di Roberta Castellarin e Paola Valentini

I risparmiatori italiani abbandonano i fondi comuni e le banche non fanno niente per trattenerli. È il quadro che emerge dal bilancio dell’industria dei fondi a fine luglio 2012, chiuso con un rosso per 5,1 miliardi per i fondi aperti. Allo strumento fondo restano fedeli soltanto i promotori finanziari e poche sgr made in Italy, che vanno controcorrente (altro articolo). I promotori finanziari da inizio anno a fine luglio hanno raccolto 3,7 miliardi di euro in fondi e sicav. Ma i pf tendono sempre più a preferire i comparti gestiti dalle case estere, in molti casi migliori per performance rispetto ai competitor italiani, ma anche più generosi nell’elargire retrocessioni alle reti che li distribuiscono. L’asset management registra continui deflussi perché le reti tradizionali, ossia gli sportelli, puntano sulle proposte che generano flussi di liquidità per la banca, quindi puntano a collocare le obbligazioni. E le società di gestione italiane, che sono tipicamente emanazione dei gruppi bancari, oggi subiscono questa situazione. Diversa per gli operatori esteri. I promotori finanziari hanno una logica diversa rispetto a quella dello sportello; non hanno interesse a promuovere i conti di deposito o le obbligazioni e preferiscono proporre i fondi. Nella concorrenza tra gestori esteri e boutique italiane, inoltre, i primi godono di un vantaggio competitivo. Le grandi case estere possono contare su forti economie di scala, quindi possono applicare retrocessioni sostanziose. Dall’analisi del settore spicca la raccolta di Dexia, che nella prima metà del 2012 ha registrato sottoscrizioni per 1,57 miliardi. Tra le società in crescita si confermano anche Franklin Templeton e Pictet, entrambe hanno registrato flussi netti superiori al miliardo da gennaio a fine giugno. Segue Invesco con una raccolta netta di 911 milioni, mentre Morgan Stanley e Axa hanno registrato sottoscrizioni nette per oltre 500 milioni. All’appello manca la società francese Carmignac che gestisce in totale 52 miliardi di euro, ma non pubblica i dati sui singoli Paesi. Di certo il suo cavallo di battaglia, il fondo Patrimoine, ha registrato un boom in Italia: nel 2008, anno nero per tutti i mercati con perdite medie del 30%, il prodotto dell’asset manager francese ha messo a segno una performance positiva dello 0,01%. Da quel momento è diventato un cavallo di battaglia per le reti di promotori che lo proponevano alla clientela come strumento adatto a tutte le stagioni. Da qui la raccolta record nel mercato italiano: Patrimoine ha oggi un patrimonio di circa 24 miliardi di euro, più del doppio di quanti ne gestiva nel 2009. E molte società in questi mesi sono entrate in Italia attirate proprio dal risultato messo a segno da Carmignac. Ma i marchi che vanno più di moda sono anche quelli che presentano i migliori rendimenti? Negli ultimi tre anni Carmignac Patrimoine ha reso il 14,2% (dati dall’11 settembre 2009 al 7 settembre 2012). Il meno blasonato Arca T5 di Arca sgr, che segue una strategia simile, ha reso nello stesso periodo il 22,2% Un’analisi di Prometeia realizzata su un campione di 677 fondi italiani ed esteri a fine agosto 2012 sulla base della performance a tre anni mette a confronto il posizionamento competitivo di sgr italiane ed estere. Ne emerge che il colosso Usa Fidelity ha la maggior percentuale di fondi nel primo quartile, il 65% dei prodotti rientra tra i primi delle varie categorie. Eppure Fidelity non è tra i campioni di raccolta netta quest’anno e ha contato su flussi positivi soltanto per 105 milioni di euro netti. Allianz addirittura ha il 44% dei prodotti nella fascia dei campioni a tre anni, ma ha flussi netti negativi per 248 milioni di euro. Il motivo è che spesso che la raccolta è trainata da un unico prodotto che fa da catalizzatore. Come il Templeton global bond di Franklin Templeton, che da inizio anno brilla con un rendimento dell’11% ed è uno dei prodotti di punta della società di gestione americana. (riproduzione riservata)