassazione e sarà un importante strumento per ottenere un riequilibrio che vada d’accordo con la crescita. Il tasso di disoccupazione si attesterà al 12,6% nel 2014, per poi scendere gradualmente al 12% nel 2015 e all’11,3% nel 2016. «La disoccupazione rimane alta e l’inflazione è ulteriormente diminuita», attestandosi ben al di sotto l’1%, è l’ulteriore monito lanciato dagli esperti secondo cui le ristrette condizioni di credito, i deboli bilanci aziendali e le profonde rigidità strutturali continuano a pesare sulla domanda interna. Da qui l’urgenza delle riforme del mercato del lavoro. «Nel complesso», ha spiegato ancora Kang, «appoggiamo la direzione generale della riforma del lavoro in Italia. Il problema però rimane il gap tra lavoro precario e indeterminato; per questo sosteniamo l’idea di un contratto unico per ridurre questa differenza», ha concluso Kang, aggiungendo che «serve muoversi in fretta su queste riforme per aumentare la fiducia alle imprese affinché investano e ridurre l’incertezza». (riproduzione riservata)