E ora rimane solo da decidere chi farà parte del potente comitato nomine di Mediobanca. Anche se il termine per le disdette al patto di sindacato è fissato per fine mese (finora a dare l’addio sono state Sal Oppenheimer, Commerzbank e Santander) e il rinnovo del cda è in programma con l’assemblea del 28 ottobre, di fatto i giochi nella merchant bank si sono chiusi con l’approvazione dei conti dell’ultimo esercizio avvenuta mercoledì 21 settembre.
L’ipotetica ascesa di Diego Della Valle nel board è infatti apparsa e sfumata nel breve giro di una manciata di giorni. E, deciso il nuovo consiglio (escono Antoine Bernheim e Jean Azema, entrano Anne Marie Idrac, Pierre Lefevre ed Elisabetta Magistretti), sono stati confermati al vertice del gruppo il presidente Renato Pagliaro, l’ad Alberto Nagel, il direttore generale Francesco Saverio Vinci e i due vicepresidenti uscenti Dieter Rampl e Marco Tronchetti Provera. Insomma tutto come prima.
E il titolo infatti, che pure ad agosto aveva retto abbastanza alle turbolenze sul mercato, è tornato a scendere. Nonostante gli utili di esercizio si siano rivelati un po’ meglio rispetto alle stime di consenso e la cedola sia rimasta invariata sui livelli dello scorso anno a 0,17 euro (nel frattempo il titolo ha però perso il 20%).
Divisi gli analisti all’indomani della pubblicazione dei dati e in attesa che, nel corso dell’assemblea, vengano date delle indicazioni programmatiche sul nuovo triennio. Centrosim consiglia ai propri clienti di vendere il titolo con un obiettivo di prezzo a 6 euro. I più preferiscono prendere tempo. Hanno un giudizio hold Equita Sim e Banca Akros (entrambi a 6,8 euro), mentre suggeriscono l’acquisto Banca Imi (a 6,18 euro), Banca Leonardo (a 6,9 euro), Nomura (a 6,8 euro) e AlphaValue (a 6,83). Più decisa S&P che, dopo aver tagliato il rating sul debito del Paese, ha replicato la mossa anche per Mediobanca passando da A+ ad A, con outlook negativo. Una decisione che non ha turbato Vincent Bollorè, capofila del gruppo C degli investitori esteri del patto e vicepresidente di Generali: «Io continuo ad acquistare azioni Mediobanca», ha ribadito il finanziere francese che recentemente è salito al 5,47% della merchant bank dove comunque è autorizzato ad arrivare fino al 6%.
Tornando ai numeri, Mediobanca ha chiuso l’esercizio con un utile netto di 369 milioni di euro, in calo dell’8% rispetto allo scorso anno dopo l’impatto di svalutazioni per 238 milioni derivanti da rettifiche su partecipazioni azionarie per 155 milioni (120 riferibili alla quota in Telco) e su obbligazioni per 120 milioni di cui 109 su titoli di Stato greci. Altri 38 milioni poi sono relativi a un anticipo di oneri derivanti dalle svalutazioni su Telco e Grecia effettuate da Generali nel primo semestre. Il margine di intermediazione è rimasto poi praticamente invariato a 2 miliardi (-0,8%) così come la raccolta stabile a 52 miliardi (di cui 60% da clientela retail). Confermata infine la solidità patrimoniale con un Core Tier 1 all’11,2% dall’11,1% al giugno 2010. Quanto al prossimo futuro il gruppo punta a rafforzare la sua presenza all’estero nel corporate e investment banking con l’apertura di sedi in Cina e in Turchia, mentre resta in stand-by il progetto tunisino annunciato lo scorso anno prima dello scoppio delle rivoluzioni nel mondo arabo. Sono in corso discussioni per l’apertura di filiali tra la fine del 2011 e il 2012 nei due Paesi. Il gruppo è già presente in Germania, dove sta crescendo, in Spagna, Francia e Gran Bretagna; l’estero contribuisce attualmente al 50% dell’utile della divisione Cib (Corporate & investment banking).