Colpita principalmente dalla recessione economica in Europa, la crescita mondiale continuerà a rallentare leggermente nel 2012 fino al +2,5% (dopo il 2,9% nel 2011), per poi risalire al 2,8% nel 2013. “La capacità di ripresa del commercio mondiale, prevista in crescita del 3,8% nel 2012 e del 5,1% nel 2013, è una buona notizia e sta diventando una priorità per le aziende alla ricerca di un nuovo slancio, ovunque possa essere trovato” – ha dichiarato Ludovic Subran, Capo Economista di Euler Hermes. La zona euro terminerà in recessione nel 2012 (-0,5%) a causa dell’indebolimento delle attività nei Paesi del sud (Grecia, Spagna e Italia) e la crescita debole delle restanti nazioni della regione. “Il rischio maggiore è l’incapacità di risolvere la crisi della zona euro: il deterioramento dei saldi commerciali e lo stress finanziario costano 0,1% di crescita ogni due mesi nella zona euro e, con un effetto domino, 0,1% di crescita mondiale ogni sei mesi “– conclude Subran. Tra i Paesi emergenti, i BRIC stanno vivendo un rallentamento, ad eccezione della Russia, che è stata sostenuta dal prezzo elevato del petrolio nel primo trimestre 2012. La crescita della Cina è scesa al 7,6% rispetto al 9,2% dell’anno precedente, la crescita del Brasile all’1,7% rispetto al 2,7%, mentre l’India cresce come nel 2011 con un tasso del 6,5%.

Il rallentamento economico mondiale si rifletterà inevitabilmente sull’andamento globale delle insolvenze (Global Insolvency Index), atteso in crescita del 4% nel 2012. La tendenza dovrebbe rimanere verso il basso nelle Americhe (- 9%) mentre in tutte le altre regioni mondiali si registrerà un incremento. In Asia la crescita sarà del 4%, nei Paesi del Mediterraneo del 20% (Italia + 12%, in crescita continua negli ultimi 5 anni) ed infine nell’Eurozona la crescita sarà del 14% (Francia + 4% mentre l’area costituita da Germania, Austria e Svizzera. +1%).
La decelerazione della crescita economica nazionale si riflette sull’andamento dei mancati pagamenti delle imprese italiane. Dopo i primi otto mesi del 2012, il numero dei mancati pagamenti (frequenza) nel mercato interno è cresciuto del 30% rispetto allo stesso periodo del 2011, mentre l’importo medio (severità) è in leggera decelerazione: – 2%. Commentando il dato, Michele Pignotti, Capo della Regione Paesi Mediterranei, Africa e Medio Oriente di Euler Hermes, ha dichiarato: “La nostra analisi sintetizza le difficoltà che incontrano le imprese italiane nell’operare sul mercato. Le difficoltà di accesso al credito e il calo dei consumi con la conseguente dilatazione dei tempi di pagamento, inducono le aziende a non onorare i propri impegni, generando un impatto negativo sul credito interaziendale. Nonostante l’incremento dei mancati pagamenti, sia la numerosità che gli importi medi restano decisamente inferiori alla crisi del 2008. Seppur con un trend inferiore, ad agosto, anche il mercato Export segna un incremento degli incagli dei pagamenti, registrando la crescita sia della frequenza (+ 7%) che della severità (+5%).

Oltre al trend economico, Euler Hermes Italia ha voluto verificare lo stato di salute finanziario di quattro settori portanti del made in Italy: alimentare, tessile, meccanica e siderurgia. Dalla banca dati proprietaria composta da 450.000 imprese, sono state analizzate le società di capitale (con fatturato superiore ai 20 milioni di euro) dei quattro settori citati. Emerge un generale alto livello di indebitamento e un basso livello di remunerazione del capitale investito. Tra i quattro settori, oggetto dell’analisi, spicca per virtuosità l’alimentare, con un livello di indebitamento sostenibile, una remunerazione del capitale in crescita e un trend sempre costante anche nel periodo 2008-2009. “La fragilità finanziaria del tessuto imprenditoriale nazionale, specie nel cofronto internazionale, rappresenta da sempre l’elemento discriminante per la competitività del made in italy a livello globale – spiega Michele Pignotti. “Per supportare le imprese italiane e per recuperare il gap di produttività verso le altre economie europee è necessario un rilancio della politica governativa, monetaria,  fiscale  ed industriale. In particolare è necessario che siano messe in atto tutte le azioni che permettano la riduzione dei costi, con priorità per quello dell’energia e dell’ accesso al credito, allo scopo di migliorare la redditività  delle aziende e favorirne gli investimenti in  rinnovamento e ricerca”.