di Francesco Ninfole

 

A tre anni esatti dal default di Lehman Brothers, avvenuto il 15 settembre 2008, il sistema finanziario si è rafforzato ma non è ancora al riparo da rischi, soprattutto in Europa. Le banche sono più capitalizzate e, nonostante le recenti difficoltà, hanno maggiore liquidità rispetto al 2008.

 

Però oggi non c’è più un salvatore di ultima istanza, visto che i governi, anche per effetto dei numerosi salvataggi bancari, non possono correre più in aiuto degli istituti. Inoltre resta la possibilità di un default di uno o più Paesi dell’Eurozona e di una disgregazione della moneta unica, sebbene l’eventualità sia stata fermamente respinta da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Un bilancio degli ultimi tre anni è stato tracciato da Nomura, proprio la banca giapponese che ha rilevato gli asset di Lehman in Europa e Asia. I segnali di miglioramento sono significativi: gli analisti hanno osservato che il Core Tier delle banche europee è passato dai minimi del 6,4% durante la crisi al 10,6% attuale; le sofferenze sono scese dal 4,6% al 4,2%; i prestiti sono scesi dal 124% al 116% dei depositi. La minaccia degli asset tossici è oggi inferiore: il mercato dei subprime valeva 2.400 miliardi e ha prodotto 1.000 miliardi di perdite, mentre le svalutazioni su Grecia, Irlanda e Portogallo hanno finora generato 64 miliardi di perdite (un default della Grecia peserebbe per altri 40 miliardi). I timori di recessione? Sono di certo in aumento, ma per il momento il pil europeo continua ad avere tassi di crescita positivi e, se l’euro non si spaccherà, nessuno prevede che ci possa essere un tracollo trimestrale tra il 5 e il 10%, come accaduto in certi Paesi nel 2008. Infine, ha aggiunto Nomura, il costo del funding è aumentato, ma le tensioni sulla liquidità non sono ai livelli del 2008, anche perché la Bce ha dimostrato di avere i mezzi per intervenire in caso di difficoltà (da ultimo ieri con i finanziamenti in dollari). Per le banche allora i rischi sono finiti? Non si può ancora arrivare a questa conclusione, secondo Nomura, principalmente perché, se ci sarà una nuova crisi bancaria, i governi non potranno più fornire lo stesso supporto del 2008. Al contrario, il deterioramento delle finanze pubbliche costituisce un rischio: per Nomura una ristrutturazione del debito greco sarebbe gestibile, ma gli effetti potrebbero essere maggiori in caso di effetto-contagio tra più Paesi o di sfaldamento dell’euro. «Mentre nel 2008 il fallimento di Lehman causò una crisi di liquidità nel sistema bancario e la fiducia venne ristabilita grazie alle garanzie dei governi e alle ricapitalizzazioni delle banche, oggi stiamo vivendo una crisi di solvibilità che coinvolge Paesi che sono too big to fail», hanno spiegato gli economisti di Exane. Il resoconto di questi tre anni è certamente negativo per le borse: il Ftse-Mib di Piazza Affari è passato da 27 mila punti a quota 14.600 (12.600 il minimo toccato il 9 marzo 2009). L’indice Stoxx sul settore bancario europeo è passato da 290 a 130 punti e oggi molte banche valgono meno della metà del patrimonio. Secondo Exane, «il mercato ha sufficientemente prezzato un contesto di crescita debole, sebbene non sempre i bassi multipli indicano che il mercato azionario sia a sconto». Anche Nomura, pur riconoscendo la possibilità di rialzi nel comparto, ha consigliato cautela nel breve termine sulle banche europee, vista la mancanza di visibilità sulla situazione nell’Eurozona e la bassa redditività del settore, dovuta anche alla stretta regolamentare. (riproduzione riservata)