Tengono i risultati di Mediobanca, che, in un contesto dominato dalla crisi, ha chiuso in nero il difficile esercizio 2011-2012 con un utile netto consolidato di 81 milioni di euro, -78,1% rispetto ai 368,6 milioni dell’esercizio precedente. Il solo quarto trimestre dell’esercizio (aprile-giugno 2012) ha registrato una perdita di 24 mln, dimezzata rispetto al rosso di 50,3 milioni dell’esercizio 2010- 2011. Sul risultato hanno pesato tra l’altro svalutazioni su titoli in portafoglio per 573 milioni. La capogruppo ha chiuso l’esercizio con una perdita di 200,2 milioni (+127,4 nell’anno precedente). Ciononostante, il cda proporrà all’assemblea del 27 ottobre la distribuzione di un dividendo unitario di 0,05 euro, che sarà in pagamento dal 22 novembre. Il Core Tier 1 è salito all’11,5%, rispetto all’11,2% di fine giugno 2011 e di fi ne marzo 2012. I ricavi si sono attestati a 1,99 miliardi (1,983), con un margine d’interesse stabile a 1,07 miliardi. L’andamento positivo del trading (+41% a 267 milioni di euro) ha compensato il calo delle commissioni nette (-7% a 483 mln). I costi operativi si sono ridotti del 4% a 789 milioni (-6% il costo del personale). Il rapporto cost/income si è attestato a 40%. Il risultato del gruppo è stato fortemente penalizzato da svalutazioni complessive su titoli e partecipazioni in portafoglio per 573 milioni. Nel corso dell’esercizio, piazzetta Cuccia ha decisamente migliorato il proprio profi lo di rischio. Nella nota emessa dopo il varo dei conti, il cda spiega che l’esposizione azionaria (sui titoli «available for sale») è stata ridotta di 2 miliardi, da 3,9 a 1,9. È stata poi aumentata da 5,4 a 9,2 miliardi la quota di titoli governativi in portafoglio, prevalentemente italiani, mentre la loro durata media è scesa a tre anni. Per quanto riguarda le principali divisioni, il Corporate & investment banking ha realizzato un utile netto di 19,7 milioni (242,2) dopo 382 milioni di rettifi – che; il credito al consumo ha visto l’utile netto salire del 2% a 93 milioni; il private banking ha chiuso con un utile netto di 70 milioni; il principal investing ha perduto 64 milioni (+69) per il minore contributo di Generali ai ricavi (da 202 a 146 mln) e le svalutazioni su Telco e Rcs. Pos i t i v o l ’ a n d a – m e n t o della divisione r e t a i l b a n – king: i depositi di Che- Banca! sono aumentati del 16% a 11,6 miliardi, mentre il margine d’interesse è cresciuto del 18% a 133 milioni e la perdita netta di 42 milioni è stata sostanzialmente in linea con lo scorso esercizio (39 mln). Quanto al prossimo piano industriale, il cda ha avviato la discussione, che si concluderà entro giugno 2013, ma i contenuti dipenderanno dall’evoluzione del contesto macroeconomico e dall’entrata in vigore di Basilea 3 oltre che dal piano che presenterà Generali, come ha spiegato l’a.d., Alberto Nagel. Quanto al clima che si è respirato all’interno del cda e nel successivo vertice del patto di sindacato, diversi rappresentanti hanno ribadito che il clima è stato sempre sereno, non si è parlato della vicenda Fonsai e della posizione dell’a.d., Alberto Nagel e sono state archiviate le ipotesi di spin off delle partecipazioni. Inoltre, è stata ribadita la piena sintonia di cda e patto con l’operato dello stesso Nagel, che, dunque, sembra uscire rinforzato dall’intera vicenda, che lo ha visto coinvolto. Secondo l’imprenditore franco- tunisino, Tarak Ben Ammar, «c’è unanimità sia da parte del cda, che da parte degli azionisti dietro a questo management di Mediobanca». Secondo il fi – nanziere, Nagel rimarrà a.d. a lungo in piazzetta Cuccia. Intanto, dopo Fonsai, anche in Mediobanca si è chiusa l’era Ligresti. Alberto Pecci infatti è entrato nel cda in sostituzione di Jonella Ligresti, mentre Gilberto Benetton ha preso il posto di Salvatore nel direttivo del patto di sindacato. Pronta per la vendita anche la quota della compagnia assicurativa. Il patto ha infatti sterilizzato la partecipazione che resta vincolata, ma le azioni del gruppo FonSai sono state trasferite dal deposito presso Mediobanca a un escrow account presso Bnp Paribas come richiesto dall’Antitrust. Alberto Nagel © Riproduzione riservata