di Andrea Fiano e Anna Messia

La decisione su quale strada sia destinata a prendere l’operazione Migdal potrebbe essere comunicata al mercato a breve. Forse già oggi. E le ipotesi sono tutte aperte, compresa la possibilità che la vendita, almeno per ora, venga congelata. La parola spetta ovviamente ai protagonisti della vicenda. Ovvero le Generali da una parte e l’uomo d’affari israeliano Shlomo Eliahu dall’altra, che a inizio marzo avevano firmato un accordo quadro che metteva tutti d’accordo: le Generali avrebbero dismesso l’intera partecipazione del 69,1% detenuta nella società assicurativa israeliana Migdal. Un business considerato non più strategico per il Leone che dalla vendita avrebbero incassato 835 milioni di euro in contanti, con una plusvalenza di 103 milioni particolarmente utile per aumentare la liquidità del capitale disponibile di Generali e far salire al contempo il margine di solvibilità di 2,4 punti percentuali. Dal canto suo Eliahu, fondatore e azionista di controllo dell’omonimo gruppo di Tel Aviv (Shlomo Eliahu Holding Ltd) che opera nel settore finanziario, assicurativo e immobiliare avrebbe probabilmente coronato il sogno di una vita: diventare proprietario della compagnia di assicurazione dove aveva iniziato la carriera, partendo dal basso, nel perfetto stile di un self made man. Peccato che però da allora sono cambiate tante cose che hanno reso quell’operazione sempre più complicata, giorno dopo giorno. Per quanto riguarda Generali, come noto, c’è stato il cambio al vertice, con l’arrivo del nuovo group ceo Mario Greco, che a inizio agosto ha preso il posto di Giovanni Perissinotto. Ma non è stato questo a mettere in forse la cessione visto anzi che anche il nuovo ceo sembra interessato a portare in porto la vendita come previsto dagli accordi di marzo. Lo dimostra il fatto che il primo viaggio di Greco all’estero come numero uno di Generali, a inizio agosto, sarebbe stato proprio in direzione di Tel Aviv. A ostacolare le trattative sarebbero state invece le novità regolamentari e normative arrivate nel frattempo in Israele. Interventi che avrebbero avuto l’effetto di ridurre il valore di Migdal come dimostra anche la flessione in Borsa della società quotata sul listino di Tel Aviv. Il prezzo di 835 milioni per il 69,1% della società avrebbe rappresentato un premio implicito del 12,6% rispetto alla quotazione di mercato di Migdal del 6 marzo scorso. Ma oggi quello stesso prezzo rappresenta un premio di addirittura il 40%. Ecco perché Eliahu avrebbe chiesto alle Generali uno sconto di circa il 20% sul valore fissato a marzo. Anche perché l’imprenditore, nonostante non sembri avere problemi a reperire la liquidità necessaria a rilevare Migdal (a finanziarlo sarebbe soprattutto la Bank Leumi, di cui l’uomo d’affari è primo azionista con una quota del 9,5% e l’istituto, a sua volta, detiene il 9,8% di Migdal), per avere il via libera dell’Antitrust locale dovrebbe cedere o sterilizzare parte delle sue quote. Non risultano, poi, ancora arrivati i pareri della Banca centrale d’Israele, del dipartimento del Tesoro e del regulator assicurativo locale, che devono mettere il sigillo sull’operazione. Il tempo insomma è passato senza l’approvazione delle autorità competenti a cui l’operazione era subordinata, come specificato nell’accordo quadro di marzo e i sei mesi fissati per chiudere definitivamente la trattativa sono giunti al termine. (riproduzione riservata)