di Laura Magna

SETTORI IN FERMENTO Se Sparta piange, Atene non ride. Le banche italiane segnano i minimi storici in Borsa e soffrono per le scosse sui titoli di Stato italiani (il 22 settembre i Cds hanno toccato quota 560 e il differenziale con il Bund il record assoluto a 413) che gonfiano i portafogli, ma le assicurazioni non sono da meno. La più esposta in valore assoluto con 47,40 miliardi di euro in Btp, pari al 37,5% del portafoglio obbligazionario complessivo, è Generali; Fondiaria-Sai segue con 14,25 miliardi (il 92,5% del totale); mentre Unipol ha in pancia 6,4 miliardi di titoli del Tesoro (il 62,6% del totale). Intanto venerdì 23 settembre S&P ha rivisto l’outlook su Fondiaria a negative, lasciando invariato il rating a BBB-; nessun impatto su Generali.

CHI RISCHIA DI PIÙ. «Dato che l’attività del gruppo è quasi totalmente concentrata in Italia, fatta eccezione per un piccolo business in Serbia – sostiene Niccolò Dalla Palma, analista di Exane Bnp Paribas – Fondiaria-Sai è chiaramente sovraesposta alle obbligazioni di Stato italiane. Rispetto ai competitor Generali e Unipol, il gruppo è sottoesposto ai corporate e sovraesposto all’immobiliare. Riteniamo che il nuovo management e il nuovo consiglio direttivo necessitino quantomeno di alcuni trimestri per ben definire quanto tempo ci vorrà per ristabilire la solvibilità del gruppo, creare fiducia sulle riserve tecniche, incrementare la valorizzazione dei beni immobiliari e raggiungere il proprio livello di profitto normalizzato, in area 200 milioni di euro». Tuttavia, secondo Barclays Capital, che è bullish sulle prospettive del segmento danni, «Fondiaria, che dal ramo danni trae il 75% dei suoi utili – secondo quanto scrive l’analista Claudia Gaspari – è il titolo migliore per esporsi a questo trend di ripresa: noi vediamo un upside a 2 euro, circa il 32 per cento. Ovviamente la crisi del debito e la debole posizione di capitale ci fanno essere cauti». Il ceo recentemente entrato in Fondiaria, Emanuele Erbetta, ha dichiarato che stabilizzare il Solvency I Ratio rappresenta la priorità visto che lo scorso 4 agosto il coefficiente, nonostante l’aumento di capitale, è sceso nuovamente al 112 per cento. «Il management – continua Dalla Palma – punta a realizzare tale obiettivo attraverso la protezione di partecipazioni strategiche, dismissioni di attività non operative come Ddor in Serbia, aumentando la redditività dei beni immobiliari, il cui tasso di remunerazione è troppo basso, e rivedendo l’accordo con Popolare Vita, che attualmente assorbe troppo capitale. Per quanto riguarda la profittabilità, l’obiettivo del management è portare il combined ratio sotto il 100% nel 2012 e attorno al 97% nel 2013. Ci aspettiamo un combined ratio del 98,8% nel 2012 e di 98,5% nel 2013». La società che potrebbe soffrire maggiormente del rischio debito sovrano è, secondo Barclays, Mediolanum, fortemente esposta ai titoli di Stato italiani e spagnoli, il che fa meritare al titolo giudizio underweight. «Nonostante – spiega Gaspari – la capacità di attrarre flussi monetari grazie a prodotti innovativi, come il conto Freedom che prevedeva di trasferire la liquidità eccedente i 15.000 euro in una polizza vita a rendimento garantito». Underweight anche su Unipol. «Che ha spesso deluso gli investitori negli ultimi anni – sostiene l’analista di Barclays – per l’incapacità di produrre un piano strategico». E i ratio patrimoniali di Unipol non aiutano.

VITA SU CON IL NUOVO FISCO? I titoli del Tesoro fanno pressione anche sul bilancio di Generali che, in ogni caso «è stata la best-performing – afferma Gaspari – tra i suoi peer europei (Axa, Allianz e Aviva, ndr). Nonostante restiamo convinti della sua solidità, proprio per questo exploit e per via del rischio macro, abbiamo ridotto il giudizio sul titolo a equal-weight con target price di 17,3 euro, il che implica comunque un upside potenziale del 38%». In linea con i peer, Generali ha ridotto il valore di mercato delle obbligazioni greche detenute in portafoglio con scadenza 2020, subendo così una perdita al netto delle tasse di 195 milioni di euro. «Un valore – specifica Dalla Palma – superiore alla nostra stima: ipotizzando un hair-cut del 21%, ci aspettavamo perdite per 105 milioni. Tali perdite, sommate alla diminuzione del valore di talune partecipazioni azionarie, hanno determinato profitti minori delle attese. Ciò nonostante, il risultato operativo è stato solido e migliore delle attese in virtù del buon margine tecnico del ramo vita. Il risultato operativo del ramo vita è stato superiore al consensus di circa il 30%». E potrebbe fare anche meglio, dopo la riforma della tassazione imposta dal governo, che ha unificato le aliquote delle imposte sostitutive relative alle rendite finanziarie del 12,5% e del 27%, portandole entrambe al 20%. «Ma la novità – spiega Viviana Dabusti, responsabile area applicazioni tecnologiche e previdenziali di Irsa – non si applica a titoli di Stato ed equiparati che restano al 12,5%, così come ai proventi delle polizze vita». Ne beneficeranno soprattutto gli investimenti di dimensioni maggiori. «Pertanto – precisa Marco Caldana, amministratore delegato di Farad International – più che a un impulso nel collocamento di polizze vita di tipo standard, riteniamo possano aprirsi ulteriori spazi per le polizze a maggiore personalizzazione: in particolare, i portafogli da 500.000 euro euro, sui quali soltanto il maggior onere del bollo sul deposito presso l’intermediario può costare fino a 20 punti base».
PIÙ SOLIDE CON SOLVENCY 2. E mentre le compagnie si muovono in uno scenario macro difficile, arriva la direttiva europea Solvency 2: l’entrata in vigore è fissata per il 1 gennaio 2013, una scadenza non così lontana come sembra. Le società si stanno già attrezzando. «Per garantire in misura maggiore la solvibilità dei vari player del settore assicurativo – aggiunge Nicolas Blanc, responsabile della ricerca istituzionale di Exane Derivatives – Solvency 2 imporrà un livello di patrimonio netto minimo o Solvency Capital Requirement che non si basa più su una semplice valutazione contabile degli impegni ma sui rischi complessivi, e in particolare quelli generati dagli asset finanziari ai quali la compagnia assicurativa è esposta». L’obiettivo di tale importo è coprire il value-at-risk della situazione netta attivo-passivo, con un intervallo di confidenza del 99,5% su un orizzonte di un anno. «Grazie a tale livello di patrimonio netto – conclude Blanc – il fallimento di una compagnia assicurativa può verificarsi teoricamente soltanto una volta ogni due secoli».