di Luca Gualtieri
Il termine sarebbe fissato per domani, quando, considerando anche le bank holidays intercorse tra giugno e agosto, scadranno i 60 giorni lavorativi dell’istruttoria Bce. Il via libera di Francoforte a Leonardo Del Vecchio per la scalata a Mediobanca è insomma questione di giorni, se non di ore. Ancora ieri sera, pur nella girandola di indiscrezioni circolate durante la giornata, mancava l’ufficialità, ma sembra che i manager più vicini a Del Vecchio siano stati preallertati per la giornata di oggi.

Se la luce verde viene data per scontata, sarà di estremo interesse conoscere i dettagli della decisione della Bce a partire dalla presenza di eventuali condizioni. L’esame a cui Delfin è stata sottoposta del resto è assai meticoloso. L’autorizzazione per l’acquisto di una qualifying holding è necessaria non solo per superare il 10%, ma anche per portarsi sopra il 20%, il 30% (soglia di opa) e il 50% in termini di azioni o di diritti di voto. A disciplinare la materia è la direttiva Crd IV del 2013 che pone paletti precisi o assestment criteria. In primo luogo Bce valuta la reputazione del possibile compratore in termini di integrità e affidabilità, concentrandosi sulle competenze professionali e soprattutto sul track record nell’industria finanziaria come manager o investitore. Francoforte passa poi in esame la solidità patrimoniale del compratore che deve indicare le fonti di finanziamento e offrire assicurazioni sulla stabilità finanziaria del progetto. A questo paletto si collega il successivo: Bce accerta infatti da un lato che gli acquisti non abbiano conseguenze sulla stabilità finanziaria della banca e dall’altro lato che la struttura societaria del compratore non abbia un eccessivo livello di complessità. Al termine dell’esame Francoforte (su proposta di Bankitalia) può porre alcune condizioni alle quali il compratore ha facoltà di opporsi nell’ambito di un’audizione. In caso di bocciatura della richiesta è infine previsto il ricorso presso la Corte di Giustizia Europea.

Delfin e i suoi advisor (dall’avvocato Sergio Erede al top banker di Jp Morgan Vittorio Grilli) hanno preparato con estrema attenzione il filing, avendo cura di prevenire tutte le possibili obiezioni dell’organo di vigilanza. Per rassicurare il regolatore, per esempio, la holding ha deciso di presentarsi come investitore finanziario, soggetto cioè che, pur prendendo parte alla vita societaria della partecipata, non è interessato a esercitare funzioni di controllo. Non solo. Del Vecchio ha lasciato intendere di non voler depositare una lista per l’assemblea di ottobre che dovrà eleggere il nuovo cda. In base alla normativa europea un investitore finanziario potrebbe presentare candidature senza per questo vedersi contestare l’esercizio di un’influenza dominante; salvo però il caso in cui, fatto il pieno di voti in assemblea, ottenesse la maggioranza in consiglio di amministrazione. In Mediobanca (dove oggi Mister Luxottica è primo azionista al 9,9%, davanti al 6,7% di Vincent Bolloré e al 3,3% di Mediolanum) oggi uno scenario del genere non è remoto e il passo indietro preventivo di Delfin va forse letto proprio in questa chiave.

Se insomma finora i toni sono stati concilianti, rimane difficile azzardare previsioni sull’esito della partita. In Piazzetta Cuccia preoccupa soprattutto la possibilità che il nuovo azionista voglia mettere in discussione l’indipendenza del management, requisito difeso strenuamente negli ultimi 15 anni. Nel frattempo il board sta definendo le modifiche allo statuto (a partire dagli articoli 15 e 24 che disciplinano la carica dell’amministratore delegato) e la rosa di candidati che dovrebbe essere eletta dall’assemblea di ottobre. Vige insomma la regola aurea del business as usual, anche se i nervi sono a fior di pelle. (riproduzione riservata)

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