di Giuseppe Di Vittorio  

Non c’è due senza tre. Dopo la tassa sulle imbarcazioni, quella sulle transazioni finanziarie meglio conosciuta come Tobin tax ecco spuntare più di recente quella sulle sigarette elettroniche. Cosa hanno in comune queste tre tasse? Si potrebbero definire, sinteticamente, «imposte ammazza settore».

Oppure «tasse con dedica» specificatamente pensate per un comparto dell’economia che hanno come risultato quello di arrecare danni irreversibili al settore e al resto dell’economia. Con il danno anche la beffa, il gettito per l’erario è irrisorio e ad ogni modo molto, molto lontano dalle aspettative. Per alcune imposte, l’erario ci potrebbe addirittura rimettere.

 

Gli ingredienti. Ma come fa il legislatore fiscale a partorire simili mostri? Il punto di partenza è un’idea impositiva punitiva: gli studiosi delle imposte tricolori, accanto al presupposto oggettivo e soggettivo tipico di tutte le tasse, devono far posto anche a quello antagonista.

Con la tassa sulle imbarcazioni, per esempio, si puniscono i ricchi e le loro manifestazioni ostentate della ricchezza. Passando ad altra imposta, invece, la tassa sulle transazioni serve per «mettere in ginocchio» la finanza cattiva, la vera responsabile della crisi economica che ci attanaglia.

Con le sigarette il giochino è invece fin troppo semplice, anche perché plurisperimentato nel passato, a pagare sia il «viziato».

A conti fatti poi si scopre che a rimetterci sono un po’ tutti a partire dalle qualifiche più basse di contorno a questi settori.

Archiviato il presupposto dell’imposta la lista delle necessità è ancora lunga. Occorre avere delle basi imponibili completamente farlocco, nel senso che non si tiene conto che non si può obbligare qualcuno a fare qualcosa.

Detto in termini più tecnici non si tiene conto dell’effetto sostituzione. Se tasso lo stazionamento in un porto italiano magari il diportista, soprattutto quello estero, cambia l’approdo. Se tasso un prodotto finanziario tricolore magari qualcuno non se lo compra o lo sostituisce con qualcosa di simile ed esente. Se tasso il fumo a vapore il tabagista sarà meno incentivato a smettere di fumare in modo tradizionale.

Ritornando sul tecnico, quindi, la base imponibile ante imposte è completamente taroccata rispetto alla situazione ex post.

 

Una coperta troppo corta. Le lacune nella scienza delle finanze sono ancora più evidenti quando nel dibattito preparatorio all’introduzione delle imposte o in un più rilassato salotto televisivo qualcuno immagina che questo tipo di tasse possano sostituire quelle tradizionali e sostenere il nostro costoso welfare.

Per avere un’idea dei numeri irrisori di questa imposte è sufficiente pensare che lo Stato incassa dall’Irpef (l’imposta sui redditi) qualcosa come 165 miliardi di euro, dall’Iva (un’imposta sui consumi) 115 miliardi di euro.

Più in generale in un anno (2012) le entrate tributarie dello Stato sono state vicine ai 466 miliardi di euro. A fronte di queste entrate dalla tassa sulle imbarcazioni si è ricavato poco più di 25 milioni di euro, dalla Tobin a stento si arriverà a 300 milioni di euro, le sigarette elettroniche dovrebbero restituire 117 milioni di euro ma tutti da dimostrare.

 

La gatta frettolosa. Il fatto è che lo Stato è affetto da una specie di bulimia fiscale. L’erario deve riuscire a finanziare una spesa pubblica in costante e infinita a crescita a fronte invece di una produzione nazionale in evidente arretramento. Il pil, il reddito complessivo nazionale di tutti gli italiani, è la più importante base imponibile naturale sulla quale calcolare le imposte. Dal 1997 ad oggi, ha evidenziato l’Ufficio studi della Cgia, la spesa pubblica è aumentata del 68,7%. In termini assoluti è cresciuta di quasi 296 miliardi. Nello stesso periodo il pil del paese è praticamente invece rimasto invariato ai livelli del 1998, zero.

Uno stato di necessità che induce in errore, se non aumenta la base imponibile in modo naturale faccio lievitare le aliquote o mi invento nuove imposte.

Nel conto delle tasse mal riuscite si poteva mettere anche il super bollo sulle auto di lusso e quanto accaduto perfino su un’imposta generalista come l’Iva. Secondo il Codacons, da settembre 2011fino a aprile 2013 il gettito dell’imposta è diminuita di 5,8 miliardi di euro a fronte di aumento dell’aliquota ordinaria dal 20 al 21%. Vogliamo farla salire a 22!?

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