La revisione al ribasso non è legata a un deterioramento del settore bancario ma a un tecnicismo che lascia perplessi 

di Andrea Di Biase

La decisione presa ieri da Standard & Poor’s di abbassare da «A+» ad «A» il rating sul debito a lungo termine di Mediobanca, Intesa Sanpaolo e di tre banche controllate da Ca’ de Sass (Banca Imi, Biis, Cr Bologna) è stata spiegata dall’agenzia di valutazione americana come una decisione sostanzialmente tecnica, ma a Piazza Affari è stata accolta come l’ennesimo atto ostile di S&P nei confronti dell’Italia.

Considerato anche che la stessa Standard & Poor’s ha spiegato che la decisione non riflette alcuna «revisione di un potenziale ulteriore deterioramento nell’ambiente operativo ed economico del settore bancario italiano». Nel comunicato diffuso nella serata di ieri dall’agenzia viene spiegato infatti che l’adeguamento del rating di Mediobanca e Intesa a quello della Repubblica italiana (declassato ad «A» lo scorso 19 settembre) risponde a un preciso criterio, definito dall’agenzia stessa solo lo scorso 14 giugno 2011, in base al quale le istituzioni finanziarie di un Paese dell’Unione monetaria europea non posso avere un rating superiore a quello del Paese stesso.

Nel dettaglio, S&P specifica che, per l’Eurozona, questa regola si applica a tutte quelle istituzioni finanziarie, come appuntoMediobanca e Intesa Sanpaolo, che hanno almeno il 40% dei loro asset concentrati nel Paese in cui hanno la sede legale. Anche per questa ragione, dunque, Unicredit, il cui rating era già stato portato ad «A» non è stato interessato dal downgrade di S&P, che si è limitata invece ad abbassare l’outlook da stabile a negativo, allineandolo così a quello dell’Italia.

È dunque evidente che, in base ai criteri da lei stabiliti, S&P consideri le banche italiane alla stregua dello Stato italiano, senza tenere conto fino in fondo delli reali condizioni di ciascun istituto.

 

Nonostante faccia parte del gruppo francese Bnp Paribas, la scure di S&P ha colpito anche Bnl, il cui rating è stato portato da «AA-» ad «A+». Un giudizio superiore a quello della Repubblica italiana, in virtù del fatto che il garante di ultima istanza del debito di Bnl è la capogruppo parigina. Stabile ad «A+» anche il rating di Cariparma, controllata dall’altro colosso francese Credit Agricole. Sempre ieri dall’agenzia di rating sono arrivate valutazioni anche sul debito delle società partecipate dal Tesoro. In particolare sono stati tagliati i giudizi su Cassa depositi e prestiti (Cdp) da «A+» ad «A», con outlook negativo e su Terna ad «A» da «A+» mentre è stato confermato il rating «A-» di un’altra società controllata dal Tesoro, Enel (si veda Contrarian a pagina 8). «Ritengo che l’economia italiana non dipenda dalla valutazione di agenzie di rating come questa», ha commentato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in un’intervista alla Bbc. (riproduzione riservata)