Le banche italiane con l’Abi, le assicurazioni con l’Ania, le Fondazioni con l’Acri oltre alle associazioni di rappresentanza dei fondi pensione. Questi, secondo quanto risulta a Radiocor, sono gli attori che la Banca d’Italia ha riunito nel tavolo tecnico per studiare le migliori possibilità di negoziazione delle quote del capitale di via Nazionale. La legge che ha portato alla rivalutazione del capitale di via Nazionale a 7,5miliardi mira a ricollocare le quote in una platea più ampia di partecipanti. Via Nazionale ha quindi convocato le associazioni delle categorie che potranno detenere le quote. Come anticipato alla vigilia il dossier è già all’attenzione delle Fondazioni bancarie interessate sia al rendimento del potenziale investimento sia alla sua liquidabilità. I partecipanti al tavolo in via Nazionale, riunitosi a fine luglio, hanno sostenuto la necessità di assicurare un mercato delle quote ‘liquido e trasparente’.
L’apertura dei cantieri da parte della Banca d’Italia per l’avvio dell’operazione di ricollocazione delle quote, come anticipato da Radiocor alla vigilia, si è resa necessaria anche alla luce del termine dei tre anni imposto dalla legge, varata a inizio 2014, per la discesa sotto il tetto del 3 per cento nel capitale di via Nazionale. A presiedere il tavolo tecnico il direttore generale, Salvatore Rossi. L’operazione di dismissione si presenterà non certo agevole per Intesa Sanpaolo, con oltre il 42% delle quote, ma anche per UniCredit con il 22 per cento. Generali, Inps e Carige sono gli altri soggetti sopra il 3% cui la legge impone di cedere le quote. Secondo alcuni calcoli anche la Cassa di Asti, dopo l’acquisto di Biverbanca, che ha portato in dote un pacchetto rotondo di quote di via Nazionale (il 2,1%), dovrebbe limare la quota: e’ al limite del 3 per cento. La Banca d’Italia dopo il varo della riforma con il nuovo statuto ha cambiato il meccanismo di calcolo dei dividendi ai partecipanti. Le cedole sono ora limitate a un massimo del 6% del capitale in senso stretto (7,5 miliardi) per un importo che non potrà quindi mai eccedere i 450 milioni annui.