Gli asset gestiti dalle reti sono tornati ai livelli pre-Covid I banker hanno assistito bene gli investitori, dice Molesini (Assoreti) Ma devono passare dalla consulenza finanziaria a quella patrimoniale Paolo Molesini è presidente di Assoreti dal giugno 2018 e dal febbraio 2020 ha assunto la carica di presidente di Fideuram-Intesa Sanpaolo private banking, dopo esserne stato, dal 2015 al 2019 amministratore delegato e direttore generale. È entrato in B.Intesa come responsabile della divisione private banking nel luglio 2003. È stato consigliere di Sociètè Europèenne de Banque, Banco di Napoli ed Eurizon A.I.
Paolo Molesini è presidente di Assoreti dal giugno 2018 e dal febbraio 2020 ha assunto la carica di presidente di Fideuram-Intesa Sanpaolo private banking, dopo esserne stato, dal 2015 al 2019 amministratore delegato e direttore generale. È entrato in B.Intesa come responsabile della divisione private banking nel luglio 2003. È stato consigliere di Sociètè Europèenne de Banque, Banco di Napoli ed Eurizon A.I.di Ester Corvi
Il Covid è ormai alle spalle. Almeno guardando alla valorizzazione dei prodotti finanziari e dei servizi d’investimento distribuiti dagli intermediari associati ad Assoreti, che a giugno ha toccato 614,6 miliardi, di poco inferiore alla cifra di fine 2019 (619,8 miliardi). Per Paolo Molesini, presidente dell’associazione di categoria, si può guardare con ottimismo al futuro, facendo però tesoro dell’esperienza del lockdown.

Domanda. A giugno il patrimonio gestito dalle reti di consulenti finanziari è tornato vicino ai livelli di dicembre. Come spiega questo risultato?

Risposta. Le reti hanno un vantaggio competitivo molto importante, quello di essere sempre vicine ai clienti e lo sono state anche nella difficile fase del lockdown. Al posto della presenza fisica, i contatti dei consulenti finanziari sono stati da remoto, permettendo così di mantenere la continuità nelle relazioni. In questo modo i clienti sono stati rassicurati, non hanno disinvestito nei momenti più critici, quando sembrava che le borse non sapessero quale direzione prendere, e hanno potuto così beneficiare del consistente rialzo dei mercati nel secondo trimestre.

D. L’esperienza del lockdown cambierà il vostro modo di lavorare in futuro?

R. Il nostro lavoro consiste nel dare disciplina alla gestione degli investimenti del cliente, in funzione dei suoi obiettivi. In sintesi, vuol dire stare vicino al cliente, costruire un asset allocation di lungo periodo e adattarla ai vari scenari dei mercati finanziari. Nella fase del lockdown abbiamo svolto tutti questi compiti, ma da remoto. Una modalità che stiamo portando avanti, perché permette di migliorare l’efficienza della rete. Prima di marzo solo il 10% in media dei clienti era digitale, adesso sappiamo che sono l’ampia maggioranza e il processo è ancora in forte crescita.

D. In che modo viene incrementata l’efficienza?

R. Il contatto diretto con il cliente è fondamentale, ma da remoto la comunicazione è più focalizzata. Si arriva al punto molto più velocemente, con meno divagazioni.

D. Perché è importante il ruolo di una rete di consulenti finanziari in fasi di grande incertezza?

R. Le reti hanno una quota di mercato significativa del risparmio degli italiani. E gestire il risparmio vuol dire gestire anche il futuro delle persone. Nella fase molto complicata che abbiamo vissuto, i consulenti finanziari sono stati molto bravi a tenere sotto controllo gli eventuali momenti di panico dei clienti. Sono professionisti che hanno permesso alle reti di passare indenni la fase più tumultuosa dei mercati, con i risultati che abbiamo visto in termini di patrimonio gestito, tornato a giugno ai livelli pre-Covid.

D. Dai dati di giugno si rileva un aumento del 9% della componente gestita e del 4,6% di quella amministrata. Come mai?

R. Il gestito ha il vantaggio di essere più diversificato, un aspetto che si è rivelato centrale, perché permette di attrarre anche maggiori investimenti. Il gestito vince sempre sull’amministrato. E questi dati lo dimostrano.

D. In che modo le reti di consulenti finanziari possono aiutare l’investimento produttivo del risparmio degli italiani, contribuendo all’economia reale?

R. Tutte le reti si stanno organizzando per veicolare una parte degli investimenti in attività reali, tramite il private equity, intervenendo così nel settore produttivo e contribuendo alla creazione del prodotto interno lordo. Il ruolo di Assoreti è di sollecitare comportamenti e attività, anche normative, che assicurino la crescita sana del risparmio degli italiani, garantendo il loro benessere finanziario.

D. I Pir sono a suo parere uno strumento adatto per incidere nel tessuto produttivo?

R. Credo che dopo la chiarezza normativa che è stata fatta, i Pir possano essere uno strumento adeguato per le piccole e medie aziende per finanziarsi, ma soprattutto per decidere di quotarsi in borsa, adottando così una governance più evoluta, che è il vero punto debole della maggioranza di queste realtà.

D. Quali sviluppi auspica per il futuro delle reti?

R. Le reti devono essere sempre più in grado di gestire non solo il patrimonio finanziario, ma la totalità del patrimonio del cliente. Può sembrare strano, ma la maggior parte dei clienti non hanno una visione complessiva del loro patrimonio e questo gli impedisce di fissare adeguati obiettivi di rendimento futuro. Accanto a quello finanziario, c’è infatti anche patrimonio immobiliare, che merita una corretta valutazione, in funzione delle scelte attive che un consulente finanzio può consigliare. Dalla consulenza finanziaria occorre passare alla consulenza patrimoniale, che implica un rapporto evoluto e sincero da ambo le parti. Solo in questo modo sarà possibile avere una valutazione corretta della ricchezza dei clienti e gestirla in coerenza con gli obiettivi che vogliono ottenere, tenendo sotto controllo allo stesso tempo i rischi, in funzione delle fasi alterne dei mercati finanziari. Il passaggio dalla consulenza finanziaria a quella patrimoniale è un processo che abbiamo fatto partire da tempo, ma che intendiamo sviluppare ulteriormente. (riproduzione riservata)

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