di Roberta Castellarin e Paola Valentini

L’Italia non è più un paradiso da rentier. Tra tassi a zero e tasse in aumento vivere di rendita diventa difficile anche per chi ha un patrimonio milionario. Dall’inizio della crisi i governi che si sono succeduti hanno deciso di attingere alla ricchezza delle famiglie per tenere in piedi i conti pubblici. È stata introdotta una patrimoniale ombra annuale che ha toccato lo stock di ricchezza investita in immobili o in titoli finanziari (titoli di Stato compresi). 
Per chi investe in titoli l’imposta di bollo è arrivata quest’anno allo 0,2%, mentre tra Imu, Tasi e Tari il conto è parecchio salato per chi punta sul mattone. Non solo. Dal 30 giugno la tassazione sulle rendite finanziarie è passata dal 20 al 26% (esclusi i titoli di Stato, rimasti al 12,5%). Più del doppio di quel 12,5% previsto prima della crisi.

 

Ma non è solo la tassazione a complicare la vita al rentier. Le politiche monetarie espansive delle banche centrali hanno azzerato i rendimenti dei titoli privi di rischio. Tassi a zero e bassa crescita rendono impervia la strada di chi vuole guadagnare prendendo pochi rischi. Come ricorda Alida Carcano, responsabile degli investimenti della banca private Valeur Investments: «I tassi di rendimento dei titoli di Stato tedeschi, il risk-free per eccellenza, sono addirittura negativi per investimenti al di sotto di 3 anni, mentre il Bund a 10 anni paga solo l’1%. 
Anche i titoli di debito del governo italiano presentano rendimenti contenuti, con i Btp decennali al di sotto del 2.5%». E il famigerato spread tra titoli decennali tedeschi e gli omologhi italiani, «che tre anni fa era arrivato ai massimi di 550 punti, oggi si aggira invece intorno ai 140 punti base», sottolinea Barbara Giani, analista di Jci Capital. Una discesa che nelle ultime settimane è stata favorita anche dalle mosse della Bce. «Il recente interventismo dell’Eurotower è legato a doppio filo sia al paludoso scenario economico europeo sia alle aspettative di inflazione di medio termine che non solo si muovono da tempo all’interno di un trend in calo, ma sono scese addirittura al di sotto della soglia chiave del 2%. Tale movimento ha ingenerato nella Bce la convinzione che il mercato si stia preparando a una fase di inflazione bassissima o addirittura negativa per un lungo arco di tempo, forse per anni così come è successo all’economia giapponese», prosegue Giani. In un contesto come quello che va dunque delineandosi in Europa «è molto probabile che i differenziali di rendimento tra i Paesi vadano ulteriormente riducendosi, in particolare sulle scadenze fino a tre anni, dove i titoli tedeschi hanno addirittura rendimenti negativi, mentre quelli italiani e spagnoli rendono ancora lo 0,5%-0,6%, e quelli portoghesi l’1%. 
In tale ottica, anche se con un grado di rischio decisamente maggiore, si possono prendere in considerazione anche i triennali greci, che hanno ancora rendimenti intorno al 3,7%», spiega Giani.

In funzione dunque di uno scenario che «sposa un avvicinamento a rendimenti quasi nulli per tutti i titoli europei in scadenza nei prossimi due-tre anni potrebbe essere interessante acquistare questa tipologia di titoli prima che tale movimento si verifichi, per poi trarne beneficio nei prossimi mesi», aggiunge Giani.

Ma allora come si possono costruire portafogli in una fase di tassi e crescita zero? Milano Finanza ha chiesto a due esperti specializzati proprio nelle gestioni private due asset allocation (per un capitale di 1 milione di euro) con rendimenti attesi rispettivamente del 3 e del 5% netti all’anno. Il family office Cfo sim propone una selezione di titoli di Stato, Etf e fondi. «Nell’attuale situazione di mercato, caratterizzata da rendimenti obbligazionari mediamente bassi, preferiamo affidarci alla scelta di prodotti di qualità focalizzati su alcuni temi e strategie che privilegiamo. Con la stessa logica», dice Roberto Bragiotto, strategist di Cfo sim, «abbiamo deciso l’allocazione della parte azionaria, privilegiando prodotti, aree geografiche e temi, in particolare la focalizzazione sulla ricerca di dividend yield, che riteniamo possano avere valore residuo in una situazione di mercato oggettivamente delicata».

 

I portafogli di Valeur Investment sono stati costruiti con un’ottica d’investimento di medio-lungo termine, ipotizzando che la strategia perseguita dall’investitore sia quella di buy and hold e basandosi sulla diversificazione per settori e asset class. Sottolinea Carcano: «Il portafoglio dal lato obbligazionario viene strutturato seguendo una logica ben precisa. Ci sono Btp di medio lungo periodo per generare flussi di cassa stabili nel tempo, Btp inflation linked per proteggere il capitale reale e corporate bond. In un’ottica di diversificazione di portafoglio la loro presenza incrementa la qualità dell’esposizione obbligazionaria inserendo bond di società globali denominati in euro e liquidi. Si lavora anche sulle scadenze. I bond più lunghi consentono di incamerare i rendimenti più elevati, mentre le scadenze più corte consentono di reinvestire il capitale a tassi più elevati, in un contesto di tassi d’interesse in rialzo». Ai titoli si aggiungono poi alcuni fondi che permettono di aumentare ulteriormente la diversificazione.

Aggiunge Carcano: «Per quanto concerne la parte azionaria del portafoglio, la proposta è quella di investire in società blue chip, con elevati rendimenti dei dividendi. Le società europee e americane attualmente presentano elevate quantità di cash in bilancio che presumibilmente ridistribuiranno ai loro investitori sotto forma di dividendi». Carcano ricorda che la raccomandazione è di investire in società a elevata capitalizzazione, con bilanci trasparenti e accessibili, scegliendo tra queste, quelle che presentano prospettive di crescita future sostenibili tali da garantire il mantenimento di redditività nel tempo. «La scelta delle società segue una logica di diversificazione tenendo conto della ciclicità o scarsa correlazione con i mercati dei diversi settori. Le società proposte presentano tutte rendimento del dividendo atteso per il 2014 maggiori del 3.5%, una crescita dei dividendi stimata dal 2013 al 2015 di almeno il 10% e capitalizzazioni di mercato di almeno 1 miliardo di euro», dice Carcano. Naturalmente il portafoglio con target return lordo 6.25% segue una strategia d’investimento più aggressiva. «Dati i tassi attesi di rendimento del comparto obbligazionario, per ottenere il rendimento target del 6.25% è stata aumentata la quota azionaria del portafoglio e inserita un’esposizione alle monete emergenti implementata attraverso due fondi d’investimento. Riteniamo infatti che le monete emergenti, sebbene aumentino la rischiosità complessiva del portafoglio, nel lungo periodo offrano rendimenti interessanti», conclude Carcano. (riproduzione riservata)