La discesa per la prima volta del rendimento dei Btp sotto l’1% e il bisogno di sicurezza degli investitori in questa fase critica dell’economia hanno rilanciato le gestioni separate. Che vantano rendimenti netti attorno al 2% e garantiscono il capitale
di Paola Valentini

Con il rendimento dei Btp a dieci anni sceso al minimo storico sotto l’1% il momento è propizio per le polizze Vita di ramo I, prodotti che hanno attivi in gestione di 526 miliardi di euro (su uno stock totale delle attività finanziarie delle famiglie italiane di oltre 4.200 miliardi) e che sono da sempre considerati un’alternativa ai titoli di Stato. La loro caratteristica di garantire il capitale li rende strumenti che rispondono al bisogno di sicurezza degli investitori in una fase di incertezza sui mercati, per i timori sempre più diffusi sulla crescita mondiale (come indica l’inversione della curva dei rendimenti dei titoli di Stato Usa), e per le incognite geopolitiche (a partire dalla Brexit e dalla guerra dei dazi Usa-Cina). Di conseguenza queste polizze stanno facendo il pieno della raccolta. A spingerle sono soprattutto gli sportelli bancari e postali che le propongono come soluzione per impiegare l’ingente liquidità parcheggiata, per prudenza, dai risparmiatori nei conti correnti dopo il terribile 2018, quando praticamente tutte le asset class sono finite in rosso. Invece lo scorso anno le gestioni separate hanno reso il 3,03% medio lordo (circa il 76% delle gestioni separate, in termini di patrimonio, ha ottenuto un rendimento compreso tra il 2,5 e il 3,5%) dal 3,13% del 2017.
Nell’ultimo quinquennio, il rendimento medio annuo lordo delle gestioni separate è stato pari al 3,3% a fronte dello 0,5% dell’inflazione. La stabilità di risultati negli anni è possibile grazie alla loro peculiarietà di contabilizzare gli investimenti a costo storico, ovvero al valore di acquisto e non di mercato, restando quindi immuni dalla volatilità dei listini finanziari. Una volta assegnate alla gestione, le attività possono uscirne solo per realizzo. Il rendimento della gestione separata è determinato come il rapporto tra la somma di cedole, dividendi e realizzi di plus o minusvalenze rispetto alla giacenza media delle attività nel periodo di osservazione, che è generalmente annuale. Ed è attribuito ai sottoscrittori al netto di una misura fissa (o in una determinata percentuale) per scontare le commissioni, ferme restando le eventuali garanzie di capitale o rendimento minimo previste dal contratto assicurativo (queste ultime però sono sempre più rare). Ma, a differenza dei fondi, i rendimenti delle polizze di ramo I sono resi noti una volta l’anno, alla chiusura del bilancio (peraltro da quest’anno non c’è più nemmeno l’obbligo di pubblicazione sui giornali). Alcune compagnie che inseriscono nei propri siti online i rendimenti mensili, e, in base a una prima ricognizione effettuata da MF-Milano Finanza su queste linee, il risultato medio è rimasto stabile attorno al 3% (dati riferiti ai risultati a 12 mesi al 30 giugno scorso). Dall’analisi di questo campione emerge che le gestioni separate hanno retto bene al calo dei rendimenti che il mondo delle obbligazioni sta sperimentando da diversi mesi (e che si è accentuato in questi ultimi tempi perché gli investitori per timore si tengono lontani dall’azionario).

Non a caso, quindi, se i fondi comuni quest’anno sono in netto rallentamento con deflussi per -3,73 miliardi nei primi sei mesi, al contrario, in base agli ultimi dati Ania sulla nuova produzione individuale raccolta in Italia, nel semestre le ramo I hanno registrato premi per 31,8 miliardi, il 73,1% del totale del mercato Vita (43,5 miliardi). Si tratta di un importo in aumento del 16,8% rispetto allo stesso periodo del 2018. E nel solo mese di giugno i premi si sono attestati a 4,5 miliardi, +14,9% su giugno 2018, con un peso del 69,8% sui premi complessivi del Vita (6,5 miliardi). L’andamento di queste polizze legate alle gestioni separate è in controtendenza rispetto al ramo III, relativo alle polizze unit linked, che ha avuto nei sei mesi un calo del 27,5% della produzione (10,9 miliardi) di cui 1,86 miliardi a giugno (-34,2%). Una contrazione, che l’associazione delle compagnie assicurative guidata da Maria Bianca Farina definisce marcata, per via dell’effetto di trascinamento dovuto all’andamento negativo dei mercati nel 2018 che ancora resta impresso nella memoria dei risparmiatori e che ha colpito le unit linked perché queste polizze hanno come sottostanti i fondi o le sicav le quali sono direttamente influenzate dalla dinamica di azioni e bond, al contrario delle gestioni separate. Inoltre dai dati Ania emerge che le ramo III si vendono soprattutto all’interno di polizze multi-ramo, ovvero quelle che combinano in proporzioni variabili una componente di ramo I e una di ramo III: il 60% della raccolta delle unit linked nei sei mesi è stata prodotta da queste ultime. Mentre le gestioni separate di ramo I sono collocate di più autonomamente (il 36% dei loro premi è andato in forme multi-ramo) perché sono più difensive (hanno il capitale garantito e ogni anno le performance sono consolidate per cui i rendimenti cumulati non possono che salire) e quindi sono apprezzate di più dai risparmiatori in questa fase in cui l’esigenza di protezione è in primo piano.
Le prospettive restano positive. L’Ania prevede, infatti, un consolidamento nella crescita dei premi relativi alle polizze di ramo I che si incrementerebbero del 12,5% (per un volume di quasi 75 miliardi) dopo la più contenuta crescita del 2018 (+5,4%). Nel frattempo, ci sarà «un’ulteriore e marcata battuta d’arresto nella commercializzazione delle polizze a prevalente contenuto finanziario, ramo III unit linked, che calerebbero del 20% e il cui volume premi scenderebbe a meno di 24 miliardi, era quasi 30 miliardi nel 2018. L’incertezza sugli andamenti nei mercati azionari spingerebbe la domanda degli assicurati verso prodotti con maggiore garanzia nei rendimenti», afferma l’Ania. Bisogna però fare attenzione perché alcune linee di gestioni separate sono legate a prodotti non più in commercio (si veda l’intervista in pagina).
Ma non mancano altre sfide. Il problema è che titoli di Stato e obbligazioni corporate, che occupano ancora una gran parte del portafoglio delle ramo I (oltre l’82%, di cui il 43% in Btp) permettendo di garantire risultati il più possibile costanti, sono sempre più avari, anche in Italia. Nell’asta del 29 agosto il Btp al 2029 è stato aggiudicato per la prima volta nella storia a un tasso inferiore all’1%, lo 0,96%, in linea con l’andamento del decennale sul mercato che, con l’accordo sul governo Conte-bis, ha registrato un forte calo dei rendimenti (il 9 agosto, all’inizio della crisi, erano all’1,83%). Per i gestori assicurativi la sfida è quindi quella di diversificare l’asset allocation. Ad esempio la gestione separata C. Vitanuova di Amissima Vita (gruppo Apollo) ha già raggiunto una esposizione contenuta ai titoli di Stato italiani, che è di poco superiore al 10%. C. Vitanuova si distingue dalle altre gestioni sul mercato perché ha rendimenti certificati ogni mese (mentre di solito la cadenza è annuale), basati ognuno su osservazioni nei 12 mesi precedenti: in particolare il rendimento relativo a ciascun anno che si chiude in certo mese viene applicato alle ricorrenze annue che avvengono nel quarto mese successivo. Ad esempio, il 2,84% presente nella tabella in pagina è il rendimento relativo a tutti i contratti che hanno ricorrenza annua ad agosto o che vengono liquidati per morte o riscatto in questo mese ed è relativo all’anno di gestione che va dal primo maggio 2018 al 30 aprile 2019.
«Le gestioni separate di Amissima Vita investono prevalentemente in titoli di Stato dell’area euro, principalmente emessi da paesi con alto rating e con durate residue coerenti con gli impegni verso gli assicurati. Questa parte garantisce la liquidità del portafoglio anche in situazioni di stress, quali ad esempio un incremento inatteso dei riscatti. Inoltre, poiché i rendimenti sono calcolati sul costo storico d’acquisto, questo paniere di titoli continua a garantire rendimenti superiori a quelli attualmente riscontrabili sui mercati. Una quota del portafoglio è investita in obbligazioni e prestiti emessi da società finanziarie e industriali, con sede o mercato di riferimento in Paesi dell’area euro o dell’Ocse, e in debito privato. Per quest’ultima tipologia di investimenti, Amissima Vita si avvale dell’esperienza di investimento del gruppo Apollo, con l’obiettivo di riconoscere alla clientela un extra rendimento rispetto ad un paniere composto esclusivamente da titoli di Stato, e allo stesso tempo di diversificare e ridurre il rischio di mercato».
Un’altra strada è quella di puntare su una strategia il più possibile flessibile. E qui un sostegno è arrivato dalle nuove norme dell’Ivass. Che dal 2018, proprio per andare incontro alle esigenze di stabilizzare i risultati, ha modificato la modalità di calcolo del rendimento della gestione separata: se prima le imprese assicuratrici avevano l’obbligo di trasferire ai clienti tutti gli utili (o le perdite) realizzati sulla gestione separata nell’anno di competenza (per esempio, in caso di vendita di un titolo che realizzava una plusvalenza), con le nuove regole le plusvalenze realizzate si potranno accantonare in un fondo utili con la possibilità di liquidarle entro un limite di otto anni. La novità sarà valida solo per i nuovi contratti. Inoltre le ramo I garantiscono il capitale anche se il calo dei tassi ha fatto sì che il rendimento minimo garantito, una volta una specificità di queste polizze, è praticamente scomparso. Restano comunque i benefici fiscali dati dall’esenzione della tassa di successione delle prestazioni erogate (tipici del comparto Vita) oltre alla non applicazione dell’imposta di bollo dello 0,2% annuo (che grava invece su tutti gli altri strumenti finanziari a eccezione dei fondi pensione). Un altro aspetto a cui fare attenzione riguarda i costi. Accanto ai caricamenti iniziali (oltre agli eventuali paletti per disincentivare chi disinveste nei primi anni), le gestioni separate prevedono commissioni di gestione che vengono trattenute dal rendimento realizzato e che si collocano attorno all’1% in media. I costi da sempre sono una nota dolente dei contratti assicurativi spesso giudicati opachi su tal fronte. Per anni note voluminose e informazioni troppo tecniche hanno reso questi strumenti poco chiari agli occhi dei sottoscrittori. Ma dal 2018 sono partite le grandi manovre per dare più trasparenza e mettere ordine nei documenti informativi. Le nuove norme europee e quelle italiane puntano a creare una nuova relazione di fiducia con i risparmiatori. Grazie ai nuovi documenti informativi numerosi dati diventano evidenti. A partire dagli scenari di performance contenuti nei Kid (Key Information Document), in vigore dal 2018, che riportano una stima (al netto dei costi) di quanto il sottoscrittore può ottenere dopo un certo numero di anni dalla polizza, sulla base della somma investita e di diverse ipotesi di mercato. I Kid presentano anche i costi (sia in euro sia in termini di impatto percentuale sul rendimento atteso) in caso di disinvestimento in vari orizzonti temporali. Intanto hanno debuttato quest’anno i Documenti Informativi Precontrattuali (Dip) che rappresentano una semplificazione rispetto alla nota informativa del passato. Sono state uniformate le informazioni (anche sui costi) sui vari di prodotti di investimento, come le polizze rivalutabili di ramo I, le polizze di capitalizzazione di ramo V e le unit linked di ramo III, che prima seguivano regole o Ivass o Consob o Covip. (riproduzione riservata)

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