di Anna Messia

Le compagnie assicurative europee lanciano l’allarme sugli effetti negativi che Solvency II potrebbe avere sugli investimenti a lungo termine delle stesse imprese, mettendo a rischio la ripresa economica, compreso il sostegno a progetti infrastrutturali. A preoccupare sono le modalità d’attuazione delle norme sui nuovi requisiti di capitale per le assicurazioni che la Commissione Europea sta mettendo a punto in queste settimane. «L’industria assicurativa ha accolto con favore il cambiamento verso un regime regolatorio più attento alla misurazione del rischio e riconosce che la versione finale di Solvency II (che entrerà in vigore a gennaio 2016, ndr) ha evitato effetti negativi pesanti sugli investimenti a lungo termine», ha dichiarato Michaela Koller, direttore generale di Insurance Europe, associazione che raccoglie le Ania di tutta Europa ed è presieduta da Sergio Balbinot, chief insurance officer di Generali. 
Ci sono però «aspetti della direttiva e modalità di implementazione che richiederebbero agli assicuratori di accantonare capitali eccessivamente elevati per gli investimenti a lungo termine e questo scoraggerebbe le compagnie dall’effettuare investimenti che sono vitali per il sistema economico», ha aggiunto Koller, ricordando che gli assicuratori europei investono oggi 8.500 miliardi, molti dei quali in strumenti a medio lungo termine. Tale questione che coinvolge in prima linea l’Italia (come anticipato da MF-Milano Finanza) in quanto tra le novità interpretative di Solvency II c’è il fatto che anche i titoli di Stato vengono considerati strumenti potenzialmente rischiosi, come del resto ha dimostrato la storia degli ultimi anni, ma senza il supporto di serie storiche sufficienti. 
La questione dibattuta tra i Paesi Ue, non senza divergenze. Non solo perché, per esempio, i Btp potrebbero essere considerati più rischiosi rispetto ai Bund della Germania, penalizzando dunque le assicurazioni italiane rispetto a quelle tedesche. Ma anche perché le compagnie tricolore sono complessivamente più esposte nei confronti dei titoli di Stato nazionali rispetto alle concorrenti europee, per un importo di circa 250 miliardi. «È un tema che ovviamente seguiamo con molta attenzione», dice Dario Focarelli, direttore generale dell’Ania. «La sfida è riuscire a contemperare il bisogno di dare certezze ai clienti che acquistano polizze con la necessità di far sì che le assicurazioni possano continuare a sostenere il sistema economico, specie con la ripresa che stenta a decollare». In discussione in queste settimane ci sono, in particolare, le calibrazioni (ovvero i coefficienti di capitale richiesto) per i progetti infrastrutturali e le cartolarizzazioni, che dopo la crisi di Lehman Brothers erano considerate un tabù. E poi si attende di conoscere la formule da applicare per contenere gli effetti della volatilità negli investimenti a lungo termine, come appunto i titoli di Stato. Entro settembre la Commissione dovrebbe diffondere le misure di secondo livello di Solvency ma la formula su cui si è acceso lo scontro dovrebbe arrivare solo a novembre. (riproduzione riservata)