Il Consiglio di Stato ha dato ragione alla Provincia di Pisa nella causa contro Dexia-Depfa creando un precedente a favore degli enti locali che potrebbe innescare un’ondata di cause per almeno 30 mld. Pronte Firenze, Lazio, Toscana, Piemonte

I contratti derivati tra banche ed enti locali sono potenzialmente annullabili. Ci sono voluti quasi quattro mesi, ma alla fine il Consiglio di Stato ha prodotto una sentenza che per la sua forza cambierà per sempre i rapporti tra banche ed enti locali, innescando un’ondata di cause senza precedenti che varranno almeno 30 miliardi. Un boomerang gigantesco per tutti gli istituti italiani e stranieri che in questi anni hanno fatto affari, non sempre trasparenti, all’ombra dei campanili d’Italia. Il caso è quello ormai noto della Provincia di Pisa e della causa contro Depfa e Dexia. Dopo una lunga battaglia passata anche da tentativi di accordi extragiudiziali, l’amministrazione toscana aveva depositato a inizio anno un ricorso al Consiglio di Stato perché venisse riconosciuta la caducazione del contratto. In parole povere, perché alla sospensione in autotutela seguisse l’annullamento totale dell’interest rate swap da 95,5 milioni stipulato tra le parti il 4 luglio del 2007. Ebbene, dopo una lunga attesa ieri il Cds si è espresso innanzitutto disciplinando che «la competenza sugli atti amministrativi relativi alla ristrutturazione del debito della Provincia di Pisa è della giustizia amministrativa e non di quella ordinaria». Inoltre, per quanto riguarda il legame tra atto amministrativo e contratto con le banche «in virtù della stretta consequenzialità tra l’aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, l’annullamento giurisdizionale ovvero l’annullamento a seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato» scrive il Consiglio di Stato, ravvisando una fattispecie di simul stabunt, simul cadent (come insieme staranno così insieme cadranno). In particolare, poi, riconoscendo l’esistenza di costi occulti e la conseguente non convenienza economica, ha disposto la nomina di un consulente che ora ne valuti l’entità.
Un verdetto schiacciante «che – commenta il dg della Provincia di Pisa, Giuliano Palagi – rappresenta una grande lezione di diritto, nonché una sentenza storica che deve indurre a una riflessione le banche nei confronti delle quali, peraltro, abbiamo sempre avuto un atteggiamento positivo e disponibile. Nel complesso noi, insieme all’Upi, siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto e auspichiamo che al più presto il Tesoro elabori il regolamento tanto atteso in materia, prendendo anche spunto dalla nostra esperienza tutelando gli enti locali e, di riflesso, i contribuenti italiani». Una questione aperta – quella del regolamento – che rimanda ora alle conseguenze di questa sentenza sull’esposizione degli enti locali italiani in derivati: almeno 30 miliardi di euro. «Diversi enti locali – racconta Palagi – attendevano questo verdetto per seguire le nostre orme». Sul piede di guerra sarebbero già pronte Verona, Firenze e Benevento. Ma anche le Regioni: in testa Lazio, Piemonte e Toscana. 
Di fatto, è atteso comunque un vero e proprio tsunami se si tiene conto che sono quasi 500 gli enti locali coinvolti e oltre 800 i contratti vigenti. Certo non in tutti i casi c’è stata malafede e la responsabilità sarà imputabile alle banche e il contratto quindi annullabile. Tuttavia, laddove l’ente avesse seguito le stesse orme di correttezza della Provincia di Pisa il verdetto in aula sarebbe assicurato. Per non parlare del risarcimento su cui (nel caso di Pisa) si potrà capire di più dopo l’analisi del consulente tecnico. Una cosa è certa: sul fronte derivati, manca da tre anni un regolamento ad hoc che ora non è rimandabile. Anche se, complici le difficoltà finanziarie, i tempi del varo non sono certi.