di Anna Messia

Non hanno potuto smettere di lavorare neppure nei giorni più caldi dell’estate i rappresentanti del mercato assicurativo italiano. Sul tavolo, del resto, c’erano partite troppo importanti da tenere sotto osservazione. A cominciare dal decreto che lo scorso 13 agosto ha incrementato al 20% (dal 12,5%) la tassazione delle rendite finanziarie, polizze Vita comprese, fissandone al gennaio 2012 l’entrata in vigore. Una novità destinata a penalizzare questo tipo di prodotti rispetto, per esempio, ai conti correnti che invece vedranno calare dal 27 al 20% la ritenuta fiscale. E molto difficile da digerire per un settore già impegnato a far fronte alla crisi delle borse e all’incremento dello spread dei titoli di Stato italiani rispetto al bund tedesco (che venerdì 2 è salito nuovamente fino a 326 punti). Che per gli assicuratori è un andamento particolarmente importante visto che tradizionalmente investono la maggioranza del patrimonio (e quello degli assicurati) nei titoli del debito pubblico italiano. L’aumento delle aliquote fiscali, insomma, non poteva arrivare in un momento meno opportuno di questo. Anche perché ai problemi dei mercati e dell’Italia, si aggiungono anche quelli tutti interni all’industria, già alle prese con la disaffezione dei risparmiatori per i prodotti d’investimento assicurativi che si registra da un po’ di tempo a questa parte: nei primi sei mesi dell’anno la nuova produzione Vita ha subito un deflusso del 26,2% a 35 miliardi e il dato sembra peggiorare mese dopo mese.

Restare al lavoro anche durante le ferie di agosto probabilmente non è stato inutile. Perché tutto sommato le novità che riguardano la tassazione delle rendite finanziarie per le polizze sono state meno pesanti di quanto ci si poteva aspettare: nel decreto dello scorso agosto, come ha spiegato l’Ania in una circolare inviata agli associati in questi giorni, sono stati infatti fissati punti fermi che salvano in parte i prodotti dall’aggravio fiscale. Il decreto legge ha infatti stabilito che la tassazione del 20% viene di fatto ridotta se tra gli attivi a copertura delle riserva matematiche sono compresi titoli pubblici (o anche titoli equivalenti) che continueranno a subire un’aliquota del 12,5%. Un’attenuante che è stata concessa anche ai fondi comuni e che ha lo scopo di evitare una penalizzazione per le forme di investimenti indirette in titoli di Stato (che rimarranno tassati al 12,5%) rispetto a quelle dirette ma che per le assicurazioni è particolarmente premiante visto che gran parte del patrimonio è investito appunto in Btp e simili. E poi nel decreto è stato inserito un altro passaggio particolarmente gradito all’industria del risparmio: dall’aggravio di tassazione saranno esclusi anche i piani di risparmio a lungo termine che saranno appositamente costituiti. Ma se è fuori di dubbio che le polizze Vita (insieme ai fondi comuni) potranno rientrare in questa categoria, il decreto non ha però definito né la durata dell’investimento minima richiesta per poter classificare il piano come un prodotto a lungo termine né tanto meno l’importo massimo che potrà essere investito in questi piani per beneficiare dello sconto fiscale. Dettagli che potranno essere fissati già in sede di conversione del decreto consentendo così all’industria del risparmio di farsi trovare preparata alle novità fiscali di gennaio prossimo. O al più tardi (ma in questo caso il tempo a disposizione sarebbe meno) in occasione dei decreti attuativi che dovranno essere preparati dal ministero dell’Economia. E anche su questi punti l’industria del risparmio è già al lavoro per tentare di spuntare condizioni che possano consentire di ridurre i danni del decreto d’agosto. L’obiettivo sembra essere quello di spuntare una durata che non superi i cinque anni (come già avviene in Francia) con un tetto d’investimento annuo di almeno 15 mila euro. (riproduzione riservata)