Sono trascorsi dieci anni dall’11 settembre 2001, una data indelebile nella storia contemporanea che non dimenticheremo mai. Fu quella mattina, con il crollo delle Twin Towers, che gli americani scoprirono, per la prima volta, di essere vulnerabili sul proprio territorio. Un attacco che ebbe un grande impatto sull’industria assicurativa che mise mano a 32,5 miliardi di dollari per risarcire i danni.

A dieci anni di distanza dall’attacco al World Trade Center Robert Hartwig, presidente dell’Insurance Information Institute, ha spiegato in un’intervista al magazine americano Insurance Journal che se è vero che l’uragano Katrina del 2005 è stata la catastrofe più onerosa per i portafogli degli assicuratori (45 miliardi di dollari) è altrettanto vero che “l’11 settembre ha trasformato il modo di considerare il rischio da parte degli assicuratori”.

Se oggi il rischio di un attacco terroristico agli Stati Uniti di dimensioni simili a quello del 2001 può dirsi estremamente ridotto, rimane invece elevata l’esposizione agli attacchi di piccola entità “ispirati da un qualche gruppo jihadista o per opera di terroristi isolati senza legami con movimenti organizzati”. “Almeno una dozzina di attacchi terroristici – ha sottolineato Hartwig – sono stati pianificati contro gli Stati Uniti. Alcuni dei quali, sono andati molto vicino dall’essere messi in opera con successo”.

La sensibilità verso questa tipologia di rischio è notevolmente mutata. Se prima dell’11 settembre 2001 la copertura terrorismo era pressoché inesistente, oggi può dirsi molto diffusa. “Circa 2/3 delle aziende americane hanno sottoscritto una copertura di questo tipo”.

Il programma federale Terrorism Risk Insurance (TRIA), attuato nel 2002 è stata una storia di successo. Mentre si avvicina la sua data di scadenza (2014), vista anche la particolare congiuntura economica, sono in molti a considerare utile un suo ridimensionamento.

Robert Hartwig punta però il dito sull’imprevedibilità del rischio terrorismo. Circostanza che richiederebbe comunque il supporto del governo federale. Per diversi motivi: “Innanzitutto stiamo parlando di perdite che, secondo alcuni modelli basati su attacchi terroristici nucleari, biologici o chimici, sarebbero dell’ordine delle centinaia di migliaia di dollari. Valori superiori alla capacità dell’industria assicurativa o riassicurativa. Inoltre, va considerato che il valore dei danni assicurati da atti di terrorismo, a differenza delle perdite da catastrofi naturali, sfuggono a ogni previsione poichè non sono provocati da eventi della natura ma da atti umani e, quindi, impossibili da incorporare nei modelli utilizzati dagli assicuratori per calcolare il valore delle perdite attese”.