di Angelo De Mattia 

Ho ricevuto molti consensi per l’articolo pubblicato su questo giornale l’11 settembre sulla perdurante inerzia del governo nella ricostituzione del vertice della Covip, l’authority dei fondi pensione, il cui apice è ridotto da febbraio a un solo esponente a fronte dei tre prescritti dalla legge. L’argomento comunque è stato affrontato su queste colonne per almeno cinque mesi, per ora senza risultato. Vi è stata però anche una garbata segnalazione di imprecisione a proposito del raffronto effettuato tra l’inazione dell’esecutivo Monti e, poi, Letta su questa ricostituzione e le nomine al vertice diFinmeccanica che smentirebbero l’osservazione dell’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, ora viceministro allo Sviluppo Economico, secondo il quale la designazione di Fiorella Kostoris alla presidenza della predetta Commissione non fu perfezionata perché, tra l’altro, vi era una disposizione ostativa del presidente Monti sui poteri di nomina durante la crisi. Poi Catricalà aggiunge la mancata espressione, su tale designazione, del parere di competenza delle commissioni parlamentari e l’indirizzo assunto dal presidente della Camera con l’invito al governo a non richiedere pareri della specie. Si può concordare con il viceministro e dargli atto che ha ragione se per «le nomine» in Finmeccanica ci si riferisce a quella del presidente Gianni De Gennaro promossa dall’azionista Tesoro, alla cui titolarità, nell’ambito del governo Letta, era subentrato Fabrizio Saccomanni. Contra factum non valet argumentum, ovviamente. Ma non si arriva alle medesime conclusioni se per «le nomine» si intendono quelle di Venturoni e Pansa (con cambio di attribuzioni) e poi la cooptazione di Lo Bello nel cda, avvenute tutte quando il governo Monti era ancora in carica ma solo per il disbrigo degli affari correnti. Si dirà che sono stati provvedimenti necessitati e preparatori delle soluzioni poi decise dal governo subentrante. Benissimo. Ma motivazioni del genere non valevano anche per la Covip? E, comunque, perché si è arrivati alla citata designazione quando si conoscevano gli indirizzi preclusivi in tema di nomine? Perché non la si è decisa prima con una decorrenza compatibile con la cessazione dell’incarico del predecessore? Che dire poi, sempre in materia di nomine, a proposito del fatto che durante il dimissionario governo Monti sono stati nominati-confermati i vertici della Cdp? Che ne è stato, allora, della disposizione del premier? Si potrà pur sempre parlare di non comparabilità delle diverse situazioni. Ma la conclusione è – dando atto al viceministro Catricalà di piena correttezza – che sia il cessato Esecutivo sia il nuovo non hanno adottato una misura necessaria per il fisiologico funzionamento di un’autorità, che naturalmente ha continuato a operare per l’impegno e la dedizione del personale e dell’unico membro del collegio di vertice. Si vuole ora, al di là delle polemiche retrospettive, finalmente decidere? O si coglie l’occasione per riprendere in tempi rapidi il progetto, prima approvato dall’esecutivo Monti e poi ritirato in relazione al dibattito parlamentare, che prevedeva la riconduzione della Vigilanza sui fondi pensione nella Banca d’Italia, con modalità organizzative da stabilire, realizzando una tutela unitaria del risparmio in tutte le sue forme, per i profili della stabilità e della sana e prudente gestione, a fianco della quale sono le attribuzioni della Consob per gli aspetti di trasparenza e correttezza? Si tratta di scegliere; ma bisogna farlo in tempi brevi anche perché questa inerzia può diventare un indicatore dei blocchi decisionali a più ampio spettro (ab uno disce omnes). Speriamo che il rinvio – la cui sottolineatura urta molto il governo quando gli viene imputato in altri campi – abbia finalmente a cessare in questo caso, limitato, circoscritto quanto si vuole, ma pur sempre molto significativo. (riproduzione riservata)