«Vogliamo continuare a crescere nei danni, dove siamo migliorati nel combined ratio di circa due punti, mentre vogliamo salvaguardare il posizionamento nel vita, la cui redditività è stata confermata a livelli di eccellenza anche in questo difficile 2011».
Più in particolare, puntualizza Giovanni Perissinotto, Group Ceo di Generali, «vogliamo rafforzare il ruolo nell’Europa dell’Est, mercati nei quali il combined si colloca al di sotto del 90 per cento; uno dei migliori del gruppo e di tutti gli operatori presenti nell’area». Ma nel contempo, prosegue, «vogliamo sviluppare l’asset management in linea organica in Italia, dove Banca Generali ha ottenuto ottimi risultati ed è diventata un benchmark per tutto il settore, mentre Bsi proseguirà nella sua crescita esogena con focus sull’Asia» dove il gruppo ha già ottenuto risultati importanti, attraverso la sede di Bsi a Singapore. Area nella quale sono confermati gli ambiziosi target di 30 miliardi di dollari di masse gestite entro il 2015; 15 volte superiori ai 2 miliardi del 2008. Ricordiamo al riguardo che Generali è presente in Asia anche con la joint venture con i cinesi Guotai, uno dei principali operatori del mercato; joint che consente a Generali di operare nel settore degli investimenti istituzionali in Cina e allo stesso tempo di offrire la possibilità agli investitori asiatici di investire in Europa.
Iniziative importanti sono previste anche nel vita perché, precisa il capo azienda, «vogliamo salvaguardare i soddisfacenti margini di profittabilità lavorando sull’efficienza operativa e la vendita di prodotti con minor assorbimento di capitale». In sostanza, conclude, «vogliamo rafforzare il peso delle coperture di rischio anche in ottica Solvency».
Una serie di attività i cui effetti emergeranno appieno nei prossimi anni, ma presenti nei conti in esame. Il gruppo, grazie al buon andamento del primo semestre si è infatti indirizzato su un percorso virtuoso e si prepara a chiudere il 2011 con buoni risultati se non subentreranno altri fattori esogeni quali quelli scatenati sui mercati finanziari da una agguerrita speculazione.
Il 2011 dovrebbe in sostanza riflettere i progressi evidenziati nei primi sei mesi sui principali mercati e in pressoché tutte le aree di business. I premi emessi dovrebbero così collocarsi nell’intorno di 74 miliardi, di cui 51 nel vita, che resterà sostanzialmente stabile, e quasi 23 nei danni, che dovrebbe presentare una crescita di circa il 2% riproponendo i dati dei primi sei mesi.
E se non ci sarà un ulteriore deterioramento dello scenario finanziario il risultato operativo dovrebbe fissarsi in prossimità dei 4,5 miliardi, raggiungendo la parte alta del range fissato nei target comunicati al mercato: fra i 4 e i 4,7 miliardi. Un risultato a cui contribuirà in modo significativo il vita poiché l’utile operativo dovrebbe restare sostanzialmente stabile a circa 3 miliardi.
Di rilievo assoluto i progressi nei danni poiché il contributo dei rami elementari dovrebbe crescere a circa 1,5 miliardi merito dei progressi nel combined ratio. Tale indicatore dovrebbe migliorare di quasi due punti, scendendo al di sotto del 97 per cento, con l’Italia che registra un progresso di duetre punti intorno al 97%. Risultati che lasciano ben sperare sulla possibilità che il target del 96% sia raggiunto in anticipo sui tempi previsti. Positivo, come ricordato, l’andamento dell’Est Europa, che dovrebbe presentare un risultato operativo in ulteriore progresso poiché dovrebbe superare di slancio i 400 milioni per tendere a 450 milioni. Buona l’evoluzione attesa in Germania, che dovrebbe mantenere la sua ottima combined tra il 95 e il 96 per cento.
Dinamiche che lasciano ben sperare poiché l’attuale velocità di crociera del gruppo permette di ipotizzare un l’utile netto che potrebbe collocarsi in prossimità di 1,8 miliardi, con un apporto del secondo semestre di un miliardo e quindi sostanzialmente simile ai dati del primo semestre depurati dalle svalutazioni salvo il sopraggiungere di ulteriori scossoni. Un risultato a cui darà un contributo la redditività media degli asset under management di terzi, che, come ricordano con orgoglio, è la più elevata fra i competitors. Generali, con masse di terzi in gestione per 100 mld di euro, presenta infatti un risultato operativo stimabile a circa 400 milioni a fine anno sulla base di una redditività che dovrebbe confermare i dati del primo semestre, quando è stata di 40 punti base.
Tiene invece il patrimonio netto, in flessione dell’1,5% a 17,231 miliardi dopo aver conteggiato 699 milioni di dividendi e iscritto 806 milioni di utile; flessione ascrivibile alla riduzione della riserva avaiable for sale per 360 milioni derivanti per 120 milioni dagli investimenti in equity e per 249 dalla componente bond. Una dinamica che però non preoccupa eccessivamente il colosso triestino delle polizze poiché, come precisa Perissinotto, «la nostra struttura patrimoniale è solida ed equilibrata e la generazione di cassa reveniente dalla gestione corrente ci permette di sostenere tutti i piani di crescita organica previsti dai nostri progetti di medio termine oltreché sostenere l’assegnazione di un dividendo interessante per gli azionisti e far fronte al servizio del debito».
Chiaro però che, prosegue il capo azienda, «se dovessimo attuare operazioni straordinarie dovremo trovare le forme per finanziarle». Ma, aggiunge, «oggi non vediamo nessun target». E fra le operazioni straordinarie, conclude Perissinotto, «è esclusa quella russa, ove abbiamo individuato il Gruppo Vtb come possibile partner per costituire una joint venture dove entrambi apporteremo gli asset presenti nell’area sviluppando poi il business con investimenti su: prodotti, piattaforme informatiche/tecnologiche, rete quant’altro sia funzionale alla crescita».
Una operazione che, «faremo ogni sforzo per portarla a termine entro l’anno anche perché noi vogliamo crescere e completare la presenza nell’Est Europa estendendola alla confederazione Cis con Bielorussia e Ucraina; l’area ove sarà attiva la joint che stiamo costruendo con i russi di Vtb». Area popolata da oltre 200 milioni di abitanti e «con un alto potenziale di crescita e dove il business va bene sia nei danni che nel vita». Ed è proprio per cogliere queste grandi opportunità di sviluppo che, continua il Ceo, «abbiamo predisposto le condizioni per realizzare un accordo profittevole, che vada oltre la bancassurance e si estenda ai canali diretti per il retail e ai brokers per il corporate». Una trattativa che però è stata complicata dalle turbolenze che si sono abbattute sui mercati finanziari, anche se a Trieste sono ottimisti sulla possibilità di concludere in modo profittevole entro fine anno.

Titolo ai minimi dei cinque anni penalizzato in eccesso dal rischio Paese

Le tempeste che hanno percosso i mercati finanziari nelle ultime settimane continuano a scaricare sulle borse tuoni e fulmini con effetti terrificanti sulle quotazioni delle aziende, la cui volatilità ha raggiunti livelli di vera eccezione. Dinamica riproposta da Generali, che anzi registra valori ancora più marcati proprio perché viene assimilata a un titolo finanziario esposto al mercato domestico e quindi anche al destino di quel debito pubblico del nostro oggetto di aspri e virulenti attacchi da parte della speculazione.
Un errore tecnicamente macroscopico perché, come sostengono gli analisti particolarmente attenti a questi fattori, «Generali è profondamente diversificato anche geograficamente, tanto che in Italia, sulla base dei dati semestrali, raccoglie il 27,7% dei premi lordi consolidati, mentre l’esposizione ai bond domestici è importante, essendo pari a 51 miliardi sulla base dei dati semestrali, ma marginale se comparata con i quasi 500 miliardi di attivo investito a livello di gruppo».
Nonostante ciò, comunque, Generali ha subito un profondo ridimensionamento e mercoledì 14 settembre ha segnato l’ennesimo minimo a quota 10,7 euro; valore pericolosamente vicino al minimo “storico” dell’ultimo lustro registrato il 9 marzo del 2009 a 9,845 euro. Quotazione, questa ultima, inferiore di oltre il 70% rispetto al massimo degli ultimi cinque anni fatto segnare il 29 ottobre 2007 a quota 33,11 euro. Un picco a cui ha fatto seguito quell’inesorabile riduzione di valore che ha portato i prezzi delle azioni del colosso triestino delle polizze ai minimi citati.
Un tracollo che nella sostanza ha riproposto l’andamento dell’indice di settore e del mercato nel suo complesso. Sulla base delle quotazioni di mercoledì 14 settembre Generali presenta infatti una performance negativa del 24,20% su tre mesi e un crollo del 29,77% sui mesi. Un periodo nel corso del quale il DJ Stoxx insurance ha perso il 32,2% e il Fitse MIB il 37%; valori prossimi ai principali competitor in quanto Allianz e Axa nel periodo considerato hanno perso entrambi più del 40 per cento. Una dinamica che nella sostanza si ripresenta anche nel grafico che confronta dati a un anno data.
Dati da cui emerge la forza di una speculazione che penalizza in modo feroce e sovente senza selezione mercati e titoli, facendo leva troppo spesso sull’emergere di rumor per la gran parte prive di fondamento e troppo spesso “veicolate” ad arte. Penalizzazione considerata eccessiva ingiustificata dagli analisti, tanto che, dei 33 che seguono Generali, solo 4 suggeriscono di alleggerire le posizioni, mentre 11 consigliano di comprare e 17 di mantenere le posizioni in attesa della fine degli attacchi all’Italia.

Portafoglio con troppi Btp solvency e tema governance

Generali presenta una semestrale superiore alle attese e gli analisti hanno apprezzato il grande lavoro che sta alla base di questi risultati, ma tutto ciò è svanito sotto i colpi inferti da una speculazione che continua ad imperversare indisturbata. La volatilità resta quindi decisamente elevata, mentre i timidi tentativi di imboccare un percorso di recupero vengono annichiliti da una speculazione che si abbatte come un ciclone ogni qual volta emergono “rumor” in grado di scatenare le vendite. Ed ecco quindi che la quota di titoli di Stato detenuti in portafoglio diventa argomento di downgrade e lo stesso per il tema della Solvency o per quella governance che per molti resta al di sotto dell’ottimale.
L’esposizione al rischio Italia. Lo scenario attuale penalizza in misura marcata il titolo Generali, a cui gli analisti tagliano progressivamente il prezzo obiettivo anche perché continua a salire il rischio implicito in un gruppo che ha rilevanti investimenti in titoli pubblici. Quelli che fino a poco tempo fa rappresentavano un investimento conservativo e super garantito si sono oggi trasformati in una zavorra che rischia di far naufragare anche la nave più solida. E questo anche se i titoli del debito pubblico italiano rappresentano poco più del 10% degli attivi investiti (vedere servizi in pagina).
Solvency e solidità patrimoniale. Generali presenta risultati gestionali in netto progresso e una struttura patrimoniale più solida ma il titolo continua a soffrire in Borsa anche perché, come ricordano gli analisti, “ha una solvency buona ma non eccellente se confrontata con i principali competitor, mentre lo spettro di un aumento di capitale potrebbe presentarsi se in Europa continuerà a peggiorare la congiuntura”.
La governance. Il mercato si attendeva una sterzata significativa sulla governance dopo le contrapposizioni che hanno caratterizzato la presidenza di Cesare Geronzi, con annessi pure gli inutili e costosi rifacimenti degli uffici milanesi e romani, ma questa sterzata non c’è stata e ancora oggi, come sottolineano i più critici, alcuni elementi dello staff che affianca i Ceo forse non sono pienamente all’altezza del compito loro assegnato.

Gli analisti restano prudenti ma non mancano i “buy”

Equita conferma il buy con target price a 16,5 euro perché ha conseguito un deciso progresso nella redditività dei danni e continuerà a crescere nel vita, ove i margini si mantengono interessanti. Intermonte rilancia l’outperform con target a 16 euro perché tratta a multipli depressi e questo non è giustificato anche perché ci aspettiamo una crescita degli utili. Mediobanca passa da neutral ad outperform con target a 19 euro perché tratta a sconto e ci aspettiamo un netto progresso nella redditività. Banca Leonardo mantiene l’underweight perché nell’attuale scenario dei mercati incorpora più elementi di rischio che opportunità. Banca Akros ribadisce l’accumulate perché il titolo presenta buone potenzialità di performance e pur avendo ridotto il target da 18 a 14,5 euro per incorporare congiuntura peggiore e aumento rischi. Deutsche Bank mantiene l’hold ma lima il target da 14 a 13,2 euro per adeguarlo al maggior livello di rischio implicito nella dinamica dei mercati. Banca Imi ripropone l’add con target a 15,5 euro perché il primo semestre è stato incoraggiante, con deciso recupero dei risultati tecnici danni e crescita nel vita, ove la redditività si mantiene buona. Kepler passa da hold a buy con target a 18 euro perché il primo semestre è stato in linea con le attese pur scontando le svalutazioni. Natixis conferma il neutral ma il target scende da 16,3 a 14 euro per incorporare i maggiori rischi impliciti nell’attuale scenario di mercato. SocGén presenta un buy con target a 15,3 euro perché apprezza le performance del vita, i progressi nei danni e le buone notizie sulla solvibilità. Ubs resta in neutral e riduce il target da 15 euro a 12,5 euro perché gli indici di solvibilità sono inferiori ai competitor, mentre risultano positivi i dati su vita e danni. Merrill Lynch ribadisce il neutral con target limato da 17,5 euro a 16 euro per i maggiori rischi impliciti nell’attuale scenario ed anche se i risultati operativi sono stati al di sopra delle stime. Exane conferma il neutral, ma aumenta il target price a 15 euro per la capacità di raggiungere un risultato operativo superiore alle attese grazie anche alla performance operativa del segmento vita. JP Morgan mantiene il neutral e apprezza le performance del vita, che hanno permesso i progressi nei risultati del primo semestre, ma ricorda pure che le svalutazioni siano state superiori alle attese.