di Maurizio Bufi*

 

Nel corso di questa estate la crisi economica, le turbolenze finanziarie e le manovre governative hanno tenuto banco, e non poteva essere altrimenti, in considerazione della gravità della situazione, che ha coinvolto l’Italia, nel contesto di una criticità di tutta l’area dell’euro. Quello che ha colpito, ma non del tutto stupito i commentatori più accorti e preparati è stata la virulenza del fenomeno speculativo, che ha attaccato le parti deboli della struttura economica e finanziaria europea, a cominciare da quei Paesi che, non avendo i conti in ordine, sono i più vulnerabili. Inoltre, la constatazione che stavolta si parla di rischio sul debito sovrano, cioè del possibile fallimento di uno Stato, ha realmente colpito l’immaginario delle persone, che nel nostro caso sono i risparmiatori. Ebbene, anche qui, i più accorti e preparati, nonché lungimiranti, hanno messo in guardia dal rischio del contagio, poiché consapevoli che nella nostra epoca anche gli Stati, una volta «sovrani», oggi non lo sono più, poiché sono cambiati, almeno nell’ultimo decennio, i paradigmi dell’economia e della finanza. C’è chi ne ha preso atto e chi no, a cominciare da molti rappresentanti della politica e del governo, anche italiani. Questa breve premessa ci consente di affermare che, come abbiamo osservato più volte di recente, il risparmiatore che ha preso o si accinge a prendere decisioni sull’allocazione delle proprie risorse, è molto disorientato e preoccupato, tanto più se non è accompagnato o assistito da un professionista del risparmio. Eravamo e rimaniamo convinti che se c’è un contesto dove può essere esaltata la figura del professionista, questo si caratterizza da un alto profilo di incertezza, volatilità e problematicità delle scelte in campo finanziario. Quando le criticità si acuiscono, lo sforzo si moltiplica e le competenze si misurano con la realtà degli eventi. Ed è quello che provano a fare i promotori finanziari nell’azione quotidiana di affiancamento attivo con i propri clienti, sia sul versante informativo sia su quello consulenziale, innanzi tutto rafforzando e valorizzando i concetti che, in questi decenni difficili, hanno caratterizzato l’azione della nostra categoria: la pianificazione, la gestione del rischio, la consulenza. Certo, non nascondiamo che anche il più attrezzato di noi può avere dei momenti di riflessione e demotivazione di fronte all’ampiezza delle difficoltà e delle problematicità della crisi che stiamo attraversando, anche per il carattere di novità che essa mostra di avere, e che richiederebbe anche un investimento in formazione più adeguato e un approccio culturale diverso, a partire dalle società per cui ciascuno di noi opera. Ma è importante mantenere fermi i capisaldi della nostra professione, quelli che ci hanno consentito di essere, tra i canali distributivi, quello più apprezzato dai propri clienti. Per superare le crisi, anche quelle di identità e di trasformazione, bisogna però avere uno slancio e una lucidità pari alla gravità del contesto, occorre cioè raccogliere tutte le energie possibili di tutti gli attori del mercato e investire nella professione. Ciascuno di noi può fare molto consolidando il rapporto con il risparmiatore, o sostenendo il collega in difficoltà, ma è chiaro che bisogna uscire dalla logica individuale e affrontare i problemi con una visione d’insieme, cioè «fare sistema» con tutta l’industria del risparmio gestito, con le istituzioni e i regolatori, con la politica. A cominciare dalle società mandanti, da come si posizioneranno sul mercato e dalla loro reale volontà di valorizzare il ruolo e l’immagine del promotore finanziario, con particolare riguardo al ricambio generazionale, a quando l’industria del risparmio gestito si convincerà finalmente che è il promotore finanziario a fare la differenza nel garantire stabilità alla distribuzione, e non le banche o altri canali, dopo oltre dieci anni di evidenze empiriche in tale direzione, alla capacità della politica di risolvere alcuni pregiudizi nei confronti degli operatori, rendendo l’attività più appetibile e incentivando l’investimento di lungo periodo e l’allocazione efficiente del risparmio, soprattutto con una politica fiscale non distorsiva. Ci sono segnali contrastanti in questa direzione, ma ce ne sono anche di incoraggianti. Una cosa è certa, l’Anasf perseguirà con fermezza e determinazione questo ruolo propositivo di stimolo e confronto con gli attori del mercato, in quanto portatrice di una visione non corporativa, ma aperta, dove gli interessi economici dei promotori finanziari, intesi come normale fonte di remunerazione professionale, si coniugano con le esigenza di tutela dei risparmiatori e di una reale crescita della consapevolezza delle scelte e degli interlocutori a cui rivolgersi. (riproduzione riservata)

*presidente dell’Anasf, Associazione nazionale promotori finanziari