Nel nostro Paese sono molto diffuse, soprattutto nei settori culturali, politici, sportivi e socio-assistenziali, le più variegate realtà associative. I loro scopi, per lo più di natura ideale, e l’assenza del fine di lucro, e dunque gli aspetti che maggiormente le caratterizzano, hanno indotto le Istituzioni, con normative mirate, a favorirne la nascita. Nondimeno, e ciò è ovvio, chi agisce in nome e per conto di detti enti è destinatario di specifiche norme in tema di responsabilità e verso terzi ed anche nei confronti dell’associazione stessa. Il Titolo II – Libro I del Codice civile – «Delle persone giuridiche» disciplina alcune particolari organizzazioni collettive: dalle persone giuridiche pubbliche ai comitati (dall’art. 11 all’art. 42). Va anche ricordato che, con provvedimento legislativo (legge 15 marzo 1997, n. 59 e regolamento emanato con dpr 10 febbraio 2000, n. 361, nel quale sono inserite le modifiche), sono stati abrogati alcuni articoli di detto Titolo II, comunque non riguardanti l’argomento oggetto di trattazione bensì le modalità (nuove) di riconoscimento delle persone giuridiche private. In tale Titolo II – al Capo II – artt. da 14 a 35 – «Delle associazioni e delle fondazioni» non vi è alcun riferimento alla responsabilità, verso terzi, per le obbligazioni assunte dagli amministratori. Trattandosi, dunque, di associazioni (e fondazioni) riconosciute, vediamo di stabilire «chi» (e con «che cosa») sarà chiamato a rispondere per le obbligazioni dell’ente; senza addentrarci sulla configurabilità della responsabilità degli amministratori (vedi dottrina in materia che cita l’art. 2394 cc «Responsabilità verso i creditori sociali» ) ma richiamando il concetto di «autonomia patrimoniale perfetta» propria delle persone giuridiche, va da sé che, per le obbligazioni sociali, il creditore non può che rivolgersi verso l’ente il quale risponderà con il proprio patrimonio. (Ricordiamo che la «persona giuridica » è un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici distinto dai soggetti che la compongono). Esaminiamo ora, sempre in modo succinto, il Capo III – «Delle associazioni non riconosciute e dei comitati» – artt. da 36 a 42. È l’art. 38 «Obbligazioni» che disciplina la responsabilità degli amministratori in presenza di associazioni prive di riconoscimento: «Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione». È in evidenza, nel primo periodo dell’articolo in commento, che i terzi, per il loro diritto di credito, possono rivalersi sul fondo comune rappresentato da valori patrimoniali quali «cassa», o «banca» o da altri beni presenti nell’attivo patrimoniale. Nel secondo periodo, a ulteriore garanzia patrimoniale è prevista (dunque in via sussidiaria e in qualità di fideiussori – vedi art. 1936 cc) la responsabilità personale e solidale degli amministratori. «Personalmente» sta a indicare che vi è un obbligo ad adempiere come se il debito fosse sorto in capo all’amministratore/i e dunque come debito proprio. «Solidalmente» (vedi art. 1292 cc «Nozione di solidarietà») in quanto ognuno dei debitori può essere chiamato all’adempimento, per intero, dell’obbligazione, di modo che l’adempimento di uno libera tutti. (Fatto salvo, ovviamente, il diritto di rivalsa verso gli altri debitori solidali). Va ricordato che la «responsabilità » ampia prevista nel secondo periodo di detto art. 38 discende dal fatto che, trattandosi di associazioni non riconosciute e dunque prive di ogni forma di controllo e di pubblicità legale, viene di fatto impedita ai terzi la conoscenza della reale consistenza patrimoniale di detti enti, con possibili gravi pregiudizi ai loro diritti di credito.