I dati nel report dell’osservatorio di Exprivia relativi al secondo trimestre del 2020
Oltre il 60% degli eventi ha provocato il furto di dati
Pagina a cura di Antonio Longo

Rispetto ai primi tre mesi del 2020, nel secondo trimestre dell’anno, in piena emergenza Covid- 19, si è registrato un incremento degli attacchi informatici di oltre il 250%. Da gennaio a marzo erano stati 47, da aprile a giugno sono stati 171, ben 86 solo a giugno, il mese in cui è stato rilevato il numero maggiore di attacchi, incidenti e violazioni della privacy a danno di aziende, privati e pubblica amministrazione. È quanto emerge dai dati contenuti nella seconda edizione del report elaborato dall’Osservatorio sulla cybersecurity di Exprivia.
Crimini informatici e pandemia. Gli esperti di Exprivia, analizzando 40 fonti di informazione pubbliche, ritengono che l’emergenza abbia influito, in maniera decisiva, sulla sicurezza informatica a causa dell’incremento dello smart working, alla maggiore connessione ai social network e alla riapertura delle industrie subito dopo il lockdown.

Dalla lettura del report si evince, infatti, che la maggior parte degli attacchi sono da collegare all’emergenza Coronavirus, oltre il 60% degli eventi ha provocato il furto dei dati con una crescita a tripla cifra rispetto al primo trimestre (+ 361%), superando in maniera significativa sia le violazioni della privacy (11% dei casi) che le perdite di denaro (7%).

Inoltre, gli analisti evidenziano anche l’elevato rischio che riguarda i sistemi di videosorveglianza presi di mira dagli hacker. Termini come «Corona Antivirus» e simili sono stati utilizzati dai cyber criminali per introdurre software malevoli nei computer delle vittime, compromettendone il funzionamento.

«Il cybercrime ha trovato terreno fertile soprattutto a causa di una diffusa mancanza di cultura digitale, anche nei singoli cittadini, e dell’inadeguatezza con cui aziende ed enti pubblici proteggono dati sensibili e sistemi informatici», osserva Domenico Raguseo, direttore Cybersecurity Exprivia, «prevediamo che nei prossimi mesi corrano un rischio elevato di attacchi anche i sistemi di videosorveglianza e i dispositivi IoT collegati a Internet che non vengono protetti adeguatamente, facilitando accessi illegittimi».

Crescono gli attacchi «hacktivistici». I dati contenuti nel report sottolineano anche la crescita di un altro fenomeno nel corso del secondo trimestre (oltre il 700%), quello degli attacchi di matrice «hacktivistica», ossia le pratiche di azione digitale in stile hacker spesso collegate a campagne internazionali su temi di grande attualità come «black-lives-matter» e «revenge-porn».

Inoltre, si sono quadruplicate le truffe tramite tecniche di phishing e social engineering (+307% rispetto al primo trimestre, oltre il 37% dei casi), che ingannano l’utente facendo leva su messaggi «esca» via e-mail o su tecniche subdole tramite social network per carpire dati finanziari, ossia il numero di conto corrente o della carta di credito, oppure rubare i codici di accesso ai servizi a cui la persona è abbonata. Anche nel secondo trimestre resta ancora sconosciuta la modalità di attacco informatico in oltre il 30% dei casi (53 attacchi in più nel secondo trimestre), evidenziando la necessità di elaborare adeguati sistemi di protezione. Il 17% degli attacchi, invece, è avvenuto tramite malware, ossia software o programmi informatici malevoli, che hanno sfruttato il Coronavirus per attirare l’attenzione degli utenti.

I settori più colpiti. Nel secondo trimestre dell’anno il 26% delle campagne criminali sono state indirizzate verso settori non classificabili mentre il 18% ha riguardato settori multipli; a seguire, tra gli ambiti individuati che hanno ricevuto più attacchi, quello della Pubblica amministrazione e del Cloud (circa il 10% ciascuno sul totale), le cui piattaforme, anche dopo il lockdown, continuano a risentire dello stress per il lavoro da remoto.

I settori Finance ed Education rimangono ancora nella lista degli ambiti più vulnerabili, in particolare a giugno università e scuole impegnate con gli esami da remoto.

Il decalogo per combattere i cybercriminali. Gli attacchi informatici, sempre più sofisticati, sono in continua evoluzione. Per combatterli, oltre alle soluzioni tecnologiche più avanzate, risulta fondamentale seguire alcuni semplici accorgimenti per proteggere i propri dati in modo efficace.

Gli esperti di Cisco hanno, quindi, stilato una sorta di decalogo che riporta alcuni consigli su buone prassi da tenere a mente e mettere in pratica con attenzione.

È quindi importante, innanzitutto, utilizzare dispositivi sempre aggiornati, infatti ad ogni aggiornamento dei sistemi la software house risolve i bug presenti nella versione precedente e, aggiornando il sistema operativo, il dispositivo che si utilizza è protetto dai più recenti virus informatici e malware.

Il decalogo di Cisco punta l’attenzione anche sulle connessioni VPN: è buona norma collegarsi sempre ad una «virtual private network» se si debba scrivere o rispondere ad una e-mail dal proprio dispositivo utilizzando una rete esterna a quella aziendale.

Gli esperti ricordano anche che il backup costituisce parte integrante della sicurezza, quindi bisogna assicurarsi che i dati che serviranno per lavorare da remoto siano archiviati sulla rete aziendale.

I liberi professionisti dovrebbero, invece, effettuare un backup completo sia su un hard disk esterno sia su uno dei più comuni sistemi di backup su cloud.

Attenzione anche alle reti Wi-Fi pubbliche, certamente comode ma anche pericolose in quanto il rischio è che alla rete si connetta un hacker o un dispositivo già infetto in grado di raggiungere il proprio computer.

Particolare attenzione va naturalmente prestata alle comunicazioni ricevute, le campagne di attacco sono in continua evoluzione e il social engineering è uno strumento spesso utilizzato per indurre le potenziali vittime a cliccare su un nuovo link o ad aprire un allegato apparentemente innocuo. E ancora, gli esperti di Cisco ricordano che le policy delle aziende precisano che tutte le comunicazioni di lavoro devono avvenire tramite gli account aziendali e sono davvero tanti i casi in cui le persone hanno causato danni all’azienda per cui lavorano soltanto perché hanno usato l’account email privato per comunicare.

Tradizionale raccomandazione riguarda i dati sensibili, bisogna fare molta attenzione ai messaggi che chiedono informazioni quali dati bancari e password di accesso, è necessario controllare sempre il mittente e il dominio dell’email che è stata ricevuta.

Inoltre, è meglio utilizzare, ove possibile, un’autenticazione a più fattori, in grado di bloccare l’accesso in caso una password venga compromessa da un attacco di phishing o quando un malintenzionato tenta di accedere a un sistema non consentito.

Nel mirino anche i router domestici

A settembre del 2019 gli attacchi per compromettere i log in dei router sono stati 23 milioni, a dicembre sono diventati 249 milioni, a marzo di quest’anno si sono attestati sui 194 milioni.
I cyber criminali stanno compromettendo il funzionamento anche dei router domestici per compiere altri attacchi. Il dato emerge dall’ultimo report Trend Micro dal titolo «Worm War: The Botnet Battle for IoT Territory».

In base alle evidenze che scaturiscono dalla lettura del report vi è anche un altro indicatore che riguarda i dispositivi che tentano di aprire sessioni con altri dispositivi collegati tramite Internet of Things.

Il protocollo di rete è utilizzato, infatti, per fornire all’utente sessioni di login remote ma non è protetto da crittografia, è quindi preferito dagli aggressori come mezzo per sondare le credenziali dell’utente. Si consideri che, secondo i dati aggiornati a metà marzo 2020, 16.000 device hanno tentato di aprire sessioni con altri dispositivi IoT in una sola settimana. Il trend è preoccupante in quanto i criminali informatici sono in competizione per compromettere il maggior numero possibile di router, in modo da poterli utilizzare per compiere attacchi o per coprire frodi e furti di dati. In particolare, i cybercriminali disinstallano ogni malware che trovano sul router per avere il completo controllo sul dispositivo, la conseguenza maggiore per l’utente, oltre a un calo di prestazioni, è che se il router continua a essere utilizzato per attacchi l’indirizzo IP può essere «bannato» da internet per sospetta attività criminale.

© Riproduzione riservata

Fonte: