di Angelo De Mattia 

In un contesto in cui soffiano i venti di instabilità, a livello internazionale, per la vicenda siriana – che però potrebbe subire una svolta che allontana l’intervento militare Usa – e, a livello interno, per le gravi tensioni nella maggioranza in dipendenza dei lavori della Commissione senatoriale per le elezioni che dovrà giudicare sulla decadenza di Silvio Berlusconi, il governo manifesta comunque la volontà di continuare sulla sua strada, ovviamente fino a quando uno dei due maggiori partner (il Pdl) non ritenesse di separare la sua posizione da quella dell’esecutivo, assumendosi, però, il grande peso delle condizioni di caos che immediatamente si registrerebbero. In questo quadro, nel quale ogni giorno si manifestano nuovi fattori di attrito cui fortunatamente fanno seguito elementi di raffreddamento delle tensioni, procede con qualche fatica la preparazione dei provvedimenti da adottare per le misure transitorie, soprattutto per la definizione delle coperture, e di quelli, di più ampia prospettiva,da assumere con la Legge di Stabilità ai fini della crescita e dell’occupazione. Ieri, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel rilevare che il calo della produzione dovrebbe fermarsi nei prossimi mesi, ha sostenuto che le prospettive dell’economia, pur restando le incertezze, lentamente migliorano e che i pur presenti rischi al ribasso sono accresciuti dalle preoccupazioni degli investitori per la possibile instabilità politica. Se si dovesse arrivare all’interruzione traumatica dell’attività di governo, sarebbero vanificati tutti gli sforzi sinora compiuti e la programmazione degli interventi in materia economico-finanziaria verosimilmente salterebbe, sopravvenendo i vincoli della solo ordinaria amministrazione. Sono in ballo misure fondamentali, in materia economica ma anche nel campo istituzionale, a cominciare dalla riforma della legge elettorale. Vi sono anche provvedimenti minori che attendono da tempo di essere adottati: non vi sarebbe granché da fare per la loro assunzione e, tuttavia, continuano a stare nelle braccia di Morfeo.

Il principale esempio, del quale MF-Milano Finanza ha scritto ripetute volte nei mesi scorsi riguarda la mancata reintegrazione dei vertici della Covip, la Commissione che vigila sui fondi pensione, al cui apice è ora rimasto un solo esponente, anziché i prescritti tre. Prima della caduta dell’esecutivo Monti era stata designata quale presidente una economista autorevole e capace, la professoressa Fiorella Kostoris. Sennonché, entrati nel periodo successivo allo scioglimento delle Camere, non fu acquisito il necessario parere del Parlamento e non fu possibile il perfezionamento della designazione con la trasformazione nella nomina definitiva. Già questo fatto la dice lunga su tempi degli iter di nomina e la motivazione addotta dall’attuale viceministro, Antonio Catricalà, all’epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, secondo il quale anche il governo dimissionario doveva rispettare la circolare del suo Presidente sui poteri di nomina durante e crisi, è contraddetta dai comportamenti tenuti dallo stesso governo in altri casi, come quello delle nomine in Finmeccanica. A prescindere da tutto ciò, sono ormai trascorsi più di 100 giorni dall’insediamento del governo Letta. Possibile che finora il ministro del Lavoro, primo proponente di concerto con quello dell’Economia, non abbia trovato un momento, anche riducendo le sue numerose apparizioni televisive, per riattivare l’iter di nomina in una Authority che ha la vigilanza su fondi che amministrano risorse per una novantina di miliardi e che è importante per la tutela del risparmio e per le condizioni di vita futura di chi oggi lavora, senza tralasciare i compiti di moral suasion che potrebbero essere svolti, non certo in chiave dirigistica, per una allocazione delle risorse che abbia presente in maniera imprescindibile i rendimenti, ma anche la propulsione di settori fondamentali dell’economia? Possibile che nessuno, nel’Esecutivo, abbia riflettuto sul fatto che da febbraio scorso la Covip non ha un presidente e ora ha un solo uomo al vertice? E, soprattutto, nessuno ricorda che è stata combattuta trasversalmente una battaglia parlamentare degna di miglior causa per evitare che la Covip fosse assorbita, insieme con l’Isvap, nella Banca d’Italia, dove si sarebbe determinata, come suggerito su queste colonne, una felice aggregazione di competenze in materia di risparmio e si è invece sostenuta azzardatamente l’intangibilità dell’autonoma allocazione di queste funzioni? Con le descritte conseguenze? Forse che anche questa volta si debba attendere – come accadde per la presidenza della Consob e, poi, per il governatorato della Banca d’Italia – l’autorevole intervento del Capo dello Stato che sottolinei il ritardo e inviti il governo perentoriamente a decidere la ricostituzione del vertice in questione? Insomma, non è significativo che l’esecutivo non riesca a compiere non una vera riforma – quale sarebbe stata la riconduzione delle attribuzioni Covip in Bankitalia – ma un semplice, doveroso atto di ricostituzione di un collegio? Un governo presieduto da Enrico Letta, l’autore, durante il secondo esecutivo Prodi, di una validissima proposta – che poi non ebbe purtroppo seguito – di riforma delle Authority, nei confronti delle quali egli dimostrò grande sensibilità? Si ricorrerà ancora all’alibi maiora premunt? (riproduzione riservata)