di Valerio Stroppa  

Il decreto sull’abolizione dell’Imu non è per nulla tax free. Il taglio della detraibilità sulle polizze vita e infortuni, previsto dal dl n. 102/2013, pubblicato sulla G.U. n. 204 del 31 agosto 2013, potrà infatti costare ai contribuenti fino 328 euro in due anni. E tra le sorprese, oltre a qualcuna positiva come lo stop all’Irpef sulle case di vacanza, ce n’è anche qualcuna negativa, come l’addio alla deducibilità parziale dell’Imu dalle imposte per imprese e autonomi. Tornando al taglio della detraibilità sulle irpef sulle assicurazioni, a livello medio il rincaro sarà di 136 euro. E l’effetto sarà immediato, poiché la riduzione del beneficio fiscale disposta dall’articolo 12 del decreto sull’abolizione dell’Imu è retroattiva: in deroga allo Statuto del contribuente, la modifica opera a far data dallo scorso 1° gennaio (per le persone fisiche il periodo d’imposta coincide con l’anno solare) e prevede la riduzione da 1.291,14 euro a 630 euro dell’importo massimo dei premi detraibili. Si tratta, cioè, della somma sulla quale il contribuente può calcolare la detrazione d’imposta del 19% ai sensi dell’articolo 15 del Tuir. Un tetto che calerà ulteriormente a 230 euro dal 2014 in avanti, abbracciando anche gli importi versati per i vecchi contratti stipulati o rinnovati entro il 31 dicembre 2000. L’intervento, fa notare Enrico Zanetti (Scelta Civica), vicepresidente commissione finanze della camera, «si traduce per moltissimi contribuenti in una maggiore Irpef di 126 euro nel 2013 e di 202 euro a partire dal 2014. Tutt’altro che un decreto tax free».

A livello complessivo, l’aggravio medio a regime sarà di 136 euro annui. È questa la stima che il governo presenta nella relazione al decreto legge. Il calcolo, basato sulle dichiarazioni presentate nel 2011 (relative ai redditi prodotti nel 2010), quantifica la platea di chi detrae i costi delle polizze vita in 6,3 milioni di soggetti. Quelli effettivamente interessati dalla modifica, cioè coloro che si collocano sopra i nuovi tetti, saranno 2,6 milioni nel 2013 e circa 3,6 milioni dal 2014 (sempre ipotizzando un flusso costante di premi versati). In questo modo lo Stato si aggiudicherà 262 milioni di euro per il 2013 e 490 milioni a decorrere dal 2014, secondo il principio di competenza. A livello di cassa, invece, il gettito entrerà per 485 milioni il prossimo anno (saldi 2013 e acconti 2014), per 661 milioni nel 2015 e per 490 milioni nel 2016.

Nella versione del dl approdata in Gazzetta Ufficiale sono poi, come detto, sparite le norme relative all’imponibilità parziale ai fini Irpef, con decorrenza immediata, dei fabbricati tenuti a disposizione. Al contempo, ko pure la previsione della deducibilità al 50% dell’Imu dalle imposte dirette per imprenditori e professionisti (si veda ItaliaOggi del 30 agosto scorso). Il primo intervento avrebbe recuperato a bilancio circa un miliardo di euro, eliminando l’asimmetria fiscale che si è venuta a creare tra gli immobili locati (soggetti a Irpef o a cedolare secca, oltre che a Imu) e quelli sfitti (soggetti alla sola Imu). In questo modo, secondo Confedilizia, si sono in ogni caso evitati degli effetti collaterali che avrebbero inevitabilmente danneggiato il comparto immobiliare. «La norma contenuta nel dl e poi saltata era stata pensata per i fabbricati tenuti volontariamente vuoti, ma era formulata in termini tali che avrebbe colpito anche le unità immobiliari involontariamente non locate», osserva Corrado Sforza Fogliani, presidente Confedilizia, «oltretutto quella norma sarebbe comunque stata in contrasto con l’istituenda Service tax come delineata dal governo nelle sue diverse componenti (rifiuti e servizi indivisi)».

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