di Giuseppe Di Vittorio   

La Tobin tax si applica alle obbligazioni che non garantiscono a scadenza il rimborso del capitale (obbligazioni strutturate). E anche nel caso di trasferimento di nuda proprietà delle azioni, degli strumenti finanziari partecipativi, titoli rappresentativi o valori mobiliari. Sono, invece, escluse dall’imposta le assegnazioni di azioni e strumenti finanziari partecipativi e titoli rappresentativi a fronte di distribuzione di utili, riserve o restituzione di capitale, indipendentemente dal fatto che le azioni siano di nuova emissione o già in circolazione o che siano azioni di terzi o della società che le assegna. Semplificate inoltre le regole di calcolo della prevalenza dei titoli azionari italiani di panieri o indici sottostanti gli strumenti finanziari derivati e quelle della base imponibile nel caso di regolamento degli strumenti finanziari derivati con azioni. Il Dipartimento finanze ha dato via libera al decreto (in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) con ulteriori chiarimenti sull’applicazione della Financial transaction tax (cosiddetta Tobin tax).

La novità principale è aver messo la parola fine al dibattito che si era aperto intorno alle obbligazioni strutturate. La questione era nata per via di un’interpretazione letterale della legge di stabilità per il 2013, che ha introdotto in Italia la Tobin tax. Il testo esclude genericamente tutti i titoli di stato, emessi da qualsiasi paese e le obbligazioni. Un’espressione ritenuta dalle Finanze troppo generica. Il risultato è che le obbligazioni che non garantiscono il rimborso del capitale a scadenza, perché magari legato all’andamento di un titolo azionario, sono colpite dall’imposta. Ciò con finalità antielusive, hanno fatto sapere dal ministero: gli emittenti dei certificati di investimento, per esempio, avrebbero potuto trasformare i loro prodotti in obbligazioni per saltare l’imposta. Le obbligazioni tradizionali, a partire dai titoli di stato, continuano tuttavia a rimanere escluse dall’applicazione dell’imposta. Unica consolazione per chi sottoscrive obbligazioni di questo tipo è che l’applicazione dell’imposta partirà dal primo gennaio 2014. L’idea è di offrire agli intermediari il tempo necessario per adeguare i loro sistemi informatici.

Il bond pagherà l’imposta, chiaramente, solo se il sottostante o meglio il parametro al quale è agganciata la struttura è costituito da uno o più titoli tricolore colpiti dall’imposta. Intendendosi per questi ultimi quelli emessi da una società con una capitalizzazione di borsa superiore ai 500 milioni di euro. Quanto alla liquidazione dell’imposta le obbligazioni strutturate verranno equiparate ai derivati. Nel dettaglio per i titoli in questione la base imponibile è data dal numero di obbligazioni o titoli di debito acquistati, moltiplicato per il prezzo di acquisto o di vendita. Nel decreto sono state trasformate in norma poi quasi tutte le risposte fornite dal dicastero ai quesiti proposti da contribuenti diretti o intermediari in veste si sostituto di imposta nel corso di questi mesi. «Per offrire maggiore certezza del diritto», hanno sottolineato dal ministero. È ufficiale quindi che i diritti di opzioni sono colpiti dall’imposta perché equiparati agli strumenti derivati. Il calcolo della base imponibile è dato in questo caso dal valore della transazione cosi come per le classiche opzioni. Quanto all’aliquota in questo caso si dovrà fare riferimento alle tariffe specificatamente indicate per le opzioni nella legge di stabilità per il 2013.

A fronte delle indicate inclusioni due importanti esclusioni: la prima è quella relativa all’assegnazione di azioni per effetto della distribuzione di utili e riserve, la seconda si riferisce ai prodotti derivati che hanno come sottostante esclusivamente il dividendo di un’azione colpita.