Pagine a cura di Federico Unnia

Polizze sanitarie, tutto ancora in alto mare. Sul delicato tema della copertura assicurativa per le strutture pubbliche e private e per il personale che vi opera, previste dalla legge Gelli Bianco (legge n. 24/2017) mancano infatti ancora indicazioni certe sulle tabelle per i risarcimenti. Con il risultato che si stanno creando situazioni differenti tra giudicati presi al Nord e quelli al sud, con il confronto tra le tabelle adottate dal tribunale di Milano e quelle di Roma. Il tutto mentre aleggia l’ipotesi di un arbitrato della salute per i casi di colpa medica, e con esso un algoritmo che permetta di condividere le informazioni sui singoli medici. «La legge Gelli-Bianco ha istituzionalizzato il cd. doppio binario per la responsabilità in ambito sanitario: contrattuale, a carico delle strutture sanitarie (pubbliche e private) e dei medici libero professionisti; extracontrattuale, per l’esercente la professione sanitaria che svolge la propria attività nell’ambito di una struttura sanitaria pubblica o privata o in rapporto convenzionale con il servizio sanitario nazionale. Riscontriamo che spesso gli strumenti deflativi del contenzioso quali la mediazione non portano ai risultati sperati», spiega Federica Bargetto, partner di Roedl & Partner. «Ciò è probabilmente dovuto anche alla complessità delle questioni medico-legali sottese all’accertamento della responsabilità. La maggior parte dei casi finisce quindi per approdare alle aule di giustizia». «Auspichiamo che i decreti attuativi vengano emanati al più presto e che siano idonei a uniformare le posizioni della giurisprudenza che attualmente, per alcune questioni, sono ancora contrastanti. Ad esempio, è dibattuto se in sede di Atp (accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c.) sia possibile l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore, prevista dalla legge Gelli-Bianco, ma per la quale ad oggi manca ancora il relativo decreto ministeriale attuativo».

«Ad oggi, la gestione della rc sanitaria da parte delle strutture può avvenire in autoritenzione del rischio o stipulando apposita polizza assicurativa», spiega Stefano Rossi, partner di Grimaldi Studio Legale. «La novità della Legge Gelli che preoccupa le assicurazioni è quella dell’azione diretta del danneggiato nei loro confronti. C’è la probabilità che l’ente resti contumace, per cui, dato che i tempi per la costituzione spesso non consentono neanche di completare l’istruttoria interna, la compagnia si troverebbe a dover gestire la controversia senza disporre delle informazioni necessarie per approntare al meglio la propria difesa. La Gelli fa riferimento unicamente agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private in materia di lesioni micropermanenti. Si ravvisa la necessità della redazione di una tabella unica nazionale, che superi l’impasse creatasi nei tribunali italiani data dall’applicazione, in alcuni casi, delle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano (per la Cassazione a «vocazione nazionale») e, in altri, delle Tabelle di Roma».
Secondo Simona Cardillo senior associate di Lexant «la legge Gelli, ha confermato la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria e quella extracontrattuale della responsabilità dell’operatore sanitario e ha posto un obbligo assicurativo a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, prevenendo però che questo possa essere sostituito dall’adozione di «altre analoghe misure», quali la creazione di fondi destinati ed altri sistemi di autoritenzione del rischio assicurativo o di autoassicurazione. La criticità è data dal fatto che tali «altre misure», non eliminano il rischio di insolvenza del debitore, rischio che solo il contratto di assicurazione è in grado di dissipare».
Tra le voci che sono circolate nelle ultime settimana anche la previsione di un arbitrato della salute per colpa medica. «Si parla di 300 mila cause pendenti contro i medici in tutta Italia: l’esigenza di un intervento che disincentivasse e liti pretestuose non era più rinviabile. L’Arbitrato della salute mira alla soluzione bonaria delle controversie in materia di responsabilità medica, attraverso l’istituzione di un organismo di diritto pubblico che possa offrire le migliori professionalità del mondo giudiziario, legale, medico-legale, assicurativo e psicologico, al fine di una soluzione conciliativa davvero condivisa. Sarà un efficace strumento per ristabilire un equilibrio nel rapporto tra medici e pazienti. Sulla carta sembra effettivamente una soluzione virtuosa, ma l’effettivo impatto, in termini di disincentivo al contenzioso evitabile e di miglioramento del rapporto cittadini – sanità, potrà essere valutato solo nel medio lungo periodo» aggiunge Cardillo.
Secondo Sara Biglieri, partner e Andrea Pupeschi, senior counsel di Dentons «la Gelli è ancora un cantiere in movimento. Ha migliorato l’interpretazione e l’applicazione della disciplina sulla responsabilità sanitaria. Si leggano le nuove norme che differenziano in modo chiaro la responsabilità di natura contrattuale della struttura sanitaria da quella extracontrattuale del medico, con le relative conseguenze. Passi avanti sono stati fatti anche rispetto ad altri temi centrali, come il risk management e gli obblighi assicurativi, quantomeno a livello di principi generali. Ci sono ancora lacune da colmare, ma il giudizio complessivo sull’ultima riforma è positivo. Tra le criticità più frequenti segnaliamo la difficoltà di differenziare e applicare correttamente i criteri della negligenza, imprudenza e imperizia, e dunque di delimitare le responsabilità di volta in volta configurabili, anche penali, e le relative esimenti; l’incertezza nella tipizzazione delle buone prassi mediche idonee a limitare la responsabilità dei sanitari, che purtroppo non è venuta meno a seguito del sistema nazionale delle linee guida».
«L’art. 7 della legge Gelli statuisce che il danno che deriva dall’attività di una struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e di un esercente la professione sanitaria debba essere risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private e, ove necessario, integrato con le procedure previste dal predetto codice per tenere conto delle fattispecie non previste dalle tabelle stesse», sottolinea Laura Cavarretta senior associate di Pavia e Ansaldo. «Gli articoli 138 e 139 si occupano, rispettivamente, di lesioni di non lieve entità e di lesioni di lieve entità. Esistono già dei parametri applicabili per il risarcimento delle lesioni di lieve entità, mentre non esistono ancora parametri applicabili per il risarcimento delle lesioni di non lieve entità, dal momento che l’articolo 138 rinvia ad una tabella unica nazionale che non è ancora stata emanata. Per quanto riguarda, quindi, la quantificazione dei danni di non lieve entità sono ancora adottati i criteri tabellari ordinari per la liquidazione del danno alla salute, come le tabelle del tribunale di Milano o di altri tribunali». «L’uso dello strumento dell’arbitrato con tali finalità potrebbe ridurre i contenziosi civili in tale materia e consentire una definizione bonaria delle contestazioni in tempi rapidi. Ormai da anni è obbligatorio il procedimento di mediazione prima dell’instaurazione delle cause civili in materia di responsabilità medica. Le procedure di mediazione hanno però ridotto i contenziosi soltanto marginalmente, per l’assenza nella maggior parte dei casi di professionisti medico legali coinvolti a supporto della procedura di mediatore» conclude.
Secondo Ugo Ruffolo, decano in materia di responsabilità medica e sanitaria, «le azioni di responsabilità medica, un tempo rare e oggi quasi eccessive, sono passate dalla responsabilizzazione, soprattutto penale, del medico a quella, soprattutto risarcitoria, della struttura sanitaria. La legge Gelli potenzia quest’ultima, assicura parziali immunità ai medici «strutturati» e incrementa gli obblighi assicurativi. Nel passaggio dal vecchio al nuovo regime, la questione più importante è la «retroattività» o meno della legge Gelli: molti giudici la applicano solo ai casi di malasanità sopravvenuti; per quelli anteriori resta così molto più pesante il regime di responsabilità dei medici «strutturati» interni all’ente, sia verso i pazienti che a fronte delle azioni di rivalsa della struttura».
«Per chi, come noi, si occupa di responsabilità professionale dalla parte delle strutture e dei professionisti», spiega Silvia Pari dello studio Stefanelli&Stefanelli, «una delle maggiori difficoltà pratiche rimane quella di costruire una difesa efficace nel rispetto dei tempi molto scanditi che sono propri del giudizio di accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi (previsto dalla legge n. 24/2017 come condizioni di procedibilità della domanda risarcitoria, in alternativa alla mediazione). Si tratta, infatti, di uno strumento estremamente elastico e dinamico, molto fruibile per chi «attacca» ma assai concentrato nei tempi per chi, come la struttura/il professionista è, invece, chiamato a difendersi».
Secondo David Marino partner di Dla Piper, «la problematica principale rimane quella dei tempi di definizione del processi e uniformità delle decisioni. Le nuove norme introdotte (obbligo della consulenza tecnica preventiva quale condizione di procedibilità) vanno nella direzione giusta. Anzi, questo obbligo potrebbe essere riproposto anche in altri ambiti diversi da quelli della responsabilità medica per contenere i tempi di definizione di quelle liti caratterizzate da profili di particolare complessità tecnica in cui, alla fine il ruolo del consulente nominato dal Tribunale è cruciale». «Lo strumento della consulenza tecnica preventiva introdotto dalla legge Gelli va nella direzione giusta», aggiunge Marino, «soprattutto se il consulente nominato dal tribunale è dotato di sufficiente autorevolezza. Prima di proporre altri strumenti alternativi di risoluzione delle controversie occorrerebbe analizzare i risultati ottenuti appunto con l’introduzione dell’obbligo di consulenza tecnica preventiva. Sulla base della legge Gelli, il danno da errore sanitario di lieve entità è quantificato secondo la tabella di liquidazione del danno biologico previsto dagli artt. 138 e 139 del Codice delle assicurazioni private. Per i danni di non lieve entità continuano ad applicarsi le tabelle di liquidazione elaborate dal Tribunale di Milano, in attesa di una tabella di fonte legislativa».
Assai critico, Nicola Todeschini, fondatore dell’omonimo studio secondo il quale «è rappresentato oggi dall’imperfetta riforma Gelli Bianco del 2017 (alla quale ho dedicato un nuovo volume appena edito per Utet) che ha tentato di riformare il settore producendo però un testo per molti versi amatoriale e a tratti meramente suggestivo, se non addirittura ambiguo e contraddittorio. Accanto alla lotta alla responsabilità contrattuale, incompiuta anch’essa, le regole in materia di responsabilità penale, lungi dall’essere salvifiche per i timori dei sanitari, come invece loro promesso, sono state redatte in modo così imperito da aver causato in pochi mesi il necessario intervento delle sezioni unite, davvero un ottimo risultato. Ambigua anche la previsione di termini entro i quali concludere l’iter dell’accertamento tecnico preventivo, paventati con imprudente formulazione e fonte di contrasti e prassi inutilmente defatigatorie. L’impressione che il legislatore scriva senza aver mai messo piede in Tribunale si fa strada sempre più convinta. La generalizzata cattiva digestione dell’accertamento tecnico preventivo quale momento per la conciliazione ha di fatto allungato i tempi di gestione delle controversie, che a certe latitudini non si definiscono quasi mai in via transattiva. La verità è che a chi deve pagare la soluzione transattiva rapida… non piace. Le regioni in autoassicurazione non sono in grado di garantire tempi compatibili con quelli accettabili con l’effetto che la soluzione stragiudiziale diviene impossibile; gestiscono inoltre il contenzioso con l’autoritarismo tipico della p.a. che crede di poter imporre i propri accertamenti senza consentire alcuna discussione, che così si sposta davanti al giudice».
Infine, secondo Luca Masotti, partner di Mbc Lex «L’arbitrato è, in generale, un ottimo strumento. Trovo però che tale strumento sia non idoneo nel campo medico. Mentre, infatti, nell’ambito societario l’arbitrato ben si adatta per velocità e oggetto degli interessi meramente patrimoniali, quanto alla responsabilità medica, che coinvolge la salute e vede come parti privati cittadini, ritengo sia più corretto e soprattutto più accettabile per la collettività che la tutela di questi diritti sia ancora affidata allo Stato nel senso lato. Le sentenze di merito sono ancora allo stadio di provvedimenti cautelari. Sicuramente sarà interessante vedere come si comporteranno le compagnie di assicurazione su cui, come per la responsabilità stradale, è spostato il focus, ma su questo punto mancano ancora la parte sui decreti attuativi circa l’azione diretta».
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