A margine di un convegno sull’occupazione giovanile promosso nell’ambito del bilancio di sostenibilità 2012 di Unipol, l’a.d. Carlo Cimbri si è soffermato a parlare della partecipazione di Alitalia e delle altre ricevute in eredità  dal gruppo Fonsai e ha fatto il punto sulla situazione della Milano.
“Quella di Alitalia è una partecipazione che abbiamo svalutata a bilancio. E’ una quota (4,43%, ndr) non strategica e penso che gli interlocutori debbano essere altri. Noi non abbiamo ruolo in società, siamo un azionista passivo che ha ereditato la quota” da Fonsai, in seguito al riassetto-salvataggio dell’ex galassia Ligresti”, ha detto.
“Penso che una compagnia di bandiera debba essere un asset di interesse nazionale e che non si possa chiedere a soci privati di farsene carico”, ha spiegato ancora Cimbri, specificando nell’occasione di parlare come cittadino italiano e non come a.d. di Unipol. “Ritengo che una compagnia nazionale dovrebbe allearsi con soggetti a cui si può offrire qualcosa. Noi possiamo offrire l’Italia come porta d’accesso verso il mercato americano, sudamericano e africano”, ha inoltre aggiunto il numero uno del gruppo assicurativo, mostrandosi dubbioso sulla possibilità che “un’alleanza con una compagnia europea, a prescindere dal nome” possa spostare “il baricentro verso altri Paesi. Dovremmo ricercare partner – se ce ne sono – che contribuiscano allo sviluppo di questo Paese. Difficilmente – ha concluso Cimbri – una compagnia Ue vedrà nell’Italia, in Roma o Milano, la centralità. Questo a prescindere dalle dichiarazioni di maniera, poiché è chiaro che indotto e flussi saranno diversi” una volta che il passaggio di Alitalia dovesse passare definitivamente in mani straniere.
Riguardo ad Rcs (quota del 5,65%) Cimbri ha detto che “resteremo nell’azionariato”, ma con piena disponibilità della quota. “Intendiamo rientrare in possesso della disponibilità della nostra partecipazione”, ha spiegato Cimbri.
Riguardo alla vendita di asset per ottemperare agli obblighi antitrust, la compagnia presieduta da Pierluigi Stefanini dovrà inoltre cedere 1,7 miliardi di euro di premi riconducibili a Milano Assicurazioni entro fine 2013. “Abbiamo ricevuto offerte e attendiamo che maturino. Se arrivano a conclusione non c’è ragione per chiedere una proroga” all’authority, ha spiegato Cimbri a questo proposito, aggiungendo che “cercheremo di vendere nei tempi previsti”.
“Stiamo trattando e – lo ricordo – non vendiamo per ripristinare il patrimonio della compagnia, quanto piuttosto perché lo chiede l’Antitrust”, ha rimarcato ancora il top manager. “Abbiamo doveri di legge, ma le condizioni dovranno essere di mercato”.
Analoga situazione è quella che riguarda la quota Mediobanca, frutto delle tante partecipazioni incrociate che Salvatore Ligresti aveva intessuto negli anni. “Al momento nessuno si è fatto avanti per rilevare la nostra quota” del 3,8%, ha ammesso Cimbri. Per ottemperare a quanto imposto dall’Antitrust, Unipol dovrà cedere entro fine anno la partecipazione in Piazzetta Cuccia e proprio per questo motivo la scorsa settimana ha ottenuto dal Patto di Mediobanca il permesso a svincolare la quota. Anche in questo caso, Cimbri ha assicurato che Unipol “adempirà nei tempi previsti dall’Antitrust”.
Il numero uno della compagnia ha infine spiegato per quale motivo venne decisa la vendita di parte della quota Pirelli & C. alla famiglia Malacalza, operazione che – per lo meno in linea teorica – potrebbe essere messa in qualche modo in discussione dalle decisioni di Consob sul valore dell’Opa di Lauro 61 su Camfin, attese in serata. L’Authority tende a considerare un tutt’uno l’Opa Camfin e la liquidazione di Malacalza in Camfin, ricostruzione contestata fermamente sia da Lauro 61 sia dal patron della Bicocca, Marco Tronchetti Provera.
“Abbiamo giudicato conveniente l’offerta a vendere” alla famiglia Malacalza una quota del 2,57% di Pirelli & C., piuttosto che restare “nelle condizioni di indeterminatezza a cui avremmo venduto sul mercato in un domani”, ha chiarito Cimbri a questo proposito, ricordando che Unipol subentrò operativamente alla gestione Fonsai-Milano  tra novembre e dicembre dello scorso anno. “Le scadenze del Patto Pirelli & C. erano a gennaio e noi non avevamo ancora preso in mano questo dossier. Dopodiché, diventò evidente che la quota Pirelli per dimensione e natura dell’immobilizzo – quasi 200 mln euro – non aveva carattere di strategicità. Era un’immobilizzazione assolutamente sovradimensionata rispetto al portafoglio di Fondiaria e alle nostre politiche di gestione del rischio”.
Fu proprio in quelle settimane che si fece avanti la famiglia genovese proponendo alla compagnia bolognese di acquistare il 2,57% della quota Unipol che complessivamente ammontava al 4,4% (resta ora titolare di un 1,18%). “Abbiamo valutato l’offerta sia considerando la natura della partecipazione sia, soprattutto, i vincoli che la stessa aveva: non era una quota libera da vendere sul mercato ma era vincolata al Patto. Andava quindi offerta in opzione agli altri soci, alla media” delle chiusure di Borsa “degli ultimi 3 mesi”, ha spiegato ancora Cimbri. Questo calcolo, secondo quanto sostiene lo stesso Cimbri, sarebbe stato tuttavia valido “anche se avessimo disdettato il Patto e se avessimo tenuto la quota fino a scadenza. Avremmo quindi dovuto venderla non al prezzo voluto ma alla media degli ultimi tre mesi di Borsa. Accollandoci un ulteriore rischio” di una flessione del titolo a Piazza Affari.