di Luca Gualtieri
Come a Milano, anche a Trieste il via libera della Bce a Leonardo Del Vecchio non ha suscitato particolari clamori. Il rafforzamento di Mister Luxottica in Mediobanca è un dato ormai ampiamente metabolizzato ai vertici della compagnia di cui Piazzetta Cuccia è il socio di maggioranza relativa al 12,8% e Delfin il terzo azionista al 4,84%. Tanto più che nessuno si aspetta ripercussioni nel breve, con il vertice confermato da appena un anno e tutta la prima linea impegnata a gestire l’emergenza del Covid. Semmai sarà interessante capire come il nuovo assetto di Mediobanca sposterà gli equilibri in vista del rinnovo del 2022.
Da qualche tempo, del resto, in Generali il fronte privato è in movimento e spinge per una più equa spartizione del potere. Un proposito maturato soprattutto dopo l’ultimo rinnovo del board che ha confermato Philippe Donnet come ceo e Gabriele Galateri come presidente. Francesco Gaetano Caltagirone, per esempio, vedrebbe di buon occhio un assetto più plurale della governance. Non per caso il primo azionista privato delle Generali (oggi attestato al 5,11%) ha appoggiato con decisione la recente modifica dello statuto che, con la lista del cda, allinea il Leone alle best practice internazionali e introduce un meccanismo più collegiale di cooptazione. Il primo test sarà il rinnovo del 202, quando numerose poltrone dovrebbero liberarsi al vertice della compagnia. Fino ad allora il fronte italiano potrebbe ulteriormente rafforzarsi e c’è chi ipotizza che le quote congiunte di Caltagirone, Del Vecchio, Benetton (3,99%) e De Agostini (1,7%) possano arrivare fino al 20%, superando ampiamente il 12,9% attualmente detenuto da Piazzetta Cuccia. «Nessuno vuole mettere in minoranza Mediobanca. Al contrario, è auspicio degli azionisti italiani di Generali coinvolgerla in un processo di trasformazione e di crescita», spiega una fonte. Difficile dire quali saranno gli esiti di questo processo. Nemmeno si può escludere che la stessa Piazzetta Cuccia decida di smontare la storica partecipazione. In molteplici occasioni il ceo Alberto Nagel ha spiegato che la quota potrebbe essere ceduta per finanziare una grande acquisizione strategica. Una cosa è certa: a Milano come a Trieste il cambiamento è ormai alle porte. (riproduzione riservata)

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