Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Nel 2023 solo un cliente facoltoso su tre di Poste Italiane, quelli con un portafoglio superiore a 100 mila euro, era seguito da un consulente finanziario specializzato. A giugno scorso la percentuale era salita al 66%, con due clienti facoltosi su tre che hanno visto crescere l’attenzione a loro riservata negli uffici postali del gruppo guidato dall’amministratore delegato Matteo Del Fante e l’obiettivo è arrivate, entro il 2028, a una percentuale pari almeno all’80%. È chiara in questi numeri la strategia che sta attuando Poste Italiane nel settore del risparmio, con il piano industriale 2024-2028 che punta a rafforzare la focalizzazione sui segmenti di clientela a maggior valore, migliorando da una parte la qualità del servizio ai clienti, e dall’altra, ovviamente, i volumi e i profitti per il gruppo. Le potenzialità di sviluppo di Poste per i prossimi mesi non riguardano però solo il risparmio. Ci sono anche altri business che stanno crescendo nel gruppo: dall’Rc Auto alla fibra all’energia o ai pagamenti
In un mondo incerto, in cui il processo decisionale politico statunitense sta facendo girare la testa agli investitori, la Cina è sempre affidabile quando si tratta di stabilità del mix politico e dell’orizzonte a lungo termine. Sebbene la Cina sia soggetta a dazi dal 2018 e continui a gestire relativamente bene i recenti aumenti, i dazi aggiuntivi contribuiscono in ultima analisi alla tendenza deflazionistica interna. Il problema più grave per gli stabilimenti industriali è il rischio di mancato pagamento da parte dei clienti nazionali, con ritardi di cinque mesi che sono diventati la nuova normalità. Nonostante la debole attività economica, potremmo assistere a una performance superiore alla media di alcuni asset finanziari in Cina. Con i tassi sui depositi e i tassi di riferimento in calo, gli investitori domestici sui mercati monetari potrebbero cercare alternative di investimento, ma con un conto capitale chiuso, i risparmiatori cinesi hanno opzioni relativamente limitate.

Gli amministratori di una srl non rispondono automaticamente dei debiti della società. Devono pagare con i propri beni solo se è dimostrato, senza incertezze, che hanno commesso atti di cattiva gestione e che proprio queste condotte hanno ridotto o azzerato il patrimonio sociale. In altre parole: non basta dire “la società è in crisi”, bisogna provare che la crisi è frutto di una mala gestio. Lo ha affermato il tribunale di Milano, Sez. feriale, con ordinanza 21 agosto 2025, revocando un sequestro conservativo disposto in primo grado contro alcuni amministratori, e ribadendo i confini dell’azione dei creditori ex art. 2476, comma 6, c.c. Il giudice ha ricordato che il creditore deve provare quattro elementi essenziali: il credito certo ed esigibile, l’insufficienza attuale del patrimonio sociale, l’inadempimento degli obblighi di conservazione da parte degli amministratori e, soprattutto, il nesso causale tra la condotta e il danno subito.
Quando il fabbricato realizzato dall’impresa edile presenta vizi di costruzione, il direttore dei lavori risponde in solido con l’appaltatore se non segnala al committente la difformità dell’opera dal progetto. Il professionista, infatti, deve vigilare, impartire disposizioni, verificare che l’appaltatore ottemperi e riferirne comunque al committente, prima che le difformità si siano cristallizzate. Oltre ad accertare che la realizzazione dell’opera sia conforme al progetto, il direttore lavori è tenuto anche a verificare che la modalità di esecuzione corrisponda al capitolato o alle regole della tecnica. Così la Cassazione civile, sez. 2, ordinanza 18405/2025.
Il preposto è responsabile se omette il controllo circa il rispetto della corretta procedura prevista dal DVR e se non comunica al datore di lavoro la sussistenza di una diffusa prassi pericolosa e contraria alle previsioni del DVR a lui note. E’ quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 28427 del 4 agosto 2025 in tema di sicurezza sul lavoro e responsabilità del preposto. La vicenda traeva origine dalla sentenza della Corte d’appello di Torino che condannava due soggetti per avere, in qualità di preposti, cagionato colposamente la morte di un lavoratore, in violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro. Nel caso in esame, era emerso come il lavoratore non avesse osservato le disposizioni del DVR che indicavano le specifiche modalità di spostamento del carrello elevatore, in quanto si era consolidata una diversa prassi pericolosa e contraria a quanto previsto nel documento, anche a causa dell’omesso controllo circa il rispetto dello stesso da parte dei preposti.
Settembre si avvicina, ma per molti lavoratori della scuola la prossima campanella non suonerà. Nel 2025 sono previste circa 38.665 cessazioni dal servizio nella scuola, di cui circa 27.926 per il personale docente e 10.404 per il personale Ata. La cifra che si incrementerà con le cessazioni previste durante l’anno scolastico che l’anno scorso erano 21.394. Tra chi saluta le aule c’è anche chi, negli anni, ha scelto di aderire al Fondo Scuola Espero, costruendo una previdenza complementare accanto a quella obbligatoria. Per loro è il momento di attivare la procedura per ricevere quanto maturato
Il Decreto legislativo n. 99 da settembre entra nelle scuole per combattere il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo che da anni si insinua tra i banchi e tra le chat degli studenti. Il decreto, attuativo della delega contenuta nella Legge n. 70 del 2024, prevede che le istituzioni scolastiche si attivino su più fronti. Formazione, prevenzione, monitoraggio, coordinamento e supporto diventano le cinque direttrici dell’intervento. Il primo obbligo è quello formativo: percorsi dedicati al riconoscimento e alla gestione di comportamenti aggressivi, rivolti non solo agli studenti, ma anche al personale scolastico e alle famiglie. Il decreto impone l’individuazione di referenti antibullismo, formati attraverso la Piattaforma ELISA del Ministero dell’Istruzione, e chiede alle scuole di redigere o aggiornare la propria ePolicy, ovvero il documento interno che regola l’uso delle tecnologie digitali e le procedure di intervento. A questo si affianca l’impegno a creare ambienti scolastici capaci di intercettare il disagio. I questionari sul clima relazionale, già sperimentati da molte scuole, diventano strumenti di rilevazione ufficiali. Gli sportelli di ascolto psicologico, finora attivati su base volontaria o progettuale, sono ora incoraggiati dal decreto come presidio strutturale.

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Il cantiere pensioni è aperto, in vista della manovra di Bilancio per il 2026. Come sempre, tra i primi a muoversi è stato il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che ha messo sul tavolo del governo una serie di proposte, anche a nome della Lega di cui è vicesegretario, e che ha illustrato in un’intervista al Corriere pubblicata ieri. Proposte che hanno scatenato forti reazioni perché ruotano intorno all’ipotesi che i lavoratori che vogliano andare in pensione prima, a 64 anni anziché 67, lo possano fare, se vogliono, utilizzando anche il Tfr accantonato presso l’Inps, rinunciando, in questo caso, a incassare la tradizionale liquidazione.

Mini-finestre per “congelare” nel biennio 2027-28 l’aumento di tre mesi dell’età di pensionamento. Tfr accantonato all’Inps per “rivedere” la flessibilità in uscita. Accanto a un pacchetto di misure per spingere le adesioni, soprattutto di giovani, alla previdenza complementare e al prolungamento del cosiddetto bonus Maroni-Giorgetti, ovvero l’agevolazione per chi, pur in possesso dei requisiti per la pensione anticipata (Quota 103), decide di restare al lavoro, che si traduce nella disponibilità direttamente in busta paga della quota di contributi a carico del lavoratore (9,19%). Sta cominciando a prendere forma il pacchetto pensioni da inserire nella prossima manovra autunnale
Anche dopo l’approvazione della conversione del Dl 95/2025 (decreto Economia, legge 118) resta aperto il capitolo sugli incentivi fiscali agli investimenti in start up innovative da parte di Casse di previdenza e fondi pensione. Alcuni nodi interpretativi non sono ancora stati risolti, dato che l’articolo 18 ha subito solo modifiche formali. Si auspica che tali nodi vengano affrontati con chiarimenti interpretativi piuttosto che con nuove modifiche legislative.
La stipula di un contratto nella forma dell’atto pubblico esclude, per principio, che esso contenga clausole vessatorie ma non esclude che, se si tratta di un contratto stipulato tra un “professionista” e un consumatore, l’atto pubblico possa contenere clausole abusive ai danni del consumatore e, perciò, affette da nullità. È quanto la Cassazione decide nella ordinanza n. 18834 del 10 luglio 2025 in una fattispecie di fideiussione rilasciata da due persone fisiche nel contesto di un mutuo ipotecario concesso alla società di cui esse erano socie; ed è un principio che può ripetersi per ogni altro caso (si pensi a un contratto preliminare di compravendita “imposto” dal costruttore) nel quale, mediante atto pubblico, sia stipulato un contratto tra un consumatore e un professionista. È questa la prima volta che la giurisprudenza di vertice si occupa di distinguere tra clausole vessatorie e clausole abusive contenute in un atto pubblico.