IERI UDIENZA PER L’ IMPUGNATIVA CONTRO L’ASSEMBLEA DI GIUGNO PER L’AUMENTO DA 500 MLN

di Anna Messia

I soci dissidenti di Cattolica puntano sull’articolo 2527 del codice civile (che vieta l’ingresso come soci dei concorrenti di cooperative) nel tentativo di bloccare l’ingresso di Generali nel capitale della compagnia veronese. Ma dalla compagnia guidata da Carlo Ferraresi controbattono punto su punto a tali osservazioni e parlano di «richieste prive di ogni fondamento». Ieri davanti al Tribunale di Venezia l’argomento in discussione era in particolare l’assemblea straordinaria di Cattolica che lo scorso 27 giugno ha votato la delega per l’aumento di capitale di 500 milioni. Un intervento che, come noto, è stato richiesto da Ivass, l’autorità di controllo del settore, per risollevare il Solvency II della compagnia di Verona, colpito da Covid e mercati. Di quei 500 milioni Generali si è impegnata a sottoscriverne 350, diventando così azionista di Cattolica con una quota del 24,4% del capitale. Tale votazione, secondo i soci dissidenti, è da ritenersi nulla considerando che sono stati tenuti all’oscuro del fatto che l’aumento fosse destinato principalmente a un operatore esterno della cooperativa non socio, Generali appunto. Sulla questione dovrà appunto pronunciarsi il Tribunale di Venezia; la pubblicazione delle sentenza è attesa per i prossimi giorni.

Ieri durante l’udienza i legali delle parti hanno presentato intanto le memorie davanti al giudice Lina Tosi. I soci dissidenti, rappresentati da Casa Cattolica, hanno chiamato in causa appunto il Codice Civile per motivare le loro ragioni alla base della richiesta di sospensiva. I legali Ilario Giangrossi, Francesco Mercurio, Giuseppe Colombo e Domenico Menorello, pronti anche a promuovere impugnazione della assemblea straordinaria del 31 luglio che ha trasformato Cattolica in società per azioni, hanno parlato di gravi violazioni procedurali per il voto di fine giugno e hanno evidenziato che la società di Verona e Generali sono ad oggi entrambi compagnie assicurative in regime di concorrenza. Quindi la sottoscrizione dell’aumento di capitale da parte di Generali entro il 31 marzo prossimo (come previsto dagli accordi) violerebbe l’articolo 2527 del codice civile ed è da ritenersi nulla. Ma dalla controparte fanno notare che questo rilievo non è attinente al ricorso al Tribunale di Venezia e in ogni caso il nuovo statuto consente di dare seguito alla partnership con Generali, mentre la delega all’aumento è stata esercitata anche in virtù dell’autorizzazione Ivass che è arrivata nel frattempo. «La società si è costituita con i propri legali, i professori Mario Cera, Matteo Rescigno e Matteo De Poli, con un’ampia memoria che ha contestato ogni punto del ricorso dei soci impugnanti nonché le loro richieste, ritenute prive di ogni fondamento», hanno chiarito da Verona, sottolineando che il ricordo è arrivato da appena «34 soci, pari allo 0,18% del totale dei soci e che hanno dichiarato un possesso azioni pari allo 0,03%». Da Casa Cattolica controbattono di avere alle spalle deleghe ben più ampie e di essere «pronti a raccogliere 430 firme necessarie per chiedere la convocazione di un’assemblea straordinaria per un’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori». La vicenda è insomma destinata a proseguire e in ballo c’è anche l’indagine della Procura di Verona che nei giorni scorsi ha notificato 11 informative di garanzia coinvolgendo anche esponenti di Cattolica (tra cui Ferraresi e il presidente Paolo Bedoni) con l’ipotesi di reato di «illecita influenza assembleare». La compagnia anche in questo caso ha ribadito la piena regolarità delle operazioni.

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