Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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Secondo trimestre in calo per il colosso bancario francese Crédit Agricole, che nonostante la crisi pandemica da Covid-19 è però riuscito a contenere la diminuzione di utili e ricavi. Nel periodo aprile-giugno l’istituto di credito guidato dal ceo Philippe Brassac ha conseguito profitti netti per 1,48 miliardi di euro, in calo del 18,2% su base annua, con ricavi scesi del 4,6% a 8,02 miliardi ed un Cet1 capital ratio che ha mostrato un robusto 16,1%. «L’attività commerciale del gruppo», spiega la banca guidata dal ceo Philippe 
Brassac, «è stata buona durante il periodo, ma particolarmente sostenuta alla fine di esso» mentre gli asset in gestione sono cresciuti del 7,1% rispetto al corrispondente periodo del 2019, così come le assicurazioni vita (+1,6%).
Dopo le rivelazioni di MF-Milano Finanza, non è chiaro quale potrà essere la stesura finale della norma che sarebbe contenuta nel decreto Agosto con la quale si stabilirebbe, in nome del golden power, l’obbligo di notifica preventiva al Governo non solo delle acquisizioni di partecipazioni che comportino il controllo delle società soggette alla normativa in questione, ma anche di quelle che consentano l’acquisizione di un notevole controllo, benché conseguito da persone giuridiche o fisiche europee. L’intento sarebbe quello di potere intervenire, da parte dell’Esecutivo, sull’assunzione di partecipazioni in Mediobanca e, in particolare, sul progetto della Delfin di Del Vecchio di salire da circa il 10 al 20% nell’istituto di piazzetta Cuccia. Lo scopo ultimo della misura che sarebbe stata progettata riguarderebbe la salvaguardia dell’autonomia delle Generali, di cui Mediobanca è il principale azionista con circa il 13%. Di qui l’efficace titolazione del Backstage, pubblicato ieri su questo quotidiano, che evoca un autunno caldo per quest’ultimo istituto.

Garantire gradatamente l’interesse pubblico con la richiesta di adeguamento dei massimali di polizza assicurativa. E’ questo l’obiettivo che persegue il decreto semplificazione nella condivisibile disposizione che affronta il tema delle copertura assicurative da presentare in sede di gara.
La materia viene rivista nell’ambito di una modifica dell’articolo 83 comma 4, lettera c) del codice appalti il quale prevede che, ai fini della partecipazione degli operatori economici a procedure per l’affidamento di servizi o fornitura, le stazioni appaltanti possano richiedere il possesso di «un livello adeguato di copertura assicurativa contro i rischi professionali», come (in potenziale e facoltativo concorso con il fatturato minimo e i movimenti contabili) strumento dimostrativo di capacità economica e finanziaria.
In caso di recesso unilaterale del committente del contratto d’appalto, grava sull’appaltatore, che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno, l’onere di dimostrare quale sarebbe stato l’utile netto da lui conseguibile con l’esecuzione delle opere appaltate.
È quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 15304 del 17 luglio 2020.

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  • Mps, la banca che vale un quinto delle sue cause
Domanda insidiosa per gli esperti di Mps: chi mai può comprarsi la banca senese quando capitalizza 1,78 miliardi in Borsa (+0,78% ieri) e ha 10 miliardi tondi tra richieste danni e contenziosi (da fine luglio anche 3,8 miliardi della Fondazione Mps), coperti solo per 1/20 nelle poste di bilancio? Sembra una di quelle domande con risposta così evidente che dev’esserci un trabocchetto sotto. È noto che i rischi legali sono tra le cose più difficili da prezzare sul mercato: la causa persa paga zero, la causa vinta paga tutto. Stanziare riserve capienti (qualche miliardo, in aggiunta ai circa 700 milioni che a mesi Mps assorbirà per la nuova pulizia crediti targata Amco), è impossibile. La prassi più in uso sarebbe che chi vende offrisse una manleva a chi compra. Ma il Tesoro socio quasi unico, che sta cercando di accelerare il dossier della riprivatizzazione senese, non pare dell’idea: temendo le ricadute politiche della mossa. Forse, alla fine, un trabocchetto ci sarà: all’asta per Mps si presenterà solo il battitore, e per evitare danni più gravi si dovrà nazionalizzare la banca come parte del governo spera.

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  • L’Istat: industria in ripresa (+8,2%), bene i consumi
Il mese di giugno registra una crescita della produzione industriale superiore alle attese. Il rimbalzo rispetto al mese di maggio è dell’8,2%, vale ricordare che proprio in maggio la ripresa aveva segnato una forte accelerazione, con una crescita della produzione industriale del 41,6%. L’avvio dell’estate coincide, dunque, con una crescita congiunturale di tutti i settori, con l’eccezione della produzione di prodotti farmaceutici di base. A certificare l’andamento dell’industria italiana è l’Istat, specificando che «sebbene in recupero, i livelli produttivi restano ancora distanti da quelli prevalenti prima dei provvedimenti legati all’emergenza sanitaria». Ma a fronte di previsioni che per il mese di giugno stimavano la crescita della produzione industriale compresa tra il 3 e il 5%, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, interviene per specificare che «prosegue la ripresa della nostra economia». Tanto che il titolare di Via XX Settembre prefigura «i presupposti per un forte rimbalzo del Pil nel terzo trimestre», aggiungendo che «l’Italia è sulla strada giusta». Qualche rassicurazione arriva, del resto, dai dati in ripresa sui consumi delle famiglie. «A giugno,l’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio è tornato sopra quota cento (101,8), spinto dalla ripresa degli acquisti non alimentari (+24,4% la variazione in valore rispetto al mese di maggio). A rimettersi in moto sono stati pure i settori più colpiti dal lockdown. L’industria del tessile dell’abbigliamento segna a giugno un balzo del 17,3%. Riavviata la produzione di autoveicoli (+36,8%), ma in questo caso le difficoltà del settore restano irrisolte. Nel mese di giugno la produzione dell’industria risulta in calo del 39,4% rispetto al giugno del 2019, e il primo semestre chiude con una flessione del 39,6% rispetto allo stesso periodo del 2019.
  • Crédit Agricole, in Italia 334 milioni di utili in sei mesi
ll gruppo Crédit Agricole — considerato in tutte le unità societarie e organizzative operanti in Italia — ha fatto registrare nel primo semestre del 2020 un utile netto pari a 334 milioni di euro, in calo 27% rispetto al 2019. In particolare i risultati del gruppo bancario Crédit Agricole Italia hanno risentito nel primo semestre degli effetti della crisi dovuta alla pandemia da Covid-19. L’andamento è stato influenzato da accantonamenti prudenziali a fronte della crisi Covid-19. L’utile netto si attesta a 97 milioni di euro, in calo del 38% su base annuale, un risultato che «include rettifiche straordinarie prudenziali a fronte della crisi Covid-19 per 108 milioni». I ricavi si attestano a 914 milioni (-6%) e risentono della pandemia. Le commissioni nette sono state pari a 411 milioni e risultano in diminuzione del 8,2%, risentendo «sia della riduzione dell’operatività bancaria commerciale nel periodo del lockdown, che dell’andamento sfavorevole dei mercati che ha portato a minori proventi da collocamento prodotti».

  • FinecoBank, raccolti 679 milioni a luglio
FinecoBank ha chiuso il mese di luglio con una raccolta netta positiva per 679 milioni di euro, in crescita del 62% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Prosegue poi anche la crescita del brokerage, con ricavi stimati per luglio a 18,7 milioni, (+66%).
  • Anima, masse gestite a oltre 185 miliardi
La raccolta netta di risparmio gestito (escluse le deleghe assicurative di Ramo I) di Anima è stata positiva a luglio per 210 milioni di euro, portando il totale da inizio anno a 785 milioni. Il dato comprende anche l’avvio di un nuovo mandato istituzionale per 500 milioni.

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  • Dopo l’esplosione del porto di Beirut, AM Best commenta sulle potenziali esposizioni assicurative
La devastante esplosione del porto di Beirut, avvenuta martedì 4 agosto, ha causato molte vittime e notevoli danni, ma i tassi di penetrazione assicurativa locale in Libano sono generalmente bassi, ha detto AM Best in un commento di mercato. Per il mercato internazionale, tuttavia, ci si aspetta che i settori marittimo e immobiliare siano influenzati, ha detto AM Best, osservando che alcuni osservatori stanno facendo dei paragoni con l’esplosione del 2015 nel porto cinese di Tianjin. L’esplosione di Tianjin ha evidenziato l’esposizione all’accumulo nei porti per gli assicuratori e i riassicuratori internazionali e ha causato ingenti perdite per i principali vettori globali, ha proseguito l’agenzia di rating.

  • Business interruption: AXA paga 12 milioni di euro al Gruppo Flo
Il caso dei contratti di assicurazione di interruzione di attività “senza danni” in caso di pandemia ha costituito una pietra miliare per il mondo delle assicurazioni. E la denuncia
di un ristoratore, Stéphane Manigold, ha messo AXA al centro di questa controversia,
soprattutto da quando l’assicuratore è stato condannato per indennizzare il suo cliente, per poi  arrivare ad un accordo extragiudiziale. Dopo due mesi di conflitto di alto profilo.
Eppure è lontano dai riflettori che la compagnia di assicurazioni sta per firmare un assegno di 11,9 milioni di dollari al Groupe Flo, una delle principali società di ristorazione francesi. Una boccata d’ossigeno per la società, attiva nel mondo delle birrerie a Parigi (La Coupole, Vaudeville, Terminus Nord…) e gestore della catena Hippopotamus. Il Gruppo Flo ha visto
le vendite del periodo gennaio-giugno diminuire del 54,5% a 38,6 mln di euro.
  • Axa subisce il peso della crisi
L’assicuratore mostra un utile operativo in calo del 50% al primo semestre. Sta rinunciando al suo dividendo di fine anno e abbandona il suo progetto per la vendita della sua controllata AXA Life Europe. L’assicuratore stima a 1,5 miliardi di euro il costo della crisi sanitaria