Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

Non era molto chiaro il passaggio della nota diffusa da VM2006 lunedì 11, legata a deleghe in bianco e altre pretese problematiche legate all’assemblea del 21 agosto di Mediobanca per l’ops su Banca Generali. Questo passaggio avanzava «l’esigenza di conoscere dettagli sui rischi di esecuzione della medesima offerta connessi tra l’altro alla compatibilità del proposto scambio di azioni proprie con il quadro normativo di riferimento». Ma di che si tratta? I boatos collegano questo passaggio all’esistenza di un ulteriore tentativo per evitare che le Generali vengano in possesso del 6,5% del suo capitale, aderendo con il proprio 50,1% di Banca Generali all’ops lanciata da Mediobanca stessa. Secondo queste ricostruzioni, le Generali non potrebbero ricevere sic et simpliciter queste azioni, in quanto l’operazione si configurerebbe con riacquisto di azioni proprie e per questo necessitante di un’apposita delibera dell’assemblea del colosso assicurativo, in cui la quota di Mediobanca non potrebbe votare. È difficile essere sicuri della paternità di questa trovata, ma ad aiutare meglio nella comprensione, conviene leggere il capitolo 11 a pag. 18 della Relazione degli Amministratori di Mediobanca allegata alla convocazione dell’assemblea. In esso si descrivono le valutazioni di Mediobanca proprio rispetto alla questione dell’acquisto di azioni proprie da parte delle Generali.
Mediobanca ribatte a Francesco Gaetano Caltagirone in vista dell’assemblea del 21 agosto, chiamata a pronunciarsi sull’ops per Banca Generali. Ieri la merchant bank ha precisato che l’assise dovrà solo confermare al board i poteri sospesi dalla passivity rule legata all’offerta di Mps: parlare di «delega in bianco» è giuridicamente infondato poiché l’assemblea non si sostituisce all’«organo gestorio» ma può autorizzare operazioni durante un’opa.
Prima che l’ops su Banco Bpm naufragasse, il governo aveva fatto alcuni sconti a Unicredit nell’applicazione del golden power. È quanto emerge dalla lettera del ministero dell’Economia al Dipartimento per le politiche europee della Ue, tappa decisiva del dialogo in corso tra Roma e Bruxelles sull’uso dei poteri speciali e sulle possibili violazioni delle regole europee. Il documento informa la Commissione non solo sull’esito dell’offerta e sulla logica delle prescrizioni fissate dal Dpcm di Pasqua, ma anche sui chiarimenti dati a Unicredit in sede di monitoraggio. Nello specifico il Tesoro ricorda di aver fornito alla banca interpretazioni che dissipavano gran parte delle perplessità sollevate anche a Bruxelles. In sostanza, se l’adempimento di una prescrizione fosse stato impedito da circostanze non imputabili a Unicredit, la banca non sarebbe stata sanzionata

La durata media della vita lavorativa italiana è tra le più basse d’Europa. Di peggio fa solo la Romania. «Ed è questa la mina che, a dispetto di trent’anni di riforme pensionistiche, rimane innescata sotto i conti della previdenza pubblica nazionale». È quanto si legge nell’indagine dedicata a «Demografia, occupazione e previdenza – L’Italia nel contesto europeo» realizzata da Cna Area Studi e Ricerche. Per la precisione, la durata media della vita lavorativa nel nostro paese è di 32,8 anni. All’opposto della graduatoria l’Olanda (43,8 anni), la più virtuosa su questo fronte, con Svezia (43 anni) e Danimarca (42,5 anni) a comporre il podio. A fronte di una media di 37,2 anni di vita lavorativa nell’Europa a ventisette Paesi, tra i nostri “pari taglia” la Germania arriva a 40 anni, la Francia a 37,2 anni (in perfetta media, quindi) e la Spagna un poco sotto, a 36,5 anni.
Il parco auto degli italiani si fa sempre di più elettrico, ma i numeri attuali sono ancora molto lontani dagli obiettivi europei, a partire dal traguardo dei 4,3 milioni di autovetture circolanti al 2030 indicato nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) aggiornato nel 2024. È quanto emerge dai dati elaborati da Antonio Sileo, Direttore del programma di ricerca Sustainable Mobility presso la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM). Le immatricolazioni di veicoli a zero emissioni nei primi sette mesi sono cresciute del 29% rispetto allo stesso periodo del 2,4, con una quota di mercato salita al 5,2%. Passi in avanti, ma per allinearci agli obiettivi europei serve un netto cambio di marcia. Gli incentivi possono aiutare ma di certo non bastano.
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