Adriano Bonafede

Roma T re mesi e mezzo all’alba. Salvo imprevisti, s’intende. Che nella travagliata storia dell’acquisizione di Fonsai da parte di Unipol non sono mancati. Ora, però, gli analisti sono ottimisti: qualche intoppo potrebbe ancora esserci ma l’entità della posta in gioco – derivante soprattutto dalle inchieste giudiziarie – è tale che anche in caso negativo l’eventuale esborso da parte del gruppo di Via Stalingrado sarebbe assolutamente gestibile. E così fioccano i “buy”. Non se n’erano mai visti così tanti: quasi tre quarti delle banche d’investimento che seguono Unipol-Fonsai, secondo il consensus riportato da Bloomberg, optano per un giudizio ottimistico, da buy a outperform, sia per Unipol che per Fonsai. “The cheapest name in the sector”, ovvero il titolo più a buon mercato, scrive l’analista Gian Luca Ferrari di Mediobanca Securities, presentando un invitante “outperform”. Un giudizio sui cui sembra d’accordo anche Giuseppe Mapelli di Equita, che nell’ultimo report scrive che “La storia del titolo del nuovo gruppo è molto appealing”, in sostanza perché ci si aspetta che nel 2013 si continuerà guadagnare sul danni mentre nel 2014 il bello verrà dalle promesse sinergie fra le società fuse, che secondo i piani di Unipol dovrebbero ammontare a 350 milioni l’anno, a regime dal 2015. Per mettere una pietra sopra una delle più tormentate vicende di merger & acquisition in Italia mancano pochi passi: le assemblee in ottobre delle quattro società coinvolte, Fonsai, Unipol, Premafin, Milano che decideranno sulla fusione. Passati 60 giorni per eventuali opposizioni dei creditori, si potrà procedere all’operazione che sarà attuata entro la fine dell’anno. Da inizio 2014 avremo così la nuova o “grande” Unipol, com’è stata ribattezzata. Le attività assicurative della vecchia Unipol e della Milano (salvo quelle da cedere, secondo le prescrizioni dell’antitrust) saranno incorporate in Fonsai, che rimarrà così l’unica compagnia assicurativa quotata in Borsa. Unipol sarà trasformata di fatto in una holding di controllo, a cui faranno capo anche le attività di Banca Unipol e di Linear, la compagnia telefonica e online nell’Rc auto. Si dovrebbe così concludere una delle più contrastate e complicate deal degli ultimi anni. Prima la lotta per l’acquisizione (o per meglio dire il salvataggio) di Fondiaria Sai combattuta tra la cordata riunita intorno alla Palladio di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago e Unipol, vinta da quest’ultima. Poi le inchieste giudiziarie sui Ligresti, che hanno come strascico ancora pendente il sequestro di 230 milioni per le operazioni con parti correlate relative alla vendita di Atahotels: ed è questo lo scoglio che potrebbe comportare per Unipol un maggior esborso. «Ma – ricorda un analista – stiamo parlando di una cifra assolutamente gestibile per Unipol, che comporterebbe per il gruppo un calo di soli 5 punti di Solvency su 150-160 punti». Nello scorso agosto è stata disinnescata un’altra mina, la prossima assemblea della Milano Risparmio. Le azioni risparmio di questa controllata, secondo il progetto, dovrebbero essere convertite in azioni Fonsai B, che però hanno dei diritti subordinati rispetto alle Fonsai A, per cui è possibile esercitare il diritto di recesso. L’ad di Unipol Carlo Cimbri sembra aver risolto il problema di un possibile diniego alla fusione da parte dell’assemblea di questa categoria di azioni mettendo in atto un “reverse accelerated book building”, sostanzialmente un’Opa. Questa ha permesso al gruppo di Via Stalingrado di controllare adesso il 26,5 per cento del capitale di risparmio. I rischi non sono del tutto esclusi, visto che l’esito dell’assemblea dipenderà anche dal livello di partecipazione dei soci, ma il mercato sembra guardare all’evento con ottimismo. A pesare sulla fusione c’è anche l’impegno di cedere asset per 1,7 miliardi (di cui 1,5 nel danni) preso con l’Antitrust (e che si giustifica con l’eccesso di concentrazione nel danni). Il tutto deve avvenire entro la fine dell’anno, ma i tempi sembrano stretti. Tanto più che dopo un periodo di effervescenza, in estate, quando sembrava che ci fossero vari gruppi interessati, tra cui i colossi Axa e Allianz, ora tutto tace. In lizza sembrano rimasti, a meno di sorprese all’ultimo minuto, due gruppi americani con offerte però non vincolanti, Liberty Mutual e Berkshire Hathaway. Ma occorre far presto. «I prezzi – racconta un analista – oscillano da 0,3 a 0,45 volte i premi, e quest’ultimo prezzo sarebbe da considerare buono». Ora che tutti i tasselli stanno per andare al loro posto, gli analisti guardano alla lunga e tormentata vicenda in maniera disincantata. «E’ stata in definitiva la storia di un salvataggio», dice uno di loro. Certo, il mercato non ha ben visto gli aumenti di capitale e gli investitori sono scappati: il titolo Unipol è sceso da 10 a 1,5 euro prima di tornare, adesso, intorno a 3 euro. Ancora più penalizzato chi aveva titoli Fondiaria, che hanno perso fino al 93 per cento. Ma ora gli investitori stanno tornando. Per loro, chi ha dato ha dato chi ha avuto ha avuto. Adesso comincia un’altra storia. 1 2 Qui sopra, Pierluigi Stefanini (1) , presidente di Unipol e Salvatore Ligresti (2) Qui sotto, Carlo Cimbri, amministratore delegato di Unipol