di Marilisa Bombi  

 

Mozzarelle e latticini in genere non collocati nel banco frigo ma esposti su un banco sotto un faretto da 1000 watt sono elemento sufficiente per contestare, al titolare dell’impresa, il reato di cattiva conservazione degli alimenti sanzionato dall’articolo 5, lettera b) della legge 283/1962. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, Sezione III Penale, con la sentenza 37380 depositata il 12 settembre scorso. Secondo il Collegio, l’accertamento dello stato conservativo di alimenti detenuti per essere venduti non richiede né un’analisi di laboratorio né una perizia, ben potendo il giudicante di merito ritenere provati i fatti anche attraverso altri elementi di prova, quali le testimonianze dei dipendenti addetti ai reparti, quando sia palese la cattiva conservazione degli stessi e sia, quindi, rilevabile con una mera ispezione, com’è avvenuto nel caso in questione il cui reato è stato accertato in occasione di un sopralluogo congiunto dei carabinieri e dell’Asl. Peraltro, la Sezione ha respinto il motivo di appello connesso al fatto che l’imputato risultava essere amministratore delegato della catena di supermercati e che all’interno degli stessi erano preposti un responsabile del supermercato e tre responsabili di reparto addetti al posizionamento dei singoli prodotti sotto la supervisione del responsabile del punto di vendita.

Ciò in quanto, l’organigramma era stato prospettato in maniera del tutto generica e non suffragato da un seppur minimo elemento di riscontro. Con la conseguenza che il riferimento alle diverse figure professionali indicate ed al ruolo dalle stesse svolte restavano mere asserzioni, del tutto vaghe e prive di concretezza nonostante la possibilità di una agevole documentazione. A fronte di ciò, correttamente il giudice di merito ha ritenuto la responsabilità dell’imputato in quanto comunque destinatario di un obbligo di controllo delle condizioni igienico sanitarie delle strutture di vendita ed in considerazione dell’assenza di una delega di funzioni.

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