P olicy aziendali ad hoc, strutture di security e polizze assicurative con coperture aggiuntive relative ai “rischi di guerra”. Così le imprese italiane con sedi all’estero puntano a tutelare e a proteggere i propri expatriate manager, ossia quei professionisti che vengono trasferiti oltre confine per un certo periodo di tempo, in una fase in cui il numero delle guerre nel mondo, dall’Ucraina al Medio Oriente, sta crescendo in maniera esponenziale. Un trend che ha conosciuto un certo sviluppo negli ultimi anni sulla scia della globalizzazione e della crisi che stanno spingendo sempre più aziende a cercare ulteriori sbocchi di business tramite l’apertura ai mercati esteri, in molti casi con la creazione di sedi in loco. «La fase di tensione e di conflittualità che stiamo vivendo a livello globale ha reso più rischioso il lavoro dei manager che lavorano in alcune aree calde», sottolinea l’avvocato Guido Callegari, socio di De Berti Jacchia Franchini Forlani. Le aziende hanno così cercato di correre ai ripari ricorrendo a «policy aziendali che prevedono specifici trattamenti per l’estero e tramite polizze assicurative che vanno a coprire il rischio infortunio, anche derivante da attività extraprofessionali, in cui il manager potrebbe incorrere ». È il caso di Eni, presente in alcune aree critiche come la Libia, l’Iraq e l’Ucraina, che ha messo a punto uno specifico programma per la sicurezza del personale espatriato. In particolare, l’azienda ha implementato un sistema integrato di security risk management e, nelle aree a elevata conflittualità, impiega società specializzate di sicurezza. Mentre Unicredit, presente con filiali estere in paesi, tra gli altri, come la Russia, la Turchia e l’Ucraina, per proteggere i suoi manager nelle aree a rischio dispone di una policy in cui sono indicati gli accorgimenti e le attività da adottare prima, durante e a conclusione del viaggio. All’interno della banca esiste, inoltre, un team responsabile dell’analisi dei rischi sul fronte della sicurezza che potrebbero incidere sul personale espatriato. In caso di crisi in un paese estero è inoltre prevista una procedura per l’evacuazione dei dipendenti expatriate e in ogni nazione in cui è presente la banca è attiva una struttura di security. A completare il quadro è infine una polizza assicurativa con una copertura aggiuntiva relativa ai “rischi di guerra”. (s.d.p.) Qui sopra, Guido Callegari