Pagina a cura DI GIUSEPPE BORDOLLI E GIANFRANCO DI RAGO

È dovere dell’amministratore di condominio impegnarsi per tutelare i diritti inerenti le parti comuni. Anche senza autorizzazione diretta dei condomini. E quindi, risponde penalmente l’amministratore che non si sia attivato per eliminare una sconnessione presente sul marciapiede di un’area condominiale che abbia poi causato la caduta di un passante. È proprio in casi del genere che l’amministratore non può difendersi eccependo di non essere stato autorizzato dall’assemblea. Lo ha chiarito la quarta sezione penale della Corte di cassazione nella sentenza n. 34147 dello scorso 6 settembre 2012. Il caso concreto. Un’anziana signora era caduta rovinosamente a terra a causa dell’avvallamento venutosi a creare tra il pavimento e il tombino per la raccolta delle acque refl ue condominiali posto sul marciapiede che dava accesso all’edifi cio. La donna si era quindi procurata una frattura giudicata guaribile in un tempo superiore ai 40 giorni. Per l’accaduto era stato quindi avviato un procedimento penale nei confronti dell’amministratore condominiale, giudicato responsabile per non essersi prontamente attivato per evitare il rischio di incidenti dovuti all’avvallamento e lo stesso era stato condannato alla pena della multa e al risarcimento dei danni sofferti dall’anziana signora, costituitasi parte civile, liquidati in 5.000,00 euro. L’amministratore aveva quindi impugnato la sentenza direttamente in Cassazione, ritenendo di non avere alcuna responsabilità nel caso in questione. La decisione della Suprema corte. L’amministratore condominiale sosteneva che nella specie la sua condotta non fosse penalmente rilevante, difettando nell’ordinamento una norma che lo obbligasse ad attivarsi in casi del genere. In altre parole, l’amministratore contestava di non avere mai avuto alcun incarico dall’assemblea di provvedere alla sistemazione della predetta area né di aver mai ricevuto alcuna segnalazione, da parte dei condomini o di terzi, relativamente alla situazione di pericolo che si era venuta a creare sul marciapiede in questione. Quest’ultimo, inoltre, lamentava il fatto che, secondo l’ordinamento vigente, all’amministratore condominiale sia possibile porre in essere lavori di manutenzione straordinaria soltanto ove connotati dal requisito dell’assoluta urgenza, tanto più che detto dislivello era del tutto visibile e, quindi, non poteva essere qualifi cato come insidia o trabocchetto. Di tutt’altro avviso si è mostrata però la quarta sezione penale della Corte di cassazione, che ha integralmente confermato la sentenza di condanna. I giudici di legittimità hanno infatti confi gurato un’ipotesi di responsabilità omissiva colposa in carico all’amministratore condominiale, che riveste per legge una specifi ca posizione di garanzia rispetto ai pregiudizi che possono derivare ai condomini e ai terzi dalle parti comuni. Secondo la Suprema corte detto obbligo di intervenire per evitare situazioni di pericolo prescinde assolutamente da qualsiasi preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale, così come da qualsiasi preliminare segnalazione proveniente dai condomini, dalla pubblica amministrazione o dai terzi. Inoltre, sempre secondo la Cassazione, dall’ultimo comma dell’art. 1135 del codice civile si ricava la conclusione che l’amministratore ha facoltà di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente, dovendo in seguito informarne l’assemblea. Per i giudici di legittimità è indubitabile il fatto che l’eliminazione di un’insidia o di un trabocchetto esistente su una parte comune rientri nel novero degli interventi urgenti, con conseguente sanzione dell’eventuale condotta omissiva dell’amministratore. © Riproduzione riservata