Pagina a cura di Duilio Lui  

I fondi comuni stanno tornando in massa nei portafogli dei risparmiatori italiani, cosa che conferma il ritrovato clima di fiducia sui mercati finanziari più in generale. Secondo l’ultima rilevazione di Assogestioni, a luglio l’industria italiana del risparmio gestito ha registrato una raccolta netta (nuove sottoscrizioni meno riscatti) positiva per oltre 6,3 miliardi di euro.

Il dato in sé non è fenomenale, ma assume un’altra veste se si considera che si tratta del settimo mese consecutivo chiuso in attivo, per un bilancio da inizio 2013 positivo per 44,7 miliardi. Il risultato di luglio porta il patrimonio oltre alla quota di 1.269 miliardi, confermando ancora una volta l’importanza del risparmio per le famiglie italiane. Un indicatore spesso ignorato quando si valuta la solidità del nostro Paese tenendo in considerazione solo i problemi del debito pubblico.

 

Come cambia la mappa dell’offerta. La ripresa del settore sta a indicare chiaramente che i risparmiatori italiani stanno tornando a puntare sui fondi comuni e le sicav dopo la disaffezione registrata negli anni più duri della crisi. Un trend che può essere letto proprio come un ritorno di fiducia verso i mercati finanziari, considerato per altro che l’azionario è su un trend rialzista da oltre un anno, mentre lo stesso non vale per l’obbligazionario, che ha registrato una forte accelerazione nella seconda metà del 2012 (quando le parole di Mario Draghi in difesa dell’euro hanno fatto crollare lo spread tra titoli di Stato italiani e tedeschi), prima di incanalarsi su un percorso tendenzialmente stabile. Tra i fondi e le sicav dominano, come già emerso nei mesi precedenti, i prodotti di diritto estero, che nell’ultimo mese considerato hanno attirato flussi positivi per oltre 2,2 miliardi, ma anche quelli di diritto italiano si sono difesi bene e hanno raccolto 1,3 miliardi di euro. La crescente concorrenza nel nostro mercato non può che essere considerata positivamente dal punto di vista dei risparmiatori, che oggi hanno maggiori possibilità di scelta rispetto al passato, e grazie a questo riescono anche a spuntare commissioni più basse. Secondo uno studio di Prometeia, solo nel 2012 sono stati lanciati sul mercato 235 nuovi comparti, cento in più rispetto ai 135 del 2011, quasi tutti offerti da società di gestione appartenenti a gruppi bancari (che peraltro fanno il grosso del mercato). E la fonte spiega un’altra ragione della ripresa in atto: dopo che per anni gli istituti di credito hanno preferito puntare su altri prodotti per generare margini, come le obbligazioni bancarie e i mutui, da qualche tempo sono tornate a spingere sui fondi comuni. Un’altra ragione della ritrovata salute del settore è la volatilità che ha caratterizzato i mercati negli ultimi tempi. In sostanza, i risparmiatori dimostrano di confidare nel prolungamento del trend rialzista di lungo periodo, ma al tempo stesso non vogliono rischiare con il fai da te, preferendo affidarsi a una gestione professionale, che ha il vantaggio ulteriore di distribuire la somma investita in un pluralità di sottostanti, riducendone quindi il rischio complessivo di portafoglio. Anche se questo comporta l’accettazione di spese commissionali che nei prodotti più complessi arrivano al 2-3% annuo.

 

I trend emergenti. Se in termini di raccolta sono soprattutto i fondi azionari a registrare una forte ripresa, la vera novità è costituita dal boom dei fondi a cedola. Si tratta di prodotti che assecondano la tradizionale passione dei piccoli risparmiatori per i rendimenti periodici (rafforzata negli ultimi tempi dalla necessità di far fronte a tasse crescenti, staccando una cedola su base trimestrale o addirittura mensile. Un’altra novità è costituita dai fondi obbligazionari che prevedono una scadenza a quattro o cinque anni ed erogano in questo arco temporale un dividendo annuale o al massimo semestrale. Proprio la diffusione di questi prodotti ha catturato l’attenzione della Consob, soprattutto relativamente ai prodotti a scadenza. Infatti, l’autorità di controllo sui mercati finanziari ha chiesto alle sgr che venga resa esplicita «la possibilità che, in determinate condizioni di mercato, il pagamento su base periodica della cedola possa essere assicurato solo mediante il parziale rimborso del capitale investito, con connessa riduzione del Nav del fondo». In sostanza, se la cedola staccata viene sottratta dal capitale investito, non si tratta certo di un guadagno per il risparmiatore, ma solo un anticipo di quanto riceverà a scadenza. Un altro aspetto da considerare riguarda i costi, considerato che alcuni di questi prodotti prevedono commissioni di avviamento, che invece sono ormai una rarità in altri fondi comuni: proprio questo incentivo per i collocatori, favorisce però l’offerta, che si è fatta pressante. Il che non significa che i prodotti siano convenienti anche per gli investitori. Occhio quindi ai costi complessivi e alle modalità di distribuzione delle cedole, quando queste sono legate ai risultati della gestione.

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