Economisti e analisti divisi sul provvedimento da 45,5 miliardi che approderà in aula al Senato martedì I continui ripensamenti del governo hanno confuso il mercato che ora è scettico sugli effetti delle misure

Dopo mille giravolte, la manovra bis ha preso lentamente forma. Dribblando le polemiche all’interno della maggioranza e le bordate dell’opposizione, il premier Silvio Berlusconi e i suoi fedelissimi hanno messo nero su bianco gli emendamenti che – così hanno promesso in agosto davanti alla Banca centrale europea e alla comunità internazionale – riporteranno l’Italia sui binari giusti. Quelli del pareggio di bilancio da qui al 2013. La sfida però è più aperta che mai, anche perché il provvedimento originariamente messo a punto dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è stato progressivamente smontato e svuotato dei suoi interventi più incisivi. Per Confindustria l’imperativo sarebbe dovuto essere di tutt’altra pasta: quello di coniugare il rigore dei conti pubblici con la crescita. Per l’economista Mario Monti la falla si trova nella «mancanza di chiari messaggi che potrebbero far nascere diffidenza nei confronti della capacità del Paese di andare sulla strada definita, verso l’equilibrio finanziario». Da qui a dire che la ricetta da 45,5 miliardi imbastita da Palazzo Chigi convince poco il mercato, il passo è breve. Anche se non tutto è da buttare via. Questo, in sintesi, il segnale che emerge dal sondaggio ad hoc effettuato su economisti, analisti ed esperti di settore da Borsa&Finanza. Viene fuori un’istantanea in bianco e nero: si apprezzano gli sforzi compiuti dal governo, ma si chiede un’ulteriore lezione di concretezza davanti a un barometro che prevede ancora un settembre burrascoso per Piazza Affari.

NON È ANCORA FINITA. Martedì 6 settembre si tornerà in trincea. Quel giorno la manovra d’Italia approderà nell’aula del Senato. Per gli analisti economici delle banche d’affari il tempo delle discussioni è terminato. Come osserva Fabio Fois, economista di Barclays Capital, «in questo momento il punto chiave è il timing. È fondamentale che il pacchetto sia approvato rapidamente. Abbiamo già assistito a estenuanti dibattiti nelle ultime settimane. Di fronte a nuovi tentennamenti il mercato rimarrebbe spiazzato: potrebbe interpretarli come una mancanza di commitment, che andrebbe a ledere la credibilità dell’intera manovra». E, in effetti, le avvisaglie in Borsa dell’ultima settimana non promettono nulla di buono. Piazza Affari ha vissuto un altro round di giornate in preda alla volatilità e al nervosismo. Anche sul mercato secondario non è andata meglio. Da mercoledì 31 agosto lo spread tra il Btp e il Bund, l’indicatore che svela quanto l’Italia è ritenuta affidabile rispetto alla la Germania, ha ripreso quota tornando a rivedere la soglia dei 300 punti base col rendimento sul decennale italiano schizzato al 5,18%, ossia riproponendo un copione noto: quello dello sconcerto degli operatori davanti al caos che ha regnato intorno alla manovra. «L’Italia di Berlusconi è inciampata in una raffica di piani di austerità. Nell’arco di due mesi il premier ha svelato una valanga di misure e contromisure da far girare la testa alla Borsa di Milano», è stato il commento netto apparso giovedì primo settembre sulle colonne del Wall Street Journal. L’asta di Btp, andata a buon fine il giorno prima, martedì 30 agosto, ha dimostrato in realtà che il mercato è ancora disposto a comprare carta italiana e a finanziare l’enorme debito pubblico tricolore, ma si sono assottigliati gli investitori coraggiosi pronti a buttarsi nella mischia. Colpa in parte dell’avversione al rischio generalizzata, che ha contagiato anche gli altri bond dei paesi periferici europei. All’ombra dello Stivale a remare contro sono stati soprattutto i continui cambiamenti della manovra. Senza contare che come ravisato da Tommaso Federici, responsabile area gestioni di Banca Ifigest «di strutturale e orientato alla crescita c’è veramente poco, e tutte le continue modifiche che vediamo uscire questi giorni sono miopi e dettate unicamente da ragioni elettorali». Se nelle settimane scorse la forbice tra il Btp e il Bund si è mantenuta sotto i 300 punti, con il rendimento in calo intorno al 5% da un massimo storico del 6,40% raggiunto il 5 agosto scorso, lo si deve solo ed esclusivamente all’intervento della Bce, che ha fatto incetta di titoli di Stato italiani. Ma l’attivismo dell’Eurotower, intervenuto anche negli ultimi giorni sul secondario per effettuare nuovi acquisti e contenere i costi del debito italiano, potrebbe arrivare al capolinea se dai palazzi politici di Roma non arriverà la definitiva fumata bianca. «L’azione della Bce è stata fondamentale nell’abbattere gli interessi dei titoli di Stato italiani e permettere al Paese di potersi finanziare sui mercati a tassi più bassi», ha riconosciuto Michael Leister, analista di WestLB Ag a Londra. «Ma l’azione dell’Eurotower non potrà proseguire in eterno», avverte il membro del consiglio direttivo dell’istituto centrale europeo Ewald Nowotny. Dall’altra parte «il programma della Banca centrale di comprare debito sovrano non è uno strumento di politica monetaria. Non è uno strumento permanete della Bce. È solo una soluzione temporanea».

DIBATTITO APERTO. Eppure, al di là della moral suasion della Bce, sono diversi gli analisti convinti che le misure portate avanti da Roma avranno effetti recessivi sul sistema Italia. Per il membro del board della Bce, il tedesco Juergen Stark, il rafforzamento dei conti pubblici non implica necessariamente un impatto negativo sulla crescita economica. Non ha dubbi in merito neanche Loredana Federico, economista italiana di Unicredit Research: «La manovra va nella direzione giusta perché prosegue il processo di consolidamento fiscale. Pertanto consentirà una progressiva riduzione del rapporto deficit/ Pil che dovrebbe attestarsi al 3,8% a fine 2011, ma soprattutto porrà il debito pubblico su un sentiero discendente dopo il picco a 120,1% toccato quest’anno». Come se non bastasse la crisi sovrana, è arrivato lo spauracchio della recessione a complicare le giornate di chi opera sul mercato. Da qui la considerazione che «una criticità della manovra bis nasce dal fatto che ora si innesta in un mutato e più debole contesto internazionale». «Stiamo attraversando una fase di rallentamento globale più severa rispetto a quanto previsto agli inizi di luglio, quando è stata annunciata la prima manovra, aggravata dall’acuirsi delle tensioni sui mercato finanziari, e pertanto ci aspettiamo un impatto significativo sulla crescita economica per quest’anno e per il prossimo anno, quando si aggiungerà l’impatto della manovra fiscale. Tuttavia – segnala la Federico – a fronte di un contesto economico più debole, l’intervento addizionale previsto dalla manovra bis dovrebbe consentire di lasciare sostanzialmente immutato il piano di rientro del debito pubblico previsto con la prima manovra. Questo è un messaggio senz’altro positivo». A fare da spartiacque saranno le misure a sostegno della crescita quali le liberalizzazioni, la riforma del mercato del lavoro e gli interventi sulle privatizzazioni del Paese. L’imperativo per Roma sembra essere uno solo: fare in fretta a trovare la quadra. Il Ftse Mib che da inizio agosto ha perso il 15,5% del suo valore, è lì a ricordarlo. C’è chi sostiene che sarà niente in confronto alle prossime settimane. Secondo gli esperti di Equita i mercati azionari hanno incorporato uno scenario negativo, ma
– dicono sibillini – potremmo non avere ancora toccato il fondo. «Per qualche settimana saremo sommersi di notizie negative sul fronte macro e micro e tensioni politiche, con possibile upside risk rappresentato da una crescente pressione sia interna alla Unione europea sia internazionale a trovare la soluzione della crisi dell’Euro». Non solo. «La svolta – avvertono – non è matura, la tensione sull’Euro dovrà toccare nuovi picchi». Nell’attesa che arrivi il giorno del giudizio, oltre a votarsi a un portafoglio all’insegna della liquidità, anche il premier Berlusconi dovrà fare la sua parte
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