di Anna Messia
La partnership di lungo termine resta saldamente blindata ma Poste Italiane e Anima holding, qualche mese fa, hanno deciso di riscrivere più di qualche passaggio centrale del loro accordo distributivo che scadrà nel 2033. Una partnership strategica per entrambe le parti con decine di miliardi di asset in ballo: a marzo del 2018, Poste Italiane, come noto, ha avviato la scissione parziale in favore di Anima Sgr delle attività di gestione di attivi sottostanti a prodotti assicurativi di ramo I. In ballo c’erano maxi asset per oltre 70 miliardi di euro e Poste, in cambio dei 120 milioni pagati complessivamente da Anima, si è anche impegnata a distribuire i fondi comuni del gruppo guidato da Alessandro Melzi D’Eril (per il 54% del totale). Un accordo che non è solo di carattere commerciale, visto che il gruppo guidato da Matteo Del Fante dal 2015, è anche azionista di Anima holding con una quota pari al 10%. Partecipazione che a giugno scorso il gruppo postale ha deciso di svalutare (per la seconda volta) di altri 19 milioni per avvicinare il valore di carico (nel 2015 pagò a Mps le azioni a un valore superiore ai 5 euro) alle attuali quotazioni di Anima, che sfiorano 3,8 euro.

Tornando agli accordi commerciali, le fluttuazioni di mercato registrate nei mesi scorsi hanno convinto le parti della necessità di sedersi intorno a un tavolo per puntellare gli accordi con modifiche che, almeno per ora, nulla hanno a che fare con gli effetti provocati sul Covid-19 su Borse e raccolta. La necessità di rivedere obiettivi e traguardi commerciali è invece essenzialmente legata alle fluttuazioni dello spread sui Btp, registrate in particolare alla fine dello scorso anno, Perché grazie alla fluttuazioni del valore dei titoli di Stato italiani (parte preponderante dei circa 70 miliardi di euro che Poste Italiane ha affidato ad Anima) il valore di quegli asset alla fine dello scorso anno era arrivato a sfiorare i 90 miliardi di euro superando ampiamente i target che erano stati fissati nell’accordo con Anima siglato nel 2018. Così per gli anni a venire sono stati ridimensionati i nuovi obiettivi, abbassando la percentuale di polizze di Ramo I che Poste Italiane sarà obbligata a trasferire ad Anima, che è stata gradualmente ridotta: dal 61% degli asset complessivi di polizze tradizionali, fissato del precedente accordo, si è passati al 53% per quest’anno, per scendere al 48% nel 2021 e al 45% a partire dal 2022. Ma non solo. Poste Vita, la compagnia assicurativa del gruppo Poste Italiane, come del resto le altre compagni di mercato, sta gradualmente riducendo la componente di polizze di ramo I a favore di prodotti misti e anche gli asset che potranno essere ceduti ad Anima, sotto il cappello delle polizze di ramo primo, potranno via via andare oltre i Btp, comprendendo per esempio obbligazioni corporate investment grade o high yield. Con uno scudo protettivo per Anima che durerà almeno un anno. Perché i nuovi accordi prevedono che i meccanismi di verifica delle performance di Anima Sgr, e i rimedi in caso di underperformance, non saranno applicati per un periodo indicativo di un anno per i titoli diversi dalle obbligazioni governative area euro sottostanti le polizze di ramo primo, a oggi, come detto, essenzialmente Btp.

Novità che tengono quindi conto delle nuove tendenze emerse nel mercato e vista la lunga scadenza degli accordi, fissata come detto nel 2033, non si possono certo escludere nuovo aggiustamenti in corsa con Poste, con l’obittivo ultimo di mantenere fermi i livelli di redditività per entrambe le parti. Del resto Anima ha di recente riscritto anche gli accordi con Banco Bpm (che della holding detiene il 15,4%) per rivedere gli obiettivi di raccolta netta e gli indennizzi che dovranno essere pagati alla società di gestione in caso di mancato raggiungimento del traguardo. (riproduzione riservata)

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