ROBERTA PAOLINI

Arca Sgr si ristruttura, ma per vendere o per crescere? Il quesito, di fronte alle linee guida del piano varato dalla sgr partecipata da 12 popolari è più che lecito. Con l’arrivo del nuovo ad Ugo Loser (subentrato a maggio ad Attilio Piero Ferrari, che ha guidato la società per 27 anni) è partito un piano finalizzato a inquadrare meglio la struttura sul segmento retail. «Oggi Arca afferma Loser non ha la dimensione per stare in un mercato generalista, dove le masse gestite dai grandi player arrivano ai trilioni di euro. Ha bisogno di concentrarsi su un target ben definito. E noi, per la nostra configurazione, presenza territoriale e una rete capillare data dagli sportelli bancari, abbiamo una predisposizione al segmento retail».

Le linee di intervento sono orientate a creare massa critica per servire il segmento dei piccoli risparmiatori, attraverso una diversificazione dei prodotti (come gli Arca Cedola con cui la sgr ha già raccolto 2 miliardi di euro da oltre 70mila nuovi clienti) e, dice Loser “smettendo di gestire internamente tutte le asset class e scegliendo un’impostazione più macro di lungo periodo, focalizzandoci sulle gestioni collettive retail”.
Il secondo passo è fare di Arca un polo di aggregazione: «Abbiamo circa 100 milioni di euro in cassa dice il top manager da mettere a disposizione per realizzare acquisizioni. In questa logica è in definizione l’acquisto di Optima». Ma come anticipa Loser, questa sarà solo una delle operazioni finalizzate, nelle scorse settimane infatti sono stati analizzati almeno altri due dossier. «Ci interessano le sgr sui 2,3 miliardi di euro prosegue se ci saranno le condizioni contiamo di esaminare altre acquisizioni».
Un altro elemento del piano è la maggiore concentrazione su gestione e distribuzione. «Stiamo valutando l’esternalizzazione delle attività di amministrazione fondi ed è in corso una trattativa per la cessione delle attività di banca depositaria e delle attività di It». L’idea che ormai ricorre da tempo è di una cessione di questi asset all’Istituto centrale delle banche popolari (Icbpi).
Infine ci sarà la vera e propria ristrutturazione, con un dimagrimento della struttura. «Il nostro rapporto cost/income era superiore all’80%, questa dimensione non ci consentiva di essere competitivi», aggiunge l’ad.
Arca oggi ha masse gestiste per 17 miliardi, a cui si sommerebbero gli 1,1 miliardi di Optima. A che livello sia la dimensione giusta per raggiungere il modello che ha in mente Loser non è al momento chiaro.
Tuttavia appare più interessante capire non tanto il quanto, ma il perché, la sgr abbia deciso di procedere a mettere in atto questo piano. L’obbiettivo dichiarato è quello di concentrarsi meglio sul core business retail, ma il programma di sviluppo parte con un taglio dei costi (dichiarato apertis verbis proprio nell’ultima relazione di bilancio) che interesserà anche i 180 dipendenti.
L’operazione è stata imposta dalla grave crisi del risparmio gestito, dalla riconfigurazione di un mercato che “rottama” i prodotti” ogni biennio e che manifesta un movimento dei portafogli eccessivo. Il contesto ha impattato su tutti gli indicatori economici di redditività di Arca sgr, che infatti scendono dal 2009. Analizzando i dati a conto economico e la situazione patrimoniale, emerge che la redditività sul patrimonio netto è stata nel 2010 del 6,91% contro il 10,43% dell’anno precedente, che il rapporto tra utile netto e totale dell’attivo si è ridotto al 4,32% contro il 6,55% e che la redditività sulla massa gestita è andata allo 0,28%, rispetto allo 0,30%. Solo il cost/income (rapporto tra costi operativi e ricavi netti di gestione) è in miglioramento, al 78,52% dall’83,26%.
Nonostante il calo dell’utile (31% sul 2009), tuttavia, si è deciso che degli oltre 7,3 milioni di euro di profitti, 5 milioni finissero sotto forma di dividendo ai soci (nel 2009 erano stati 7 milioni i dividendi, ma l’utile era oltre i 10 milioni). Insomma si è comunque drenata liquidità verso gli azionisti, nonostante un piano di ristrutturazione in corso e un contestuale programma di crescita (inteso come ampliamento delle masse).
Ecco allora che tutti questi segnali fanno porre almeno due questioni: Arca si rafforza per preparare acquisizioni o per vendersi? Ovvero per portare a dama entrambe le cose: cioè aumentare la dimensione per essere un boccone più appetibile?
Nelle scorse settimane c’erano stati dei rumors che davano il Leone di Trieste come interessato ad esaminare il dossier Arca. Tutto sta a vedere cosa vorranno fare i soci, legati da patti statutari che vincolano la vendita dei rispettivi pacchetti. L’azionista principale, il Banco Popolare con il 28%, smentisce che sia in corso un ragionamento sulla cessione. Mentre, come noto, l’altro grande azionista Ubi, che ha il 26%, aveva già in precedenza dimostrato l’intenzione di valorizzare la propria partecipazione.