di Roberto Sommella
È il momento di spendere e non di togliere. Anche la prossima manovra di bilancio sarà all’insegna dell’indirizzo dato dal premier Mario Draghi all’azione di governo. Ma come questo possa avvenire in presenza di precisi vincoli di finanza pubblica è ancora da vedere. Qualcosa dai primi segretissimi vertici sulla finanziaria del 2022, però, emerge. Non ci sarà nessuna riduzione di budget ma sicuramente, secondo quanto è in grado di rivelare MF-Milano Finanza, qualche limatura è in arrivo. Detto che quest’anno sarà straordinario, si dovrà istituire anche una contabilità separata per l’afflusso dei soldi del Recovery Plan, il primo a fare le spese di una revisione, se l’eterogenea maggioranza troverà un accordo, sarà il Reddito di Cittadinanza. Ma non con una eliminazione netta come chiesto da Matteo Salvini e Matteo Renzi della norma manifesto del Movimento Cinque Stelle, ma attraverso una revisione dei criteri di erogazione e una stretta sugli abusi. Finora, come anticipato a questo giornale dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, sono stati revocati circa 107.000 assegni del RdC: l’obiettivo del tandem Draghi-Franco è appunto quello di rafforzare i controlli e rendere più veloce il sistema di accesso al mercato del lavoro, per migliorare una misura che comunque costa 7 miliardi di euro l’anno alle casse statali (compresa la pensione di cittadinanza).

E grava anche molto (qualcosa come 18 miliardi di risorse pubbliche a disposizione) sui conti pubblici il Superbonus 110%, che dovrebbe essere anch’esso prorogato ma con una limatura sostanziale del beneficio perché, come si ragiona tra i tecnici dei ministeri economici, lo sconto del 110% è un unicum tutto italiano che non esiste nel resto del mondo. Infine, tanto per citare le tre norme che fanno partire la manovra del prossimo anno da una ventina di miliardi di spesa indifferibile, c’è la questione più delicata perché deve mettere d’accordo Lega, Pd, Forza Italia, Leu e M5S: la fine di quota 100. Sul tavolo di Draghi a Palazzo Chigi c’è una proposta pensionistica di revisione degli scaglioni per lasciare il lavoro e rendere più morbido il ritorno nel 2022 alla legge Fornero, tanto avversata proprio dal Carroccio. Su tutto evidentemente c’è l’incognita dell’uscita o meno dall’emergenza Covid. Se si tornerà dunque alla normalità la tabella di marcia di Draghi e Franco, oltre che sulla manovra, poggia su una serie di punti cardinali che si possono sintetizzare in un quadrilatero: vaccini, crescita, partecipate, Europa.

Vaccini. La campagna portata avanti dal generale Francesco Paolo Figliuolo proseguirà spedita con l’obiettivo di mezzo milione di dosi al giorno per tutto agosto. In un primo momento, per incentivare gi italiani all’inoculazione, il governo aveva pensato di imporre un super ticket sui ricoveri dei pazienti Covid non vaccinati, ma l’idea è stata subito scartata per evitare un putiferio politico. Si andrà avanti quindi con il Green Pass e poi con l’obbligatorietà a scuola.

Crescita. Per fine anno il Tesoro stima un rialzo del pil del 5,6-5,8% ma sarà fondamentale tenere questo ritmo anche nel 2022 e 2023 per ridurre l’impatto del debito. Il governo sta anche studiando un veicolo apposito per riuscire a togliere dal parcheggio gli oltre 160 miliardi di euro di risparmio sui depositi bancari e convogliarli verso le pmi.

Partecipate. L’ingresso dello Stato in economia non viene considerato negativamente per definizione, soprattutto se si tratta di reti. Per questo, a palazzo Chigi e al Mef considerano un buon investimento l’acquisto da Atlantia di Aspi, come lo sono storicamente anche Eni, Enel e Terna. Diverso il discorso per altri settori dove è meglio uscire tornati alla normalità, Mps in primis. Per quanto riguarda l’Alitalia, il discorso è invece molto più articolato e parte dal fallimento del monopolio sulla tratta Roma-Milano che la compagnia ebbe come concessione dal governo nel 2008 ai tempi della cordata dei patrioti: da allora il vettore non si è più rialzato e ora punterà a ripartire sotto la cura del commissario Giuseppe Leogrande, riacquistando anche il nome ad un’apposita gara che verrà bandita a breve.

Europa. È il capitolo più importante e delicato dove il premier e lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si giocano la loro grande autorevolezza con i partners europei. Per capire se l’avvio di una mutualizzazione dell’indebitamento nell’Ue sarà qualcosa di più di una misura di emergenza, a Bruxelles attendono di vedere come se la caverà l’Italia con il Recovery Plan: Roma, dopo aver beneficiato del Qe e del Pepp, deve dimostrare di riuscire a stare in piedi da sola con oltre 200 miliardi di euro di aiuti. Il destino dell’integrazione europea passa di qui. E la prova del nove sarà proprio la manovra per il prossimo anno. (riproduzione riservata)

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