DI GIUSEPPE MANTICA Danno non patrimoniale risarcibile solo se provato. Una recente sentenza del Tribunale di Lecce (depositata l’undici settembre scorso con il n. 1959/12) ritorna sul tema dei danni subiti da un alunno durante le attività didattiche analizzando i diversi aspetti che la situazione tipica propone. Nel corso di un esercizio ginnico nell’ora di educazione fisica, uno studente riportava una lesione al piede nell’atterraggio sul tappetino dopo il volteggio sull’attrezzo da palestra chiamato cavallina; chiamava, dunque, in causa sia la scuola che il ministero per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subìti. Terza chiamata era, successivamente, la compagnia di assicurazione della scuola per gli aspetti di garanzia patrimoniale. Il primo profilo passato in rassegna dal giudice pugliese riguarda la tipologia della responsabilità che ormai in via indiscussa va inquadrata nella categoria della contrattualità, stante la situazione di diritto che vede l’istituto vincolato con l’alunno per la forma di contatto sociale derivante dall’atto di iscrizione a scuola. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 del codice civile riguardante i contratti sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verifi cato nelle attività del rapporto, all’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile alla scuola. Nel caso trattato, l’alunno svolgeva le attività precipue tuttavia le testimonianze provavano che il tappetino di atterraggio era quello usato per gli esercizi addominali, pertanto più sottile di quanto necessario: da qui la responsabilità dell’istituto. Situazione dalla quale la scuola poteva esimersi soltanto dimostrando il carattere imprevedibile di simile evento stante l’adeguatezza delle spiegazioni offerte dal docente sulle modalità, la suffi cienza del preventivo riscaldamento, o, viceversa da quanto testimoniato, l’idoneità del tappetino. Nulla di tutto ciò è stato versato in giudizio dal ministero e dall’istituto, che si sono limitati ad asserire la fortuità della caduta. Il tribunale ha proceduto con la liquidazione delle spese sostenute e del danno alla persona che ha fatto stimare ad un perito per le invalidità permanente e temporanea, ma non ha assegnato alcun importo a titolo di danno morale ossia delle sofferenze patite dallo studente per l’infortunio. Rammenta il giudice che le originarie (e per certi versi, tradizionali) distinzioni tra danno morale, danno biologico, danno esistenziale, danno da perdita del rapporto parentale e via dicendo non corrispondono ad autonome ipotesi di danno risarcibile, bensì svolgono una funzione meramente descrittiva del tipo di pregiudizio subìto dal soggetto per un danno (complessivamente detto) non patrimoniale. Ciò posto anche per esso aspetto di «danno morale » occorre darne prova (ad esempio cure psicologiche per attenuare gli stati depressivi conseguenti all’evento) non potendosi procedere con una valutazione e quantifi cazione di natura logico-presuntiva. ©Riproduzione riservata