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Il porto di Genova nel Recovery Fund

Due anni dopo il crollo del Morandi il porto di Genova si arma per la svolta, mettendo in cantiere investimenti per quasi 2 miliardi di euro. Lo racconta in questa intervista Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità Portuale.

Domanda. Presidente, a due anni dal Morandi quali riflessi ancora sul porto?

Risposta. Dal Morandi abbiamo recuperato; anzi, con l’apertura del nuovo viadotto ci troviamo a Genova in una situazione migliore della precedente. Al momento del tragico crollo la viabilità cittadina a mare del ponte era a due corsie e non c’era la via della Superba, aperta nel porto proprio per l’emergenza. Ora abbiamo tre corsie per senso di marcia in città, resta la Superba e poi c’è il nuovo ponte che è un’infrastruttura certamente più adeguata a una città moderna.

Le banche nell’edilizia scolastica

Banche al fianco del sistema scolastico messo duramente alla prova dall’epidemia che ha costretto da febbraio gli studenti italiani alla didattica a distanza. Coinvolgere le banche con stanziamenti a fondo perduto o finanziamenti a tasso agevolato da affiancare eventualmente a contributi pubblici, per rilanciare l’edilizia scolastica in tutto il territorio italiano puntando su sicurezza, sostenibilità e innovazione didattica. L’obiettivo è risolvere, grazie a speciali erogazioni degli istituti di credito, uno dei principali problemi della scuola del Paese, mettendo in sicurezza i 40 mila edifici esistenti e costruendone nuovi, laddove necessario. È la richiesta avanzata dalla Fabi, la massima organizzazione sindacale del credito, che propone all’Abi di dare la propria disponibilità a convocare con urgenza un tavolo di lavoro e iniziare, immediatamente, il dialogo fra tutti i soggetti interessati. In cambio del supporto finanziario – secondo alcune stime servono circa 200 miliardi di euro – il governo potrebbe concedere alle banche coinvolte agevolazioni tributarie, a esempio sotto forma di deduzioni fiscali, da discutere, assieme a tutto il progetto di rilancio delle scuole italiane, nell’ambito di un comitato ad hoc a cui far partecipare i ministeri competenti, le amministrazioni pubbliche territoriali, i vertici dei gruppi bancari e le associazioni di categoria.

Balzo dei prestiti alle imprese

Balzo a giugno dei prestiti alle imprese in Italia. I finanziamenti delle banche alle aziende sono aumentati del 3,7% su base annua, in netto incremento rispetto al +1,9% di maggio, con un aumento percentuale che non si vedeva dal 2011, prima cioè della restrizione creditizia iniziata con la crisi del debito sovrano. L’ultimo dato di giugno, pubblicato ieri dalla Banca d’Italia, è tuttavia la conseguenza di un’altra crisi, quella del Covid, che ha causato una forte domanda di prestiti da parte delle aziende, sostenuta dalle garanzie statali. Come mostrato dall’ultimo lending survey di Bce e Banca d’Italia, la richiesta delle aziende si è concentrata sul circolante per far fronte all’emergenza, mentre è crollata sugli investimenti. Secondo i dati Abi aggiornati al 7 agosto, le domande presentate dalle banche al Fondo di Garanzia sono state più di 960 mila (per 67,2 miliardi di euro), di cui 810 mila fino a 30 mila euro (per un valore di oltre 16 miliardi).


L’autocertificazione di un titolo non veritiero fa decadere il docente che pure aveva vinto il concorso

L’autocertificazione di un titolo non veritiero comporta la decadenza dell’insegnante vincitore del concorso. Il Consiglio di stato (sentenza n. 4901/2020), in riforma della sentenza di giudice di primo grado, ha dichiarato la legittimità del provvedimento di decadenza dell’insegnante assunto in base ad un titolo di studio autocertificato, in fase di ammissione al concorso, rilevatosi non veritiero. La questione, di particolare rilevanza nel pubblico impiego contrattualizzato, è di particolare complessità in ragione di un intreccio di norme spesso configgenti, cui solo recentemente il giudice di legittimità ha posto rimedio. In particolare, in presenza di una dichiarazione non veritiera del candidato ormai assunto, l’Alto Consesso amministrativo ha dovuto sbrogliare le diverse norme applicabili per gli impiegati pubblici, precisando la differenza tra decadenza, licenziamento e annullamento di ufficio di cui alla legge n.241/90.

Turismo, il brand dà sicurezza

E’ un obiettivo ambizioso, ma ancora lontano da raggiungere, quello di «far sentire al sicuro i viaggiatori». Per questo occorre «investire in forme di turismo innovative. Spingere il made in Italy per valorizzarne la potenza economica». Queste, secondo Andrea Poggi, innovation leader di Deloitte Italia e North-South Europe, sono le poche ma fondamentali direttrici e il ricettario per far ripartire il turismo, un settore strategico che alimenta il 13% del pil italiano. Questo, non solo in ottica estiva, ma anche e soprattutto per i prossimi mesi, quando bisognerà garantire alle città italiane la domanda di flussi turistici internazionali e locali che meritano. Secondo i dati dell’Osservatorio quindicinale di Deloitte, State of the Consumer Tracker, prevalgono ancora paura e cautela tra i turisti: solo il 28% degli intervistati si sente sicuro di volare e poco più alta è la percentuale di chi si sente tranquillo a soggiornare in hotel (41%). «Attrezzarsi per il “new normal” in tempi brevi», spiega Poggi, «è decisivo per riposizionarsi tra le mete dei viaggiatori e per investire le cospicue risorse attese dal Next Generation Europe su uno dei settori che ha un profilo di eccellenza indiscussa. Per Poggi, «risulta strategico digitalizzare la filiera del turismo e creare poli turistici interconnessi, anche per aumentare la collaborazione tra le imprese coinvolte ed amplificarne il potenziale commerciale. Nell’attuale contesto competitivo, l’innovazione e la promozione di un turismo digitale con modalità di fruizione ibride, se sostenuta da politiche industriali coraggiose, può rivelarsi un’importante alleata per riposizionare il made in Italy, un brand che, se registrato, sarebbe tra i più noti al mondo.»


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Autostrade, in 10 anni speso il 28% in meno di quanto promesso

Un affare pazzesco, quello delle concessioni autostradali. Fra il 2009 e il 2018 gli azionisti di Autostrade per l’Italia si sono messi in tasca 6 miliardi di dividendi. Di cui 518 milioni nel solo 2018, l’anno del crollo del viadotto a Genova. Una pioggia di denaro andata ai soci, ma a scapito degli investimenti. Ricapitoliamo. Dopo due anni dal crollo di Genova, trascorsi inutilmente, si arriva a una specie di accordo. La Cassa depositi e prestiti subentrerà gradualmente ad Atlantia dei Benetton nel capitale di Aspi, acquistando inizialmente il 33%. Ma non c’è niente di firmato. L’annuncio dell’accordo serve soprattutto a placare le polemiche: inevitabili, perché non avendo affrontato per due anni la faccenda si è dovuto riconsegnare il ponte appena ricostruito ad Aspi, ancora titolare di una concessione efficace. Non più la cessione diretta e graduale della partecipazione alla Cassa e ad altri investitori di suo gradimento, come proposto qualche settimana prima, bensì la vendita del proprio 88% di Autostrade sul mercato. Vendita alla quale, è scritto nella lettera, «potrà partecipare Cassa depositi e prestiti…» Uno scenario completamente diverso, nel quale la Cassa non avrebbe voce in capitolo sul prezzo delle azioni. Quindi siamo allo stallo, in una sfida dove il tempo gioca chiaramente a favore di Atlantia e dei Benetton, grazie pure all’incertezza della situazione politica. L’ultima novità è la mossa della Fondazione Cassa di risparmio di Torino, terzo azionista di Atlantia con quasi il 5%, che si è schierata a sostegno della vendita delle azioni Aspi sul mercato.

Così il digitale aumenta il divario tra le due Italie
Si fa presto a dire che l’Italia digitale è indietro. Che ci sono tante parti del paese dove la rete veloce ancora non arriva. Che gran parte delle scuole non sono connesse. Si fa presto a dire che siamo ultimi in Europa per le competenze digitali dei cittadini . In realtà quando parliamo del divario digitale italiano non c’è l’Italia, ci sono tante «Italie»: il nostro ritardo complessivo è fatto da situazioni diverse in cui incidono diversi fattori: l’età, il genere, il titolo di studio. Ma più in generale quando parliamo dell’Italia digitale esiste, come per il resto del paese, un Nord e un Sud: esistono regioni non lontane dalla media europea ed altre che invece sembrano vivere in un film in bianco e nero; e inoltre esistono province che, pur inserite in contesti arretrati, sono riuscite a mettersi in marcia ottenendo risultati clamorosi e brillanti.
Non è questa la sede per stabilire quale sia la causa e quale l’effetto, ma la correlazione esiste, chiara e forte; e non esiste per esempio, sull’uso del social, dove invece si verifica un fenomeno contrario, nel senso che il maggior utilizzo dei social si riscontra in aree depresse dal punto di vista socio-economico.
Queste e altre considerazioni sono contenute nel primo rapporto Censis sullo stato della trasformazione digitale in Italia. È stato realizzato poco prima del lockdown, che pure è stato un potente acceleratore, non solo delle competenze di molti, ma della consapevolezza di tutti. Tutti adesso hanno capito che una società digitale evoluta è la condizione necessaria per la resilienza. Vuol dire che i cittadini di qualunque comune dal 1 marzo devono, se lo vogliono, poter fare tutto online. Dal punto di vista dei numeri si tratta di fare una trasformazione rapida come un time-lapse: dopo 15 anni di rinvii e false partenze, in 200 giorni dobbiamo provare a recuperare il tempo perduto. Non accadrà con una bacchetta magica: serve uno scatto in avanti, di tutti. Ne saremo capaci? Intanto vediamo da dove partiamo. Il Censis ha costruito due ranking: il primo misura il progresso socio-economico delle 281 regioni europee. Fra le italiane in testa le province di Trento e Bolzano, Emilia- Romagna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia: ma la prima italiana è al 164esimo posto, e occupiamo l’ultimo posto assoluto, con la Sicilia. Se guardiamo solo agli indicatori digitali, non cambiano le prime posizioni italiane ma partiamo dal 213esimo posto; e in fondo troviamo la Calabria.

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«I cantieri stanno ripartendo Via all’Alta velocità a Nord-Est»

L’Alta velocità ferroviaria tra Torino e Venezia, già completata fino a Verona, fa 50 chilometri di passi in avanti verso l’Adriatico, fino a Vicenza. La firma sul nuovo contratto per la tratta Verona-Bivio di Vicenza (il secondo e terzo lotto riguarderanno l’attraversamento di Vicenza e il tratto fino a Padova) è stata messa ieri a Verona alla presenza del ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli: commissionati da Rfi del gruppo Ferrovie dello Stato, i lavori saranno realizzati dal consorzio Iricav Due, costituito per circa l’83% dal gruppo Webuild (compreso il 37,49% Astaldi) e per il 17% da Hitachi Rail STS. Un nuovo passo non solo nella trasversale Est-Ovest del Paese, attesa dagli anni ‘90, «ma anche — spiega Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild — nella strategia industriale di Progetto Italia, l’operazione di consolidamento promossa da Webuild, con il supporto di Cassa depositi e prestiti, Banca Intesa, Unicredit e Popolare di Milano, per il rafforzamento del settore delle infrastrutture nel Paese».

Bezos d’oro, Ferrero l’italiano più ricco

’uomo più ricco al mondo resta Jeff Bezos, il fondatore di Amazon: 187 miliardi di dollari il suo patrimonio netto. D’altra parte la pandemia ha accelerato la crescita dell’e-commerce. Seguono il fondatore di Microsoft Bill Gates (121 miliardi di dollari) e Mark Zuckerberg , il patron di Facebook, con 102 miliardi. Come avviene da anni, il podio dei Paperon De Paperoni globali — rappresentato in questo caso dalla classifica Bloomberg Billionaires — è monopolizzato dagli Usa e dal settore delle tecnologie. Dei 10 capitani d’impresa più ricchi al mondo otto sono americani e sette si occupano di tecnologie. Il primo italiano si trova al 29esimo posto (era al 34esimo lo scorso anno, ha quindi recuperato cinque posizioni). Parliamo di Giovanni Ferrero, con un patrimonio stimato di 32,9 miliardi di dollari accumulato grazie al successo dello storico marchio di famiglia, oggi sempre più globale tramite una aggressiva politica di acquisizioni.


Banche Ue, il Covid costa 60 miliardi

Secondo i calcoli di Goldman Sachs, sono 60 i miliardi di euro che le banche del Vecchio Continente hanno accantonato, nei primi sei mesi dell’anno, per fare fronte all’emergenza innescata dal Covid-19 e all’aumento delle sofferenze sui prestiti che occorrerà mettere in conto nei mesi a venire. Si tratta di una cifra destinata a crescere ancora, già 3 volte superiore a quanto messo da parte nello stesso periodo dello scorso anno.

Superbonus, fuori dai condomini niente 110% sulle parti comuni

Non potranno beneficiare del superbonus del 110% i lavori sulle parti comuni delle bifamiliari di proprietà dello stesso soggetto o in comproprietà tra coniugi. È questo uno dei tanti chiarimenti dell’agenzia delle Entrate contenuti nella circolare 24/E/2020, in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto del ministero dello Sviluppo economico, che ridurrà gli interventi dell’ecobonus trainati, il limite di spesa per i pannelli solari termici da 92.307,69 euro a 46.153,85 euro e attiverà un limite massimo di detrazione di 15mila euro per i dispositivi multimediali.

Versamenti sospesi nel lockdown: ecco chi li può spalmare su due anni

Il decreto Agosto, con la formula «salvo intese tecniche», prevede, un’ulteriore rateazione dei versamenti sospesi. In pratica, i versamenti agli articoli 126 e 127, del decreto legge 34/2020 (decreto Rilancio), possono essere effettuati, senza sanzioni e senza interessi, per un importo pari al 50% delle somme oggetto di sospensione, in unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateazione, fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020. Il restante 50% delle somme dovute può essere effettuato, senza sanzioni e senza interessi, mediante rateazione, fino a un massimo di 24 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata, entro il 16 gennaio 2021.