Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Raggiunto l’accordo politico tra Unione europea e Stati Uniti sui dazi, con la previsione di una tariffa unica del 15% sulla maggior parte delle esportazioni europee verso gli Usa, compresi i semiconduttori e i prodotti farmaceutici, per cui si attendevano aliquote fino al 200%. Con un ordine esecutivo del 31 luglio, il presidente Trump ha già implementato le nuove tariffe, che entreranno in vigore dal 7 agosto. Per l’Italia, l’impatto stimato è una perdita di 22,6 miliardi di euro di export e una contrazione del Pil dello 0,5%, secondo le stime del Centro Studi di Confindustria, che tengono conto anche del deprezzamento del dollaro sull’euro. I settori più colpiti includono moda, macchinari, e agroalimentare, mentre l’automotive beneficia della riduzione dei dazi dal 25% al 15%. Previsto anche un regime “zero per zero” per alcuni prodotti strategici come farmaci generici, aeromobili e semiconduttori. Restano al 50%, invece, i dazi su acciaio e alluminio, oltre ai nuovi dazi sul rame, annunciati con un proclama del 30 luglio.
Pensione d’invalidità a maglie larghe. Infatti, ai fini della verifica del requisito di cinque anni di contributi, possono essere utilizzati sia i contributi versati da lavoratore dipendente, sia quelli da lavoratore autonomo (come artigiano oppure commerciante, ad esempio). La novità, decisa dal ministero del lavoro, è stata resa nota dall’Inps con il messaggio n. 246/2025. Una buona notizia che fa coppia con un altro lieto evento, anch’esso di quest’anno: la possibilità di avere una pensione d’invalidità più pesante, tramite l’adeguamento al trattamento minimo dell’Inps.
Via libera all’aumento della pensione d’invalidità. Dal 10 luglio 2025, infatti, tutti gli invalidi sul lavoro hanno diritto all’integrazione al trattamento minimo della loro pensione d’invalidità con la conseguenza che l’assegno mensile (per 13 mensilità all’anno) non può scendere sotto i 603 euro. La novità interessa i titolari di pensione d’invalidità che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 in avanti, per cui ricadono nel sistema contributivo di calcolo della pensione e fino al 9 luglio 2025 sono stati esclusi dalla facoltà di avere adeguato l’importo della pensione d’invalidità al trattamento minimo Inps (la facoltà, invece, è da sempre riconosciuta ai titolari della pensione d’invalidità con svolgimento di attività lavorativa prima del 31 dicembre 1995, per cui sono nel regime retributivo o misto di calcolo della pensione). La novità è stata decisa dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 94/2025, ha dichiarato illegittima la riforma Dini delle pensioni (art. 1, comma 16, legge n. 335/1995 relativo all’esclusione del diritto alla predetta integrazione al trattamento minimo di tutte le pensioni contributive), accogliendo un ricorso della Corte di cassazione
Stenta ancora a decollare in Italia il Fascicolo sanitario elettronico. Infatti, ad oggi solo quattro tipologie di documenti sanitari risultano disponibili in tutte le regioni e appena il 42% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri dati, con divari tra i diversi territori e percentuali in alcuni casi irrisorie nel Mezzogiorno. È lo scenario che, tra luci e ombre, ha tratteggiato la Fondazione Gimbe in occasione del 9° Forum Mediterraneo in Sanità, svoltosi a Bari, da cui emerge come lo strumento chiave della trasformazione digitale della sanità italiana procede a velocità diverse lungo la penisola, generando nuove forme di disuguaglianza, oltre a quelle già purtroppo note. «Il Fascicolo sanitario elettronico dovrebbe essere la chiave per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari» commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. «Ma oggi, per milioni di cittadini, resta uno strumento ben lontano dalla piena operatività. Il divario digitale tra le regioni, se non colmato rapidamente, rischia di trasformarsi in una nuova forma di esclusione sanitaria». Una vera e propria frattura che non rappresenta soltanto un problema tecnico ma che costituisce un fattore di equità nell’accesso alle cure
Credito al consumo con l’inganno. Lo scorso anno in Italia si sono registrati quasi 31 mila casi di operazioni fraudolente con un importo medio per frode superiore a 4.800 euro e un valore economico complessivo che sfiora i 150 milioni di euro. Rispetto al 2023, cresce l’importo medio frodato (+3,2%) mentre il valore complessivo dei danni causati rimane pressoché stabile, nonostante il leggero calo del numero di frodi rilevate (-4,6%), a conferma di una tendenza verso danni economici medi sempre più significativi. A rilevarlo è la periodica analisi condotta dall’osservatorio Crif-Mister Credit sulle frodi creditizie secondo cui sono, soprattutto, i prestiti personali ad essere nel mirino dei criminali, con un incremento del 65,9% di atti illeciti che colpiscono tale tipologia di finanziamento e con un importo medio di oltre 16.600 euro. «La piccola contrazione dei casi di frodi non deve far abbassare la guardia perché la crescita dell’importo medio fa capire come i frodatori stiano affinando le loro tecniche, sfruttando tecnologie avanzate per aggirare i controlli di sicurezza e raggiungere fraudolentemente un valore economico sempre maggiore» osserva Beatrice Rubini, direttore esecutivo della linea Mister Credit di Crif. «Per contrastare efficacemente questo fenomeno, è indispensabile adottare un approccio integrato che combini strumenti tecnologici di prevenzione con programmi di educazione finanziaria e digitale, rivolti sia ai consumatori che agli operatori del settore»
Sui sinistri auto la trasparenza è assicurata. Le compagnie di assicurazioni devono essere trasparenti con chi chiede documentazione relativa a sinistri. Un’assicurazione è stata ammonita dal Garante per non avere fornito un riscontro idoneo, nel termine previsto dall’articolo 12, paragrafo 3, Gdpr (senza ingiustificato ritardo e, comunque, al più tardi entro un mese dal ricevimento della richiesta), a un’istanza di accesso ai dati personali formulata ai sensi dell’articolo 15 del Gdpr (provvedimento del 14 novembre 2024, n. 705). Nel caso specifico, la compagnia, anziché fornire all’interessata i dati personali contenuti nella documentazione riferita al sinistro, che aveva coinvolto il veicolo di sua proprietà, le aveva comunicato di avere provveduto, come da sua richiesta, alla loro cancellazione. Successivamente, nel corso del procedimento avanti al Garante, la società ha invece aderito all’istanza della reclamante, precisando che quanto accaduto, da considerarsi un fatto accidentale e isolato, era imputabile all’errore di un operatore del back office.
Se un prodotto o un servizio viene pubblicizzato come conforme alle norme sulla privacy, bisogna andarci con i piedi di piombo. Questa affermazione rischia di essere solo uno sterile slogan, che non esonera da sanzioni del Garante della privacy, se quest’ultimo scopre che il prodotto o servizio ha pecche proprio a riguardo della protezione dei dati. Il campanello d’allarme arriva da una pronuncia del Garante, che lo stesso ha illustrato nella relazione dell’attività svolta nel 2024, fonte di indicazioni per le imprese e le p.a.. Promesse di conformità non mantenute. Quando un’impresa o una p.a. compra un dispositivo o un servizio non deve fare affidamento sulle eventuali promesse millantate dal venditore di conformità al Gdpr e/o al Codice della privacy: se, poi, qualcosa va storto, davanti al Garante a risponderne è sempre l’impresa/P.a. acquirente. Al massimo, può fare causa al fornitore che ha fatto promesse che non ha saputo mantenere e chiedergli i danni. I titolari del trattamento, infatti, in base al principio di responsabilizzazione, sono tenuti a osservare in prima persona i principi generali del trattamento e non possono limitarsi a fare affidamento su attestazioni di presunta conformità al Gdpr, fornite dal produttore e dal fornitore dei dispositivi (provv. del 22 febbraio 2024, n. 105, 106, 107, n. 108 e n. 109)
Più welfare e formazione per circa 1 milione di lavoratrici e lavoratori somministrati. Il 21 luglio 2025 è stato firmato da Assolavoro, Cgil, Cisl, Uil e dalle sigle di categoria NIdiL Cgil, Felsa Cisl e UILTemp il nuovo Contratto collettivo nazionale di lavoro che introduce cambiamenti significativi anche per le relazioni sindacali, con il rafforzamento della contrattazione di secondo livello. Tutte le prestazioni di Ebitemp vengono aumentate del 20%. Sono inoltre introdotte nuove misure, tra cui: rimborso baby-sitting, contributi per trasporto extraurbano per chi si forma, materiale didattico per figli in età prescolare e spese per il rinnovo del permesso di soggiorno. Viene inoltre istituita una polizza sanitaria avanzata per tutti i lavoratori in somministrazione (a termine e a tempo indeterminato) con almeno 12 mesi di anzianità maturata dal 1° gennaio 2023 e contratto attivo a far data dal 1° giugno 2025. Alle lavoratrici in gravidanza la cui missione viene interrotta o non rinnovata, è garantita un’indennità pari all’ultima retribuzione mensile percepita fino al compimento del primo anno di vita del bambino. Per le donne vittime di violenza sono previste misure specifiche di sostegno e reinserimento, inclusi strumenti economici e di conciliazione dei ritmi vita-lavoro post-congedo.
Il cliente di una banca, vittima di una operazione fraudolenta, ha telefonato al servizio clienti dell’istituto e ha chiesto il blocco dei codici di accesso al proprio conto corrente. Successivamente, il correntista ha chiesto, senza successo, il file audio di quella telefonata e, quindi, ha sporto reclamo al Garante, che ha aperto il procedimento e accertato che l’istituto di credito aveva ritenuto di poter soddisfare l’istanza di accesso del reclamante trasmettendo allo stesso, anziché il file audio di interesse, la trascrizione dei dati contenuti in quella porzione di registrazione riferita alle dichiarazioni rese dal reclamante all’operatore del call center. La banca ha motivato il suo comportamento sottolineando di non avere potuto fare altrimenti e ciò in ragione della necessità di tutelare la riservatezza di terzi (l’operatore telefonico). Inoltre, il “dato voce” del cliente era irrilevante rispetto alla finalità realmente perseguita dal cliente e cioè ottenere il rimborso integrale della somma fraudolentemente sottratta. La banca ha avuto torto e il correntista ragione: il Garante, con il provvedimento del 14 novembre 2024 n. 706, ha, infatti, affermato che il file audio in questione poteva essere trasmesso all’interessato nella sua forma originaria
In presenza di un infortunio o di una morte sul luogo di lavoro, pur sussistendo la violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro, è sempre necessario accertare l’esistenza di un nesso causale fra l’evento, il comportamento negligente e la responsabilità del datore di lavoro. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 26600 del 14 giugno 2025, ha escluso la responsabilità del datore di lavoro per la morte di un suo dipendente, in quanto non sussisteva un nesso di causalità fra l’evento mortale e la violazione della normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.