GIURISPUDENZA

Autore: Marco Rossetti
ASSINEWS 344 – settembre 2022 

Una recente decisione della Cassazione riapre il dibattito sulla liceità del “patto di gestione della lite”, clausola onnipresente nei contratti di assicurazione della R.C. Una clausola che non sempre può ritenersi valida.

1. Il recente intervento della S.C.

Con la recente sentenza 5.7.2022, n. 21220, la Corte di cassazione ha dichiarato nulla, per contrarietà all’art. 1932 c.c., la clausola inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile professionale, la quale così stabiliva: “la società [assicuratrice] non riconosce spese sostenute dall’assicurato per legali o tecnici che non siano da essa designati”.
Una clausola, dunque, largamente diffusa nei contratti di assicurazione della responsabilità civile.
Nondimeno la Corte di Cassazione l’ha ritenuta nulla, perché contrastante col divieto di derogare in pejus, per l’assicurato, alle previsioni di cui all’art. 1917 c.c., divieto stabilito dall’art. 1932 c.c.. In estrema sintesi, ecco il ragionamento seguito della S.C..

 A) L’art. 1917, terzo comma, c.c., come noto, stabilisce che nell’assicurazione di responsabilità civile “le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata”.

B) Il successivo art. 1932, primo comma, c.c., stabilisce poi che “le disposizioni degli artt. (…) 1917 terzo e quarto comma (…) non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato”.

C) Se dunque un patto contenuto nella polizza attribuisce all’assicurato il diritto non già di vedersi rifondere sempre e comunque le spese di resistenza (le spese, cioè, sostenute per contrastare l’azione del terzo danneggiato), ma solo quello di vedersi rifondere le spese sostenute per periti o avvocati scelti dall’assicuratore, ebbene tale clausola restringe il campo di applicazione dell’art. 1917, terzo comma, c.c.. Si tratta, dunque, d’una deroga di tale ultima norma sfavorevole all’assicurato e come tale colpita dalla sanzione di nullità di cui all’art. 1932 c.c..

2. Una clausola che da tempo fa discutere.

Il c.d. patto di gestione della lite è l’accordo in virtù del quale l’assicurato accetta che sia l’assicuratore a rappresentare le sue ragioni in giudizio, dinanzi al terzo danneggiato. La clausola di cui si discorre si presenta nella prassi commerciale sotto forme diverse. Talora l’assicurato delega l’assicuratore a occuparsi di tutto quel che concerne il contrasto all’iniziativa giudiziaria del terzo danneggiato: e quindi scegliere l’avvocato, remunerarlo, impostare la difesa, proporre le eventuali impugnazioni.
In altri casi il patto lascia all’assicurato la facoltà di scegliere lui un difensore, ma stabilisce che le spese di resistenza non saranno sopportate dall’assicuratore, se l’assicurato abbia scelto il difensore senza il beneplacito dell’assicuratore.
Clausole di questo tipo da tempo fanno discutere la giurisprudenza: circa la loro natura, la loro qualificazione giuridica, i loro effetti, la loro liceità. In dottrina, il patto di gestione della lite è stato qualificato in almeno tre modi diversi. Secondo un primo orientamento, esso costituisce un mandato in rem propriam.
L’assicuratore infatti, nel gestire la lite tra assicurato e danneggiato, cura nel contempo anche i propri interessi, posto che la misura dell’indennizzo è corrispondente alla misura della responsabilità dell’assicurato1.
A questa tesi si è obiettato che il mandato ha ad oggetto il compimento di atti giuridici, mentre la gestione della lite da parte dell’assicuratore comprende anche attività materiali (stime, perizie) e processuali.
Si è quindi ritenuto che il patto di gestione della lite costituisca un contratto atipico, la cui causa risulta dalla fusione del mandato e della prestazione d’opera2.
Per un secondo orientamento, remoto e rimasto pressoché isolato, il patto di gestione della lite costituisce un contratto di prestazione d’opera intellettuale3.
Vi è stato, infine, chi ha ritenuto che il patto di gestione della lite dia luogo ad un onere, a carico dell’assicurato, imposto dalla legge, e segnatamente dall’art. 1914, 4° co., c.c.4. In giurisprudenza, la tesi dominante è quella che ravvisa nel patto di gestione della lite il conferimento all’assicuratore di un mandato in rem propriam senza rappresentanza5.
Un secondo orientamento, invece, ha aderito alla tesi del contratto atipico, in base al rilievo che il patto di gestione non può costituire un mandato, in quanto le prestazioni dell’assicuratore sono future ed incerte, mentre il mandato non ha carattere aleatorio6. In qualche isolata decisione, infine, si è affermato che il patto di gestione della lite dà vita ad un contratto di prestazione d’opera intellettuale7.
Quel che è certo, comunque, è che il patto di gestione della lite è una modalità di adempimento dell’obbligo dell’assicuratore di sostenere le spese di resistenza dell’assicurato, di cui all’art. 1917, comma terzo, c.c.. Secondo Cass. 23.5.2019 n. 14107, in particolare, l’obbligo dell’assicuratore di scegliere e remunerare il legale dell’assicurato, in virtù del patto di gestione della lite, costituisce una modalità di adempimento sostitutiva dell’obbligo di rimborso delle spese di resistenza, con conseguente onere a carico dell’assicuratore di anticipare e concorrere direttamente alle spese del giudizio ed esonero dell’assicurato dal relativo obbligo.

3. Contenuto.

Il patto di gestione della lite pone a carico di ciascuna delle parti diritti ed obblighi. Per effetto di esso, l’assicurato si obbliga a non compiere da sé attività di accertamento, transazione, liquidazione del danno; a non nominare legali in proprio; ad informare l’assicuratore delle iniziative stragiudiziali e giudiziali del terzo danneggiato; a compiere gli atti necessari perché l’assicuratore possa concretamente assumere la gestione della lite, ed in particolare conferire mandato all’avvocato scelto dall’assicuratore. L’inadempimento dell’assicurato all’obbligo di conferire mandato all’avvocato prescelto dall’assicuratore comporta l’esonero di quest’ultimo dal rimborso delle spese di difesa.
Secondo la S.C., tuttavia, tale inadempimento non può ravvisarsi nella semplice circostanza che l’assicurato abbia nominato un proprio difensore (nella specie, in via d’urgenza, a seguito di instaurarsi di procedimento penale), occorrendo indagare sul comportamento dell’assicuratore successivo alla comunicazione di tale nomina (nella specie, consistente nell’aver affiancato un proprio legale al difensore nominato dall’assicurato), al fine di stabilire se l’assicuratore medesimo abbia inteso far valere il patto di gestione della lite, ovvero preferito ratificare la nomina effettuata dall’assicurato, o comunque rinunciare ai diritti derivatigli dal patto.
In quest’ultima ipotesi, l’assicuratore non può esimersi dall’onere delle spese di difesa, secondo i criteri dettati dall’art. 1917 c.c. (Cass. 17- 11-1976 n. 4276, in Arch. civ., 1977, 163; in Giur. it., 1978, I, 1, 620). A fronte di tali obblighi, l’assicurato ha il diritto di pretendere che la gestione della lite, da parte dell’assicuratore, avvenga con oculata e diligente condotta.
L’assicuratore, dal canto suo, ha di norma l’obbligo di assumere la gestione della lite, salvaguardando gli interessi dell’assicurato. In qualche caso, peraltro, la polizza prevede non l’obbligo, ma la mera facoltà dell’assicuratore di assumere la gestione della lite.
Naturalmente, anche in quest’ultimo caso, il rispetto dei princìpi di correttezza e buona fede (artt. 1176, 1375 c.c.), esige che l’assicuratore, il quale non intenda assumere la gestione della lite, ne informi tempestivamente l’assicurato, perché questi possa provvedere aliunde alla tutela dei propri interessi. In adempimento degli obblighi che gli derivano dal patto di gestione della lite, l’assicuratore deve vagliare, usando la dovuta diligenza, valutabile fino al limite della colpa lieve, l’opportunità o meno di resistere alla domanda del danneggiato, nonché, in caso positivo, di svolgere adeguate difese (Cass., 26-4-1983, n. 2871, in Arch. circolaz., 1983, 635). Egli, tuttavia, non è affatto tenuto a garantire l’esito vittorioso della lite, e non risponde quindi di un eventuale esito infausto, a meno che l’assicurato non deduca e dimostri la violazione del suddetto dovere di diligenza8.
L’assicuratore, in particolare, è tenuto a valutare la fondatezza o meno delle pretese avversarie, alla stregua delle nozioni di comune esperienza e degli accertamenti che e in grado di compiere con i mezzi a propria disposizione (Cass. 17- 12-1980 n. 6522, inedita), ed a non rifiutare le offerte di vantaggiose transazioni che possano provenire dal danneggiato: un rifiuto di tal fatta esporrebbe l’assicuratore a responsabilità nei confronti dell’assicurato, pari alla maggior somma tra l’importo della transazione e quello effettivamente pagato al danneggiato, se non coperto
dal massimale.
L’assicuratore, comunque, non può essere ritenuto responsabile di violazione del patto di gestione della lite semplicemente per avere rifiutato di transigere col danneggiato. Tale rifiuto deve essere colposo, e cioè ingiustificato alla stregua delle obiettive circostanze di fatto; ad esempio, la palese responsabilità dell’assicurato, la obiettiva convenienza del pagamento, il prevedibile esito infausto della lite introdotta dal danneggiato9.
È controverso in giurisprudenza se il patto di gestione della lite conferisca ipso iure all’assicuratore il potere di transigere la lite col danneggiato. Secondo Cass. 13-7-1977 n. 3138, in Assicurazioni, 1978, II, 2, 67, il patto di gestione della lite non abilita l’assicuratore al compimento di atti dispositivi dei diritti dell’assicurato (ivi compresa la transazione), in quanto un potere in tal senso può derivare soltanto dal conferimento di uno specifico mandato da parte dell’assicurato medesimo.
Al contrario, secondo Cass. 8-9-1970 n. 1332, in Assicurazioni, 1971, II, 2, 232, il potere di transigere deve ritenersi ricompreso tra i poteri che il patto di gestione della lite conferisce all’assicuratore. Sicuramente preferibile appare il primo orientamento, in quanto altro è “gestire” la lite, altro è “disporre” del diritto sostanziale oggetto della lite: sicché il potere di disporre non può ritenersi compreso in quello di gestire. Il potere dell’assicuratore di gestire la lite è stato ritenuto irrevocabile da Cass. 22-10-1963 n. 2817, in Assicurazioni, 1964, II, 2, 178, e la revoca priva di effetti. Ovviamente, trattandosi di un accordo negoziale, sarà sempre ammissibile il recesso dell’assicurato per giusta causa, nel caso in cui l’assicuratore gestisca negligentemente la lite.

4. Mala gestio.

Ha fatto molto discutere l’ipotesi in cui l’assicuratore, dopo avere assunto la gestione della lite per conto dell’assicurato, eccepisca l’inoperatività o l’invalidità della polizza10. Anche in questo caso, la giurisprudenza si è divisa in due orientamenti diversi. Secondo il primo orientamento, se l’assicuratore, pur conoscendo l’esistenza di fatti che possano legittimare un suo rifiuto di pagare l’indennizzo, accetta la gestione della lite senza riserve, tale condotta costituisce una implicita rinuncia a far valere le eccezioni relative al contratto. L’accettazione della lite senza riserve, in questo caso, costituirebbe un “negozio di accertamento” dell’efficacia del contratto di assicurazione, in favore dell’assicurato11.
Per un diverso orientamento, invece, l’accettazione la gestione della lite per conto dell’assicurato, quand’anche iniziata senza riserve, non può costituire tacita rinuncia a far valere le eccezioni relative al contratto, in quanto il mero silenzio è sempre equivoco, e non può costituire valida manifestazione di una volontà negoziale. L’assunzione senza riserve della lite per conto dell’assicurato può, tuttavia, concorrere con altri elementi indiziari a fornire la prova della rinunzia a far valere eccezioni o della volontà di accertare la validità del contratto, secondo l’apprezzamento del giudice del merito12.
Tutti e due gli orientamenti ora riassunti, tuttavia, sono concordi nell’ammettere che l’accettazione senza riserve della gestione della lite non preclude all’assicuratore di eccepire l’inoperatività della garanzia, ove si accerti successivamente che l’evento è radicalmente escluso dalla polizza, ovvero che manchi addirittura il contratto13.

5. Validità.

La discussione che si è cercato di tratteggiare nei paragrafi precedenti, probabilmente, non avrebbe meritato gli onori della cronaca, sol che anziché estrapolare la clausola di “gestione della lite” dal contesto in cui è inserita, la si fosse letta e soppesata alla luce dei princìpi generali del contratto di assicurazione, che sono questi: l’assicurato deve “salvare il salvabile” ed ha diritto di essere rimborsato per le spese sostenute a tale scopo (art. 1914, commi primo e secondo, c.c.); l’assicuratore, dal canto suo, non è tenuto a rimborsare spese di salvataggio avventate (art. 1914, comma secondo, c.c.). Si sono così percorse le strade improbabili del mandato e del contratto d’opera professionale (supra, § 2), quando a me parrebbe che la verità sia molto più semplice. I princìpi da cui muovere per inquadrare correttamente il patto di gestione della lite sono due.

5.1. Il primo principio è che l’assicuratore ha l’obbligo di accollarsi le spese di resistenza, così come prescritto dall’art. 1917, terzo comma, c.c.. E dunque il patto di gestione della lite non è che una clausola che consente all’assicuratore l’adempimento in forma specifica, ex art. 2058 c.c., dell’obbligo di sostenere le spese di resistenza. Se, infatti, l’assicurato ha bisogno d’un avvocato per resistere alla pretesa del terzo danneggiato, non v’è differenza dal punto di vista concettuale tra rimborsargli il denaro speso a tale scopo, o scegliere (e remunerare) direttamente l’avvocato che sosterrà le ragioni dell’assicurato. Il primo è un adempimento per equivalente dell’obbligo di cui all’art. 1917, terzo comma, c.c.; il secondo è un adempimento in forma specifica.

5.2. Il secondo principio – dipendente dal primo – è che il patto di gestione della lite non va confuso con la clausola di gradimento, che subordina il diritto dell’assicurato alla rifusione delle spese di resistenza al gradimento dell’assicuratore. Gestire direttamente la lite, come s’è detto, è chiaramente un modo di adempiere “in natura” l’obbligo di tenere indenne l’assicurato dalle spese di resistenza. Non così, invece, la clausola “di gradimento”.
Tale clausola, infatti, non addossa affatto all’assicuratore l’obbligo di difendere l’assicurato, ma limita il diritto di quest’ultimo di vedersi rimborsare le spese di resistenza.
Di conseguenza:
-) il patto di gestione della lite è valido, la clausola “di gradimento” no;
-) il patto di gestione della lite non presuppone necessariamente una clausola “di gradimento”;
-) la presenza d’un patto di gestione della lite non preclude all’assicurato di rivolgersi ad un avvocato od un perito da lui scelto, ma costituisce semplicemente un indice dell’avventatezza delle spese sostenute a tal fine dall’assicurato: se, infatti, per contratto l’assicurato aveva diritto di rivolgersi all’assicuratore per essere difeso, dovrà di norma presumersi che sia “inconsiderata”, per usare il lessico dell’art. 1914 c.c., la spesa sostenuta direttamente dall’assicurato a tal fine.

5.3. Il terzo principio, anch’esso dipendente dai primi due, è che se le spese di resistenza sono sostenute dall’assicurato nell’interesse comune anche dell’assicuratore (e viceversa), esse rientrano nel genus delle spese di salvataggio. Saranno dunque soggette alle stesse regole, e se fossero sostenute direttamente dall’assicurato, nonostante il patto di gestione della lite, esse non saranno rimborsabili quando siano state affrontate “inconsideratamente”, secondo la previsione dell’art. 1914, comma secondo, c.c..

5.4. Resta da chiedersi se il patto di gestione della lite possa ritenersi vessatorio, ai sensi dell’art. 1341 c.c.: la Cassazione lo ha escluso da tempo, sul presupposto che non limita il diritto di difesa dell’assicurato (Cass. 7-6- 1995, n. 6367, in Arch. circolaz. 1996, 104). Qualcuno ha obiettato a tale orientamento che il patto, in virtù del quale l’assicurato delega l’assicuratore a scegliere l’avvocato che dovrà rappresentarlo in giudizio, in sostanza comporta una “limitazione della libertà contrattuale dell’assicurato”, il quale non potrà scegliere l’avvocato che desidera. L’obiezione tuttavia è risibile: l’assicurato non perde affatto il diritto di nominare tutti gli avvocati che volesse: semplicemente, non potrà pretendere di essere tenuto indenne delle relative spese, e pour cause: infatti, se si ammette che la nomina di un difensore rientra nel genus delle spese di salvataggio, varrà anche per gli onorari del difensore il divieto di rimborso delle spese avventate. E certamente è spesa avventata quella sostenuta per ottenere dal mio avvocato quel che già poteva darmi l’avvocato scelto dall’assicuratore.

6. Conclusioni.

L’assicuratore della responsabilità civile, codice alla mano, può farsi delegare dall’assicurato a sostenere le sue ragioni in giudizio, assumendosene la responsabilità (c.d. patto di gestione della lite “puro”). Non può però né pretendere di vietare all’assicurato di nominare altri difensori o periti (una clausola siffatta violerebbe la libertà negoziale dell’assicurato), né pretendere di sottoporre al proprio beneplacito le nomine di avvocati o periti fatte dall’assicurato (una clausola siffatta sarebbe derogherebbe all’art. 1917 c.c. in senso sfavorevole all’assicurato e sarebbe perciò nulla ex art. 1932 c.c.).
Norma di chiusura di questo sistema, a tutela dell’assicuratore, resta però l’art. 1914, comma secondo, c.c., il quale impedisce all’assicurato di pretendere il rimborso di spese di resistenza che, con l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto evitare: ipotesi, quest’ultima, che ricorrerà in tutti i casi in cui, nonostante l’assicuratore sia stato sollecito nel nominare un avvocato a tutela dell’assicurato, e nonostante tale professionista abbia diligentemente impostato il caso, l’assicurato abbia ritenuto ugualmente di rivolgersi ad un altro legale.

Nell’assicurazione della responsabilità civile, infatti, il diritto dell’assicurato alla rifusione, da parte dell’assicuratore, delle spese sostenute per resistere all’azione promossa dal terzo danneggiato, ai sensi dell’art. 1917, terzo comma, cod. civ., va escluso, in ossequio ai doveri di correttezza e buona fede, quando l’assicurato abbia scelto di difendersi senza avere interesse a resistere alla avversa domanda o senza poter ricavare utilità dalla costituzione in giudizio (così, testualmente, Cass. civ., sez. III, 19.3.2015 n. 5479).

_________________

1 CASTELLANO, Patto di gestione della lite, chiamata in causa dell’assicuratore e regime delle spese, in Giur. it., 1970, 1, 2, 617; Idem, Patto di gestione della lite, in Assicurazioni, 1969, I, 471; Fanelli, Le assicurazioni private nella giurisprudenza italiana, Roma 1941, 275; GASPERONI, La responsabilità dell’assicuratore nell’accertamento e nella liquidazione del danno, in Assicurazioni, 1949, 1, 30; Auletta, Responsabilità dell’assicuratore R.C. per la condotta della lite e per il rifiuto di transigere, in Assicurazioni, 1949, 11, 27; Idem, Condotta della vertenza nell’assicurazione R.C. ed oneri ad essa connessi, in Assicurazioni, 1942, Il, 129; Viterbo, L’assicurazione, cit., 181; GENTILE, Natura giuridica dell’assicurazione R.C., in Riv. dir. comm., 1929, I, 83.

2 TOMMASEO, Sulle clausole di gestione della lite nei contratti di assicurazione, in Assicurazioni, 1982, I, 205.

3 ANDRIOLI, Peculiarità processuali della polizza di assicurazione, in Foro it., 1935, IV, 337.
4 DONATI, Trattato del diritto delle assicurazioni private, vol. III, Milano 1956, 400-401.
5 Tesi prevalente da quarant’anni: si vedano in tal senso già Cass., 14-10-1993, n. 10170, in Dir. econ. ass., 1994, 330; Cass., 27-4-1990, n. 3548, in Arch. circolaz., 1990, 672; Cass. 9-1-1990 n. 7, in Foro it., 1991, I, 578; in Nuova giur. civ. comm., 1991, I, 422 con nota di LATTANZI, Questioni in tema di «patto di gestione» della lite incluso nel contratto di assicurazione r.c.; Cass. 24-7-1980 n. 4805, in Assicurazioni, 1981, II, 2, 10; per la giurisprudenza di merito, nello stesso senso, App. Roma, 20- 4-1983, in Temi romana, 1983, 777.
6 Cass., 17-11-1994, n. 9744, in Giur. it., 1995, I, 1, 1202, ma in questo caso il principio è affermato obiter dictum; Cass. 21-7-1979, n. 4383, in Arch. civ., 1980, 166; Cass. 22-11-1974 n. 3790, inedita; Cass. 27-4- 1973 n. 1149, inedita; nella giurisprudenza di merito, la tesi del contratto atipico è stata sostenuta da Trib. Roma, 9-2-1988, in Riv. giur. circolaz. trasp., 1988, 459.
7 App. Milano 16-3-1954, in Dir. autore, 1954, 323
8 Cass., 14-10-1993, n. 10170, in Dir. econ. ass., 1994, 330; si veda anche, in argomento, RIGOLINO BARBERIS, Assicurazione di responsabilità: ambito dei poteri del gestore della lite, in Resp. civ. prev., 1985, 256.
9 Cass., 6-7-1983, n. 4556, in Foro it. Rep., 1983, Assicurazione (contratto), n. 234; Cass., 26-4-1983, n. 2871, in Arch. circolaz., 1983, 635; Cass., 24-3-1983, n. 2064, in Arch. circolaz., 1983, 558.
10 POLOTTI DI ZUMAGLIA, Gestione della lite ed eccezioni di inoperatività di garanzia di responsabilità civile, in Dir. prat. assic., 1987, 459.
11 Cass., 7-10-1982, n. 5142, in Assicurazioni, 1983, II, 2, 79; Cass. 17-5-1979 n. 2822, inedita; Cass. 16-6-1976 n. 2281, in Foro it., 1977, I, 465; Cass. 8-6-1964 n. 1399, in Assicurazioni, 1965, II, 2, 15; Cass. 29-4-1964 n. 1032, in Assicurazioni, 1964, II, 2, 199.
12 Cass., 12-10-1981, n. 5335, in Arch. civ., 1982, 127; in Arch. circolaz., 1982, 13; Cass., 20-1-1981, n. 473, in Foro it. Rep., 1981, Assicurazione (contratto), n. 190; Cass. sez. un. 30-6-1969 n. 2374, in Assicurazioni, 1970, II, 2, 10.
13 Cass., 3-7-1997, n. 5997, in Riv. giur. circolaz. trasp., 1997, 584; Cass. 17-5-1979 n. 2822, inedita; Cass. 30-11-1977 n. 5224, in Arch. civ., 1978, 286; in Assicurazioni 1978, II, 2, 215; Cass. 18-3-1971 n. 775, in Assicurazioni, 1971, II, 2, 55; Cass. 19-1-1967 n. 172, in Assicurazioni, 1968, II, 2, 3.

   

© Riproduzione riservata