di Andrea Di Biase

Dopo la fiducia espressa all’unanimità dal cda di Mediobanca lo scorso 5 settembre, l’ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, ha incassato ieri anche il sostegno dei grandi soci della banca d’affari riuniti nel patto di sindacato. Nonostante Mediobanca abbia archiviato l’esercizio chiuso al 30 giugno con un utile netto di 81 milioni, in forte calo rispetto ai 369 milioni di un anno fa, sia i consiglieri sia i rappresentanti degli azionisti riuniti nel sindacato di blocco hanno espresso la loro soddisfazione per i risultati conseguiti da Nagel e dal top management di Mediobanca in un esercizio caratterizzato dalla crisi del debito sovrano dei Paesi periferici dell’area Euro, da fortissime tensioni sui mercati finanziari e in un contesto di generale rallentamento dell’economia italiana. Il coinvolgimento dell’ad nell’inchiesta della Procura di Milano su Fondiaria-Sai per il presunto patto occulto con Salvatore Ligresti, le polemiche con Diego Della Valle seguite alla sostituzione di Giovanni Perissinotto con Mario Greco al vertice delle Generali, così come gli attacchi nel numero uno della Tod’s a Mediobanca e Fiat sulla nuova governance di Rcs non sembrano dunque aver messo in bilico, almeno a giudicare dalle dichiarazioni di Tarak Ben Ammar e degli altri partecipanti alle riunioni di ieri, la poltrona di Nagel o del presidente Renato Pagliaro. Stando a quanto dichiarato dal finanziere franco-tunisino, che rappresenta in cda l’uomo d’affari francese Vincent Bolloré ma che è vicino anche alla Fininvest di Silvio Berlusconi, l’attuale ad rimarrà a lungo alla guida di Mediobanca. «C’è unanimità sia del consiglio, sia degli azionisti dietro questo management», ha affermato Ben Ammar al termine del cda, sottolineando che «non è mai passata nella nostra mente né al nostro tavolo» l’idea di sfiduciare Nagel. Derubricato a «pettegolezzo» anche l’ipotesi di procedere a una scissione tra l’attività bancaria e quella di holding di partecipazione, mentre dalla vicenda del papello contenente i desiderata dai Ligresti siglato da Nagel, secondo Ben Ammar, «è uscito un management più forte e un consiglio più vicino al suo management e viceversa». A giudicare dalle dichiarazioni dei partecipanti alle riunioni di ieri, quindi, in Piazzetta Cuccia non ci sarebbe aria di fronda, ma regnerebbe anzi un «clima idilliaco » tra management, consiglieri e soci. Sarà davvero così? A giudicare dalle decisioni prese ieri dall’assemblea del patto di sindacato sembrerebbe di sì. L’ingresso di Gilberto Benetton nel direttivo del patto di sindacato al posto di Salvatore Ligresti (il posto di Jonella in cda lo ha preso invece Alberto Pecci) è stata letta come un rafforzamento delle prerogative di Nagel e del top management della banca. Una lettura avvalorata dal fatto che negli ultimi dieci anni il gruppo dirigente dell’istituto è stato molto vicino al gruppo di Ponzano Veneto, accompagnandolo nell’iniziativa Sinergia, ma affiancandolo anche negli investimenti in Gemina- Adr. Il fatto poi che i Benetton, oltre ad essere azionisti delle Generali con lo 0,9%, siano anche importanti soci di Rcs, con una quota del 5,1% fuori dal patto, ha caricato l’ingresso di Gilberto nel direttivo di Mediobanca di un significato che travalica i confini di Piazzetta Cuccia, lasciando intravedere un asse tra la banca d’affari e la famiglia di Ponzano anche nella partita per il Corriere della Sera volto a limitare l’attivismo di Della Valle. Su questo fronte, viene fatto notare, Mediobanca potrebbe contare anche sulla vicinanza di Unipol, che ha ereditato da FonSai il 5,25% in Rcs. Da Bologna hanno più volte fatto notare di non essere interessati ai posti nei salotti, ma intanto ieri il cda della compagnia prossima alle nozze con Unipol ha deciso di non nominare un nuovo rappresentante nel patto di Via Rizzoli in sostituzione dello scomparso Massimo Pini. Toccherà dunque al nuovo cda targato Bologna designare un proprio uomo nel sindacato che governa la casa editrice (si fa il nome del presidente di Ugf, Pierluigi Stefanini) ed è dunque difficile aspettarsi che i bolognesi assumano una posizione in contrasto con quella di Piazzetta Cuccia. Questo tipo di scenario non trova tuttavia riscontri ai piani alti della banca d’affari. Da Mediobanca si cerca anzi di spegnere ogni tipo di polemica con Della Valle, che al di là dei toni usati, avrebbe posizioni condivisibili anche da parte del top management dell’istituto. Un esplicito apprezzamento è arrivato invece da Ben Ammar, che con l’imprenditore marchigiano era entrato in polemica ai tempi degli attacchi di Mr Tod’s all’allora presidente delle Generali, Cesare Geronzi. «Il fatto che Della Valle compri vuol dire che ha il coraggio delle sue opinioni e ha i mezzi del suo coraggio: posso solo complimentarmi perché fa quello che dice. Penso che sia un grande imprenditore », ha affermato l’uomo d’affari franco-tunisino, secondo cui il Corriere avrebbe «bisogno di un editore, non di un gruppo di editori». Sempre sul fronte dell’operazione Unipol-FonSai, ieri il patto di sindacato di Mediobanca ha sterilizzato, come chiesto dall’Antitrust, i diritti di voto sulla quota del 3,83% della banca d’affari in portafoglio alla compagnia dell’ex gruppo Ligresti. L’assemblea del sindacato ha inoltre autorizzato il trasferimento delle azioni Mediobanca detenute da Fondiaria-Sai dal deposito presso la stessa Piazzetta Cuccia ad un escrow account aperto presso Bnp Paribas come richiesto dall’authority presieduta da Giovanni Pitruzzella. Tali azioni dovranno essere poi vendute e offerte in prelazione ai soci del gruppo B. (riproduzione riservata)